Torniamo a parlare degli eventi importanti legati al mondo del digitale con l’intervista a Eleonora Rocca, founder del Mashable Social Media Day Italy che si è tenuto dal 18 al 20 ottobre presso l'Open Space dello IULM di Milano. Questa edizione è andata talmente bene che tutto il team, già al lavoro per la prossima, ha deciso di portare cambiamenti importanti come, è annuncio di questi giorni, il cambio del logo e del nome: Digital Innovation Days Italy.
Eleonora perché questo cambiamento?
Una scelta necessaria, dettata dall’evoluzione che il nostro appuntamento ha avuto nel corso di questi cinque anni. Eravamo partiti come momento di incontro e confronto sulle tematiche legate al mondo Social, ma poi abbiamo dovuto naturalmente ampliare i temi da trattare, rivolgendo la nostra attenzione su tutti gli ambiti sui quali ha effetto l’innovazione digitale. Quest’anno, infatti, abbiamo parlato anche di blockchain, criptovalute, influencer marketing e realtà virtuale.
Ecco perché la prima novità in vista dell’edizione 2019 è proprio il rebranding. Siamo cresciuti, il team che ho scelto è sempre più affiatato e professionale: a questo punto è giusto camminare da soli attraverso un percorso che ci identifica totalmente e che non ci lega a nessun altro, se non alla nostra community di oltre 20mila persone che abbiamo costruito in questi anni, alle nostre idee e alla voglia di fare e diffondere la Rivoluzione Digitale in Italia.
Torniamo a questa edizione dove si è parlato molto degli impatti che il digitale ha sul giornalismo: come vedi l’ingresso di quest’ultimo nella brand communication? Pensi che l'adozione delle tecniche giornalistiche possa essere un valore aggiunto per il digital marketing?
Sì, tenevo molto a coinvolgere tutti gli aspetti della comunicazione e non solo del marketing. Anche il giornalismo si sta evolvendo proprio grazie ai social, ai magazine on line, ai blog e a tutto quello che costituisce la comunicazione a mezzo web. Tale comunicazione ha dinamiche che, sebbene strettamente connesse, risultano essere molto diverse dal giornalismo tradizionale. Ritengo che l’informazione sia diventata molto più vicina alle persone, che l’approccio human to human, non sia più ad esclusivo appannaggio delle aziende e dei brand, ma anche delle testate giornalistiche.
Se questo sta avvenendo è proprio grazie agli strumenti di digital marketing e ai social media. Viceversa, come appunto mi chiedi tu, anche il digital marketing, per essere efficace, ha bisogno di bravi comunicatori, di un’informazione veicolata in modo semplice ma efficace: è così, dunque, che i due mondi si incontrano, e lavorano ancora di più a stretto contatto.
Quali sono state le altre novità di questa edizione?
Il programma è stato molto più ricco rispetto agli anni precedenti: i partecipanti hanno avuto tre sale in contemporanea, quindi un numero più alto di relatori, maggiore varietà delle tematiche trattate, momenti di networking e workshop. Inoltre, ai talk frontali si sono alternate interviste “one to one” sul palco, nelle quali si sono mostrati nel dettaglio gli elementi chiave che hanno determinato il successo di personalità singolari come Tess Masazza e Filippa Lagerback che rappresentano, entrambe, casi estremamente interessanti di legame tra digitale, cinema e TV.
L’obiettivo era quello di creare occasioni di confronto ancora più dinamiche e aprire discussioni stimolanti per il pubblico. È aumentato anche il numero di relatori internazionali, provenienti dalla Silicon Valley, da New York, Los Angeles, Berlino, Londra e Parigi, e che si sono aggiunti a quegli italiani che, proprio come me, sono riusciti a sviluppare brillanti carriere in altri paesi del mondo, lavorando con mercati molto più dinamici rispetto a quello italiano.
Costoro hanno contaminato positivamente l’audience, che si aspettava di uscire dalla nostra “tre giorni” con una maggiore conoscenza sui temi dell’innovazione e del marketing digitale, e con una maggiore apertura al “future”. Un’ulteriore novità è stata l’introduzione di due tavole rotonde con professionisti molto preparati su alcuni tra gli argomenti più caldi del momento: il futuro dell’influencer marketing e le potenzialità della blockchain.
Infine, abbiamo aumentato il numero di workshop, perché gli anni scorsi avevamo notato tra i partecipanti un grande interesse nel poter lavorare a stretto contatto con i propri docenti. Così, con un approccio più pratico, sono stati approfonditi temi come il Personal Branding in ambito business, il “tecno-giornalismo” e il “Mobile Journalism”. Abbiamo mostrato come creare un’app e, soprattutto, come lanciarla sul mercato con successo, passando per Google Tag Manager, Google Analytics e Machine Learning fino ad arrivare a metodologie innovative di approccio al business come Lego Serious Play .
