SCOMPARSO JOBS, LA PROSSIMA "MELA" CRESCERA' IN CINA?

Emma Lupano ha vinto il Premio "Maria Grazia Cutuli" 2011 per la sezione riservata alle tesi di dottorato.
Milano, 24 ott. - Da due settimane, a Pechino, il volto di Steve Jobs si vede in tutte le edicole. Ritratto con l'immancabile collo alto nero, lo sguardo penetrante e la mano a pizzicare il mento, campeggia sulle copertine patinate di riviste di attualità come Sanlian Shenghuo Zhoukan e Renwu Zhoukan. L'impatto visivo è forte, come forte è stata l'onda emotiva che ha colpito anche i fan cinesi di fronte a una notizia a suo modo epocale.
Scomparso Jobs, che ne sarà della Apple? Questa la domanda di fondo di tanti editoriali pubblicati dal 6 ottobre in poi. Ma non è l'unica: in molti hanno provato anche a trarre, dalla vicenda di Jobs, insegnamenti e spunti utili per il futuro della Cina.
A poche ore dalla scomparsa di Jobs, la prima reazione del Xin Shiji Zhoukan è una riflessione sul concetto di morte come «distruzione creativa», concetto usato da Steve Jobs «per spiegare come la morte è la migliore creatrice di vita, perché toglie di mezzo il vecchio per lasciare spazio al nuovo. Il concetto di distruzione creativa viene usato per descrivere il modo in cui il mercato libero genera lo sviluppo attraverso la distruzione. I prodotti Apple sono una ottima interpretazione di questo concetto».
L'8 ottobre, sul Xin Jing Bao, il commentatore Ma Guangyuan ragiona invece sul fatto che «passato Jobs, la Apple rimane la Apple», perché può contare su una cultura aziendale che mette al primo posto creatività e ricerca della perfezione. Una tendenza che, secondo Ma, è emersa chiara già dalle prime reazioni del mercato: «Il mondo si interroga sul futuro dell'impero Apple perché Steve Jobs è insostituibile. Come anima della Apple, la sua morte è una perdita inestimabile. La mancata caduta delle azioni dell'azienda, però, dimostra che la sua scomparsa non rappresenta la fine dell'impero. Il mantenimento della supremazia tecnologica mondiale della Apple dipende tanto dalla figura di Jobs quanto dalla capacità creativa dell'azienda».
E la Apple, scrive Ma, «può contare su una eredità di lungo termine lasciata da Jobs»: sulla figura del suo successore, Tim Cook, «che con Jobs condivideva la tensione verso la perfezione, l'attenzione ai dettagli e lo spirito di creazione continua»; su «un team aziendale forte e stabile»; e su «una linea di prodotti pensata negli ultimi anni con l'aiuto di Jobs per uno sviluppo di lungo termine». Ma ancora più importante, secondo l'editorialista, è che «Apple aveva già sviluppato una sua specifica cultura creativa, a cui Steve Jobs ha aggiunto la ricerca di standard sempre elevati. Questa cultura non scomparirà».
Naturalmente, conclude Ma, «Steve Jobs non potrà essere rimpiazzato: nessun successore è comparabile a lui e la Apple non potrà mai trovare un altro Jobs. Il valore dell'azienda, però, sta in qualcosa che non dipende soltanto da lui: la sua straordinaria forza competitiva».
Ancora il 6 ottobre, l'editoriale pubblicato dallo Haixia Dushi Bao, quotidiano della città di Fuzhou nel Fujian, si pone invece una domanda ambiziosa: «La prossima "mela" crescerà in Cina?». L'articolo, firmato dalla redazione, afferma che i cinesi devono prendere insegnamento dalla «leggendaria vicenda» di Steve Jobs per «promuovere la nascita del miracolo creativo cinese».
Così inizia l'editoriale: «Ci sono due mele famose nella storia dell'intelligenza umana. Una è quella di Newton, ammesso che il racconto sia vero. L'altra è quella di Steve Jobs. Egli ha disegnato un mondo di percezioni totalmente nuove. La sua morte ha provocato un profondo dolore tra gli internauti, che si sono chiesti se la prossima "mela" spunterà in Cina».
Per rispondere a questa domanda, lo Haixia Dushi Bao analizza le ragioni del successo di Jobs. «Dal punto di vista industriale, il suo successo non è stato affatto fortuito: oltre al suo spirito indomito e irruento, ad aver contato nell'ascesa della Apple è stata anche l'esistenza di un ambiente aziendale capace di favorire la creatività e l'innovazione, ma anche di permettere il fallimento». Inoltre, segnala l'articolo, «Jobs diceva che la differenza tra chi guida e chi si accoda sta nella creatività. Oggi in Cina non mancano gli innovatori, inoltre il potenziale e le dimensioni del mercato dell'IT non sono inferiori a quelle degli Usa. I creativi cinesi, però, sono stati spesso troppo impulsivi e questo ha impedito un processo di sviluppo creativo stabile».
In cosa consista in effetti l'eccessiva "impulsività" dei creativi cinesi non viene spiegato. L'editoriale, però, si chiude con una lista degli «insegnamenti di Jobs», quelli da seguire per fare sì che la prossima "mela" cresca in Cina: la possibilità di «unire scienza e arte», la volontà di «inventare per il cliente», la capacità di «ascoltare la voce profonda del cuore», «la tendenza all'eccellenza», l'attitudine a «imparare dall'esperienza», la determinazione ad «attirare le risorse umane più straordinarie», «la sete di conoscenza», l'avere «una visione tenace e determinata».
Ma è la rivista Kan Lishi il 20 ottobre a offrire uno dei commenti più originali sulla scomparsa di Jobs. L'editoriale che firma il numero speciale dedicato al genio della Apple afferma che, se la Cina deve imparare da lui, è anche vero che Jobs ha dovuto il suo successo proprio alla Cina, o almeno all'Oriente - cioè all'avere abbracciato pratiche di meditazione buddhista.
«Le ragioni del talento di Jobs sono state attribuite al suo spirito creativo, alla sua fede nella possibilità di cambiare i mondo, al suo dare potere alla tecnologia, alle sue abilità commerciali e così via. In realtà, però, il cofondatore della Apple lo disse tempo fa: "Il segreto del mio successo è molto semplice, consiste nel concentrarsi sulla semplificazione. La semplicità è più difficile della complicazione, ma alla fine questi sforzi valgono la pena, perché quando ci arrivi puoi smuovere le montagne"».
Jobs, continua l'editoriale, praticava la meditazione buddhista ed è questo che gli ha garantito un «potere senza pari: la capacità di concentrarsi sulla semplicità, di penetrare l'essenza delle cose, di rimanere concentrato nella realizzazione di un progetto».
Anche se tutti parlano di Jobs «come il migliore prodotto dell'individualismo occidentale, come rappresentante della scienza e della civiltà occidentali e lamentano le mancanze della Cina in questo senso», secondo la rivista «non si può ignorare che la vera chiave del successo di Steve Jobs proviene da uno degli elementi più importanti delle civiltà orientali, la meditazione buddhista. Oggi che la Cina, per mille ragioni, non può fare a meno di Jobs, dobbiamo ammettere che siamo stati noi stessi a separarci da tante delle nostre eredità spirituali, compresa la meditazione».
di Emma Lupano
Emma Lupano, giornalista professionista e dottore di ricerca sui media cinesi, cura per AgiChina24 una rassegna stampa bisettimanale volta a cogliere pareri autorevoli di opinionisti cinesi in merito a temi che si ritengono di particolare interesse per i nostri lettori
© Riproduzione riservata