Di Emma Lupano
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Milano, 02 ott. - La ‘perla d’Oriente’ sta smettendo di brillare. Il porto commerciale più florido dell’Asia, la città dello shopping duty free, il mix perfetto di oriente e occidente è in fase di declino. Ad appannarne la luce, stando a una commentatrice della rivista finanziaria Caixin, Wu Yuci, sarebbero la continua perdita di competitività nel business, l’aumento delle diseguaglianze sociali e la diffusione della corruzione. Wu non cerca di rassicurare quando, in una rubrica pubblica il 25 settembre, descrive quello che ritiene sia il destino di Hong Kong. “Nella storia mondiale – esordisce Wu - non mancano le città e i paesi che hanno conosciuto una rapida ascesa e un ancora più rapido declino. Alcune città sono diventate mere rovine, altre, dopo la caduta, sono diventate città di secondo o terzo livello.
Quelle relativamente fortunate sono le città che hanno conservato il proprio patrimonio culturale e sono potute così diventare mete turistiche, ridando vita a ciò che è rimasto”. Gli esempi vanno da Tokyo a Istanbul fino a Venezia, “cuore culturale, religioso e politico dell’Europa tra il XII e il XV secolo”, la cui fortuna però coincise con la sua debolezza, nel momento in cui il fiorente porto, centro pulsante degli scambi commerciali del continente, “divenne anche la via di ingresso della peste”. Ad oggi, secondo Wu, “Hong Kong mantiene ancora la sua posizione di centro finanziario globale, uno scudo che finora ha nascosto molte delle sfide a venire. Hong Kong si trova al settimo posto tra le potenze economiche e, anche se questo sembra un buon risultato, vuol dire essere due gradini al di sotto di Singapore”. La posizione delle università locali nei ranking internazionali è scesa, continua la commentatrice, mentre “il divario tra ricchi e poveri è aumentato rapidamente negli ultimi dieci anni, così che Hong Kong ora è la città con un costo della vita tra i più elevati al mondo, ma è anche uno dei luoghi in cui i redditi sono meno equilibrati”.
Riportando una ricerca della banca elvetica Credit Suisse, Wu sostiene che “i più ricchi di Hong Kong rappresentano il 10 per cento della popolazione, ma detengono il 77,5 per cento della ricchezza”, segnando un peggioramento rispetto a dieci anni fa. “Come a Londra e New York, molti alloggi di lusso a Hong Kong sono di proprietà di ricchi che li usano per le vacanze”, mentre i giovani residenti “riescono ad affittare case minuscole e carissime solo affidandosi al mercato illegale”.Ai problemi economici interni alla ex colonia si aggiunge la concorrenza della Cina continentale, dove “lo sviluppo continuo dei porti commerciali ha indebolito la posizione di centro di comunicazione che era la sua prerogativa”. E se a Shanghai, diretta ‘nemica’ della regione amministrativa speciale, “servirà ancora qualche tempo per superare Hong Kong nella disponibilità di risorse umane e nelle infrastrutture legali”, l’ex colonia britannica sta registrando un “sensibile calo della qualità della vita delle persone”, dovuto al peggioramento della qualità dell’aria, alla diffusione di cibi contraffatti e alla scoperta di piombo nell’acqua di uso domestico.
“Ancora più preoccupante - continua Wu – è il continuo aumento della corruzione. Nel business, il clima imprenditoriale si è deteriorato, non solo a causa del peggioramento generale della città, ma anche a causa dell’aumento dei costi per le imprese, che allontanano gli investimenti”. Città come Roma, Venezia e Kyoto, una volta persa la loro supremazia economica e politica, sono potute diventare almeno “centri del turismo mondiale grazie al loro patrimonio culturale”. Per Hong Kong invece, a cui “manca una lunga storia e antiche costruzioni”, il rischio è di diventare una “città di secondo livello”. Lo stesso potrebbe valere, argomenta Wu, per città come Los Angeles e San Francisco, ma la differenza è che negli USA ci sono Disneyland o Hollywood su cui contare per mantenere alto il potere di attrazione. “Anche se Hong Kong ha le sue delizie culinarie e una cultura dell'intrattenimento tutta sua, chi non è cinese potrebbe fare fatica a distinguere il suo cibo e le sue attrazioni culturali da quelle della Cina continentale. Da molto tempo Hong Kong è il paradiso del duty free, ma con la globalizzazione e con gli acquisti online anche questa sua forza è ora azzoppata. Inoltre, altre città in crescita come Dubai hanno replicato il modello del duty free, impedendo a Hong Kong di avere l'esclusiva”.
Appare chiaro che, secondo la commentatrice, il declino di Hong Kong è iniziato nel 1997: “Dopo l'handover, il fatto che Hong Kong sia stata assimilata gradualmente alla Cina continentale non ha fatto che indebolire ulteriormente le sue caratteristiche e il suo fascino nei confronti dei viaggiatori internazionali”.
Non solo: che parli di inquinamento o di corruzione, è a Pechino che Wu sembra attribuire le responsabilità di questo deterioramento. “L'ambiente di affari incorruttibile, le basi dello stato di diritto e le risorse umane di alta qualità sono sempre state fiori all'occhiello di Hong Kong. Con il venir meno di queste condizioni, le prospettive della perla d'Oriente sono piene di sfide”. Con il rischio, soprattutto, che di Hong Kong resti solo “un piccolo punto nella storia, la sua gloria sarà di breve durata”.
02 OTTOBRE 2015
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