La figura dell'influencer sta diventando sempre più una professione: ritieni che per avere, e mantenere la propria credibilità, chi vuole vivere di questo lavoro debba darsi delle regole? E se sì, quali?
L’influencer a mio avviso deve essere credibile, etico e responsabile. Le persone che ”seguono” sono, in fin dei conti, persone che si fidano, e per confermare la fiducia della propria audience è necessario essere sinceri, raccontare storie e supportare brand di cui davvero si condividono i valori, per i quali si nutrono stima e interesse sinceri. Credo che l’integrità sia un valore a cui nessun professionista e tanto meno qualcuno che è in grado di influenzare i comportamenti e le scelte di altre persone, dovrebbe mai e poi mai rinunciare. Su questo ho un’opinione molto ferma.
Parliamo di instant marketing: è in ascesa ed è un vero banco di prova per capacità creativa e tempestività ma bisogna stare attenti a non farsi prendere la mano....che ne pensi?
Un contenuto che diventa virale, cioè in grado di raggiungere un ampio numero di persone in pochissimo tempo, è senz’altro uno strumento molto potente. Come recitava un celebre spot pubblicitario: la potenza è nulla senza il controllo. Secondo me l’elemento chiave è generare viralità ma senza mai perdere il senso della coerenza con il proprio brand e ciò che si ha davvero intenzione di comunicare. Inoltre, da un punto di vista strategico, penso che non sia sempre necessario raggiungere un numero gigantesco di persone in generale, ma molto più efficace raggiungere il proprio target di riferimento.
Le startup continuano ad avere grandi possibilità ma è altrettanto elevato il numero di quelle che non decollano: quali sono i primi consigli di marketing che dai a chi vuole che la sua startup rispetti dei principi di scalabilità?
Se vogliamo parlare del mercato italiano, ritengo che ci siano due ordini di problemi: il primo è che non credo che la nostra cultura ci faccia crescere e ci ponga davvero nella condizione di poter essere dei bravi imprenditori. Senza generalizzare troppo, penso però, che gli italiani siano spesso molto creativi e talentuosi ma anche poco inclini al sacrificio, alla collaborazione e alla disciplina nell’execution: elementi fondamentali per la riuscita di qualunque progetto imprenditoriale.
Un’idea può essere la migliore del mondo, ma non diventerà mai una vera impresa se non viene eseguita nel modo giusto e se non si crea il team giusto. Il secondo problema è la difficoltà di reperimento del capitale che si incontra in Italia: questo è davvero un grande, gigantesco ostacolo alla crescita dell’ecosistema startup. Le startup che vogliono davvero fare il salto sono sempre più costrette ad emigrare a Londra, a Berlino o in Silicon Valley per poter aprire le porte a quegli aumenti di capitale necessari per qualunque startup che, con il giusto potenziale, voglia diventare una vera impresa.
A questo proposito, per il Digital Innovation Days Italy del 2019, abbiamo deciso di inserire il Il crowdfunding #IStandForInnovation - Sostieni l’innovazione digitale, che darà linfa al finanziamento dei progetti ideati per sviluppare e fare ancora più innovazione in Italia.
Parliamo di neuromarketing: dobbiamo avere paura di questa scienza che dal 2009 analizza le emozioni umane per orientare in modo sempre più efficace i consumi?
Assolutamente no. Da sempre i comportamenti di acquisto sono dominati e generati da stimoli emozionali che arrivano al nostro cervello tramite ciò che i messaggi pubblicitari vogliono e devono comunicarci. Le persone acquistano un brand invece di un altro proprio perché in quel brand si rispecchiano, si riconoscono, e ne condividono missione ed obiettivi. Il neuromarketing ci sta semplicemente aiutando a decodificare e a capire di più gli impatti di queste strategie. Personalmente trovo che sia tutto molto affascinante e non mi spaventa affatto. Avere una maggiore consapevolezza in qualunque ambito significa progresso e non dovrebbe mai spaventare.
In termini di cultura digitale e di innovazione come valuti il livello delle imprese italiane?
Ritengo che siano aumentati moltissimo l’interesse e l’attenzione rispetto a questi temi, e che anche il successo del mio evento ne sia la chiara dimostrazione. Tuttavia, vedo ancora molta resistenza nell’applicazione pratica di queste strategie, in quanto le imprese italiane mostrano spesso poca apertura al cambiamento e sono ancora troppo poco inclini a fare investimenti di lungo periodo, non solo in ambito marketing, ma anche da un punto di vista tecnologico. A mio avviso è necessario continuare a diffondere la cultura digitale ma essere anche più concreti sul come applicare queste strategie e renderle davvero efficaci in termini di ritorno dell’investimento sia di breve, che di lungo periodo.