Milano, 25 giu. - Il Quotidiano del popolo apre ai capitali privati. Ebbene sì, proprio lui: l'organo ufficiale del Partito comunista cinese, perno del sistema di mobilitazione e di controllo dell'opinione pubblica creato da Mao Zedong. Per ora ha ottenuto il permesso di quotare sul mercato azionario solo la sua edizione online, in una manovra che costituisce l'ennesima picconata al sistema mediatico di stampo maoista, e che coinvolge altri nove siti di informazione di proprietà statale, tra cui quello dell'agenzia di stampa Xinhua e della televisione pubblica CCTV. «Dieci dei principali siti di informazione di proprietà statale potranno quotarsi in borsa», titolava l'8 maggio lo Shanghai Shengquan Bao. Il motivo, spiegava lo stesso articolo, starebbe nella volontà di promuovere lo sviluppo di questi siti e di creare un sistema di impresa moderno. Ossia di affidare a tasche private lo svecchiamento e la crescita dei siti di informazione più importanti, ma meno popolari, nel tentativo di competere con colossi commerciali come i portali Sohu e Sina. Nel giro di una settimana, tutti i principali media nazionali e locali hanno ripubblicato la notizia, producendo articoli asciutti e ripetitivi, attenti ad attenersi il più possibile alla versione ufficiale diffusa dagli stessi Quotidiano del popolo e Xinhua.
Commenti? Praticamente introvabili. Eppure l'argomento era potenzialmente esplosivo, visto che, come ha dimostrato lo sviluppo delle testate "commerciali" cinesi negli ultimi quindici anni, l'apertura al mercato porta con sé una inevitabile revisione di stili e contenuti per i media coinvolti. Capita così che l'esperto di media Zhan Jiang, editorialista del Xin Jing Bao, aspetti fino al 3 giugno per scrivere un editoriale sul tema, per poi parlare sì della notizia, ma soffermandosi su un aspetto secondario: il problema di garantire il rispetto della proprietà intellettuale da parte dei siti di informazione. L'editoriale prende spunto dal caso del Zhejiang Online, uno dei dieci siti inclusi nella manovra, colpevole di aver pubblicato, senza autorizzazione, articoli di proprietà dello stesso Xin Jing Bao. «L'economia di mercato ha portato al boom dei portali di informazione non statali, e ha anche favorito alcuni siti finanziati dallo Stato o gestiti dal governo. Questa è certamente una buona notizia per lo sviluppo politico, economico, scientifico e culturale della Cina. Tuttavia, non bisogna dimenticare che l'economia di mercato prevede il rispetto delle regole e non tollera comportamenti illegali su larga scala. Questo vale per i siti commerciali come per quelli di Stato. Eppure, non sempre le cose vanno come dovrebbero», come dimostra il caso del Zhejiang Online.
Ecco dunque l'appello di Zhan: «Affinché l'ingresso nel mercato dei dieci siti statali avvenga con successo, è prima essenziale risolvere il problema della loro credibilità. Le autorità che sovrintendono al mercato azionario devono esaminare con la massima attenzione l'onestà dei siti che vogliono entrare nel mercato».
Un po' più tempestive, ma altrettanto vaghe e caute, sono le brevi considerazioni fatte da He Li, redattore di Caijing, il 18 maggio: «Se l'ingresso nel mercato viene fatto in modo completo, allora è in gioco anche la proprietà degli aspetti chiave della produzione. […] In questo processo, i siti di informazione che appartengono a istituzioni tradizionali, come questi dieci siti statali, devono porsi la domanda: chi controllerà davvero il loro business?».
È invece del 10 giugno la lunga invettiva lanciata da un commentatore che si firma Kongxincai e che, lungi dall'essere pubblicato su testate importanti, è però comparso sul portale del Zhongguo Qingnian Bao, celebre quotidiano della Lega della gioventù comunista, e su siti e BBS di chiare simpatie maoiste. Difficile del resto che un articolo così critico potesse trovare molto spazio. Da «militante di sinistra», come l'autore si autodefinisce, la notizia dell'ingresso nel mercato delle dieci testate di Stato gli ha provocato «un brivido lungo la schiena». Perché «a sinistra come a destra, tutti conoscono l'importanza dell'opinione pubblica. Mao diceva: "Chi vuole rovesciare un regime, deve prima di tutto controllare l'opinione pubblica, deve fare un lavoro ideologico. Questa è la strada della rivoluzione, ma anche della controrivoluzione"». E su questa strada il controllo di testate come il Quotidiano del popolo appare cruciale. Kongxincai ha ben chiari gli effetti che l'indipendenza dai sussidi statali ha avuto sulle testate "commerciali" e teme che lo stesso accada ai dieci siti statali una volta capitalizzati: «Con le riforme degli ultimi anni, i media cinesi non sono più i portavoce del partito e del popolo. Dopo aver iniziato la commercializzazione, il gruppo Nanfang [quello a cui fanno capo testate non allineate come il Nanfang Dushi Bao e il Nanfang Zhoumo, ndr] è diventato, da mezzo di informazione controllato dal comitato del partito di Canton, un noto campo di battaglia per l'anticomunismo. Non c'è bisogno che dica di più, per capire quali conseguenze potrebbe avere la trasformazione del Quotidiano del popolo online e di Xinhuanet. Quale tra loro sarà il prossimo Nanfang Dushi Bao?». Kongxincai descrive invece quello che secondo lui avverrà ai siti che entreranno nel mercato: per prima cosa, «ci sarà l'annuncio allo staff, così che i redattori che credono nel socialismo potranno essere licenziati con il pretesto che "non sono adatti a una organizzazione moderna dell'azienda"». Poi, «si annunceranno aumenti di stipendio per i redattori, così che i giornalisti si inchineranno al potere della busta paga». Infine, «alcuni capitali stranieri entreranno di soppiatto nella proprietà del Quotidiano del popolo online e della Xinhuanet, facendoli diventare davvero una succursale di Voice of America».
Un panorama apocalittico, dal suo punto di vista. Ma forse non completamente improbabile.
di Emma Lupano
Emma Lupano, sinologa e giornalista, cura per AgiChina24 una rassegna stampa bisettimanale volta a cogliere pareri autorevoli di opinionisti cinesi in merito a temi che si ritengono di particolare interesse per i nostri lettori
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