Milano, 28 mag. - I manuali di gestione di portafoglio lo spiegano chiaramente: nel determinare la performance il timing è il fattore più importante. In sostanza, io posso fare le valutazioni più corrette del mondo, ma se non adotto le scelte conseguenti al momento giusto, i risultati saranno quasi certamente negativi. Facile a dirsi, e a capirsi. Difficile da realizzarsi. A giudizio di alcuni accademici il timing è un fattore così difficile da gestire, che la scelta ottimale sarebbe quella di tenere il portafoglio fermo a benchmark e rinunciare a qualsiasi allocazione successiva.
A leggere i giornali di questi giorni veniva da pensare che questo tipo di ragionamenti negli ambienti finanziari di Pechino non fossero mai stati molto approfonditi. Il Financial Times del 27 maggio riportava che la Safe, il soggetto che amministra gli oltre 2 trilioni di euro in riserve ufficiali cinesi, avrebbe deciso di ridurre l'esposizione verso i titoli di stato dell'area Euro, attualmente di poco superiore a 500 miliardi. Motivo, le preoccupazioni circa la stabilità dei conti pubblici, con particolare riferimento ai cosiddetti PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna). Come sottolineava l'FT, si sarebbe trattato di una decisione epocale, perché da diversi anni la tendenza da parte cinese era stata quella di ridurre via via il peso del dollaro a favore delle altre valute, euro in testa. Ed è evidente a tutti come alla base di questa scelta vi fosse soprattutto una motivazione di natura politica. Che si considerasse di invertire questo trend, faceva quindi ritenere che a Pechino il futuro dell'Euro venisse visto con estremo pessimismo.
Oltretutto scegliendo di fuggire dall'Unione Europea, ancora una volta il timing del Safe, così come di altri investitori istituzionali cinesi, avrebbe rischiato di rivelarsi non particolarmente indovinato. Si ricorderà, ad esempio come pochi mesi prima del fallimento di Lehman, quando comunque la situazione del sistema finanziario internazionale appariva decisamente critica, con la crisi dei mutui subprime e dei Cdo già in atto, erano state annunciate diverse importanti operazioni di investimento da parte cinese in importanti aziende e istituzioni finanziarie occidentali. Tra queste, il fondo sovrano China Investment Corporation aveva annunciato un significativo investimento nella management company di Blackstone e la China Development Bank aveva acquisito l'8% di Barclays. Operazioni che dopo pochi mesi si sono rivelate disastrose dal punto di vista finanziario e che non poca polemica hanno generato negli ambienti finanziari e istituzionali cinesi.
Pensare ora di alleggerire il peso dei titoli di stato dell'area Euro, quando i prezzi sono già scesi moltissimo e quando ormai le prime avvisaglie della crisi greca risalgono a almeno 6 mesi fa e il marcato deterioramento dei conti pubblici in Europa è oggetto di analisi da almeno un anno, avrebbe confermato una strutturale difficoltà di misurarsi con i meccanismi, i ritmi e le modalità di funzionamento dei mercati finanziari internazionali.
È vero che gestire una massa di danaro così grande è molto difficile, perché ogni decisione presa rischia di "rompere il mercato" e di renderne difficile la realizzazione stessa. Ma è anche vero che essere investitori di grandi dimensioni dà anche vantaggi significativi, perché si ha la possibilità di agire come "trend setter" e risultare come i soggetti che fanno la prima mossa. Un tipo di situazione che operatori come George Soros o Warren Buffet sanno crearsi a meraviglia.
Alla Safe, al China Investment Corporation e nelle altre grandi istituzioni, questo genere di analisi saranno sicuramente state condotte con grande rigore. E con tutta probabilità, è sulla base di considerazioni di questo tipo che alla Safe è stato deciso di venire fuori il 27 maggio con una smentita di quanto riportato dall'FT, dal tono insolitamente esplicito. E nella stessa ottica va inquadrata la dichiarazione di Gao Xiqing, presidente di China Investment Corporation, che ci ha tenuto a precisare come CIC "non ha in programma di tagliare gli investimenti nell'area dell'euro".
di Lorenzo Stanca
Lorenzo Stanca, salernitano, 47 anni, tra i founding partners di Mandarin Capital Partner, il fondo di private italo-cinese che ha cominciato ad operare a fine 2007, Lorenzo Stanca vanta una carriera venticinquennale in istituzioni fianziarie di alto profilo.Precedentemente all'esperienza di Mandarin, Stanca era stato responsabile delle Strategie Operative al Sanpaolo Imi. Al Sanpaolo era arrivato nel settembre del 2005 proveniente dal gruppo UniCredito dove era stato Capo dell'ufficio studi e poi capo dell'area mercati in UniCredit Banca Mobiliare, la banca di investimento del gruppo, di cui era stato uno dei fondatori.
E' presidente dal 2006 del Gruppo Economisti di impresa, l'associazione italiana degli economisti che lavorano in azienda sia negli uffici studi che in altre posizioni. Lorenzo Stanca è autore di numerosi paper su riviste accademiche e co-autore di libri di economia e finanza (di recente è stato tra gli autori di "Cina: la conoscenza è un fattore di successo" e "L'elefante sul trampolino" pubblicati dall'Arel), oltre a pubblicare frequentemente articoli su riviste e giornali economici.
La rubrica "La parola all'esperto" ha un aggiornamento settimanale e ospita gli interventi di professionisti ed esperti italiani e cinesi che si alternano proponendo temi di approfondimento nelle varie aree di competenza, dall'economia alla finanza, dal diritto alla politica internazionale, dalla cultura a costume&società. Lorenzo Stanca cura per AgiChina24 la rubrica di economia e finanza.
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