Torino, 07 mag. - Dopo l'iniziazione olimpica di Pechino 2008, la Cina sta oggi celebrando una nuova consacrazione internazionale, riproponendo all'attenzione del mondo la sua formidabile esperienza nei campi dell'innovazione urbanistica, dell'attrazione di talenti e della capacità organizzativa. Tutto questo e molto altro è l'Expo di Shanghai 2010, vetrina di una moderna fiducia nel progresso che appare tanto naturale in Asia orientale, quanto ontologicamente in crisi in Occidente.
Se, da una parte, il fulgore di quella che fu la "Parigi d'Oriente" sottolinea l'ambizione cinese di fare di Shanghai il principale hub commerciale e finanziario della regione, dall'altra è nell'oscurità delle manovre felpate che si registrano a Pechino che prende forma la leadership che detterà l'agenda politica della Cina nel prossimo futuro. Nel 2012 il Partito Comunista Cinese (PCC) celebrerà il XVIII congresso, momento saliente della vita politica in Cina in cui oltre 2.000 delegati convergono nella capitale per discutere (poco) e ratificare le strategie e le nomine proposte dai vertici del Politburo e pilotate in particolare dai nove uomini che siedono nel suo potentissimo Comitato Permanente.
Se, dunque, il congresso del 2012 dovrà formalizzare scelte già predisposte e condivise da parte di una leadership che tende a operare per consenso, il periodo più delicato e significativo non può che essere proprio quello immediatamente precedente, quando questo consenso viene negoziato tra le varie fazioni. Come sottolinea Lucian Pye in The spirit of Chinese politics, tra i più sofisticati studi del sistema politico cinese, il PCC fin dalla sua genesi si dibatte in una contraddizione di fondo, che vede opporsi l'unanimismo di facciata imposto dal principio di centralismo democratico (tale per cui al vertice si dibatte, ma, una volta assunte, le decisioni vanno applicate da tutti inflessibilmente) e la realtà sostanziale di un partito attraversato da fazioni a geometria variabile, tenute insieme più da interessi di carriera e reti di conoscenze personali (guanxi) che da una specifica e dichiarata linea politica.
Sebbene queste dinamiche ritornino ad acutizzarsi in vista di ogni congresso, non c'è dubbio che la partita nel 2012 sarà particolarmente delicata. La prassi che è andata istituzionalizzandosi nel PCC prevede, infatti, che i ruoli chiave al vertice della leadership (Segretariato generale del PCC, Presidenza della Repubblica e Presidenza della Commissione Militare Centrale) possano essere rivestiti per un massimo di due mandati e che i leader prendano la strada della pensione superata la soglia dei 68 anni. Stanti così le cose, non soltanto Hu Jintao e Wen Jiabao - attualmente ai vertici - dovranno cedere il posto ai successori, consegnando la Cina a una nuova generazione di leader (la quinta), ma lo stesso Comitato Permanente del Politburo vedrà rinnovati ben 7 dei suoi 9 membri.
In questa situazione le forze si stanno ormai disponendo in campo da mesi. I taizidang ("principi rossi"), figli di figure di spicco del PCC dei decenni scorsi, vanno acquisendo peso: il successore presunto di Hu Jintao alle cariche più alte di Stato e Partito è Xi Jinping, figlio del veterano Xi Zhongxun, mentre Li Xiaopeng, erede del tristemente noto Li Peng (tra i principali responsabili del massacro di Tienanmen nel 1989) viene indicato come in via di promozione a ministro. Su un altro fronte i cosiddetti tuanpai, membri della fazione degli attivisti di Partito provenienti dalla Lega della Gioventù Comunista hanno il proprio alfiere in Li Keqiang, dato per successore di Wen Jiabao alla carica di Primo ministro.
Ben più importanti degli scranni e dei titoli ufficiali, peraltro, saranno le linee di governo che i nuovi leader adotteranno - certamente sotto la "supervisione" informale dei loro predecessori, almeno nei primi anni. La partita che si gioca è quella che oppone i fautori della prosecuzione delle riforme (economiche, ma non solo) a coloro che auspicano scelte che garantiscano la stabilità del sistema anche mediante un arretramento rispetto ai margini di libertà sin qui concessi a imprenditori privati e società civile.
E' in questo contesto, tra l'altro, che va analizzato l'articolo firmato dal Premier Wen Jiabao apparso sul Quotidiano del Popolo (Renmin Ribao) lo scorso 15 aprile. All'interno Wen ricorda il suo lavoro al fianco di Hu Yaobang - segretario "liberale" del PCC negli anni '80 alla cui morte prese il via il movimento di Tienanmen - e ripropone Hu come modello di dedizione alla causa del popolo cinese. Data la delicatezza del momento politico e vista l'ampia eco data all'articolo nei media ufficiali, la domanda è: perché proporre una rivalutazione di Hu proprio adesso? Il 21° anniversario di una morte non è una data emblematica, e non c'è traccia di simili scritti da parte di alti esponenti governativi negli anni scorsi.
L'opinione degli studiosi è che, data la natura consensuale della leadership di Pechino e lo stile di Wen, debba trattarsi di un atto politico condiviso. In questo senso il messaggio potrebbe essere indirizzato appunto a quelle frange "neo-maoiste" del PCC che auspicano un ritorno a forme socialiste di governo dell'economia come metodo per ovviare alle conseguenze perniciose delle riforme (corruzione, disuguaglianza, etc). Hu, infatti, rappresentava negli anni '80 la soluzione opposta alle medesime sfide, cioè il tentativo di risolvere i problemi socio-economici mediante più incisive riforme politiche.
Se questo sia di buon auspicio in vista della selezione di esponenti liberali per la quinta generazione della leadership del PCC è probabile che lo sapremo tra due anni. Ma la partita si gioca ora e per chi vuole osservare gli arcana imperii della Cina non c'è tempo da perdere.
di Giovanni Andornino
Giovanni Andornino è docente di Relazioni Internazionali dell'Asia Orientale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino e la Facoltà di Scienze Linguistiche dell'Università Cattolica del Sacro Cuore; è Vice Presidente di T.wai, il Torino World Affairs Institute.Dal 2009 Visiting Professor presso la School of Media and Cross Cultural Communication, Zhejiang University Hangzhou (PRC), Giovanni è Fellow della Transatlantic Academy del German Marshall Fund of the United States per il 2010.Giovanni è General Editor del portale TheChinaCompanion (www.thechinacompanion.eu), specializzato in politica, relazioni internazionali ed economia politica della Cina contemporanea. Dal 2007 coordina TOChina, l'unità di lavoro sulla Cina attiva presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino (www.to-asia.it/china).
La rubrica "La parola all'esperto" ha un aggiornamento settimanale e ospita gli interventi di professionisti ed esperti italiani e cinesi che si alternano proponendo temi di approfondimento nelle varie aree di competenza, dall'economia alla finanza, dal diritto alla politica internazionale, dalla cultura a costume&società. Giovanni Andornino cura per AgiChina24 la rubrica di politica internazionale.