Milano, 04 mar. - Sabato scorso, il consiglio di sicurezza dell'Onu ha votato all'unanimità una risoluzione contenente un pacchetto di sanzioni nei confronti della Libia. La risoluzione prevede in particolare il blocco dei beni di Muammar Gheddafi e di alcuni suoi familiari e dignitari del regime, l'embargo alle vendite di armi, oltre a un possibile coinvolgimento della corte penale internazionale dell'Aja per i crimini di guerra o contro l'umanità commessi in Libia.
Il voto è avvenuto all'unanimità. Russia e Cina, membri permanenti, hanno quindi votato a favore. Il voto della Cina, in particolare, ha sorpreso molti osservatori. La dottrina di non-ingerenza, sempre sostenuta dalla Cina, è stata improvvisamente abbandonata. La disponibilità di Pechino a schierarsi in maniera così netta contro il colonnello è davvero una novità anche se è ancora presto per dire che si tratti di una svolta. Ma è evidente che il poderoso processo di espansione degli interessi economici cinesi in giro per il mondo rende sempre meno sostenibile il mantenimento di una posizione assolutamente contraria al coinvolgimento politico e militare al di fuori della propria ristretta sfera di influenza.
Ma non è solo la politica estera cinese ad essere toccata da quanto avviene in Libia e negli altri paesi dell'area. Da più parti (citiamo ad esempio un intervento di stamane in questo senso del corrispondente Rai da Pechino), si sostiene che i sollevamenti di popolo delle ultime settimane in nord Africa e in medio oriente stiano mettendo in imbarazzo il governo cinese, che sarebbe preoccupato dalla possibile propagazione di fenomeni di questo tipo alle città cinesi, a fronte di un crescente malcontento legato all'inflazione elevata e alle disparità di distribuzione del reddito.
Nel contempo, si fa notare come gli investimenti in Libia da parte cinese negli ultimi anni siano stati ingenti (si parla di oltre 3 milardi di dollari, in campo energetico, ma non solo) e le relazioni con Tripoli, sia pure in maniera poco appariscente, si siano molto rafforzate. In Libia lavoravano circa 35mila cinesi, divisi tra l'industria dell'energia, le ferrovie, le telecomunicazioni e le costruzioni. Peraltro, 32mila di questi sono stati evacuati nei giorni scorsi con un'operazione senza precedenti per Pechino che ha visto impegnati 20 aerei civili e 4 militari. Voltare le spalle a Gheddafi, perciò, per Pechino ha rappresentato una scelta forte e tutt'altro che scontata. Secondo altri osservatori, è stato proprio il parallelo tra Tianamen '89 e Tripoli 2011 a spingere i cinesi a votare contro Gheddafi, allineandosi al consenso internazionale.
Sicuramente il tema ha messo alla prova non poco le autorità cinesi, ed è molto probabile che la scelta sul voto sia stata presa dal presidente Hu in persona. In ogni caso ogni discorso relativo al timore dei governo cinese di un propagarsi alla Cina della sindrome nordafricana appare condizionato da una visione molto "occidentale". In realtà il governo cinese percepisce, a torto o ragione, di godere in generale di un forte supporto popolare, frutto dello straordinario sviluppo economico degli ultimi 30 anni e della conseguente crescita di prestigio per l'intero paese. E' vero che il malcontento in Cina esiste, ma esso, almeno fino ad oggi, è limitato geograficamente e socialmente ed è generalmente legato a questioni specifiche, come corruzione di dirigenti locali o l'aumento dei prezzi dei beni alimentari.
E, inoltre, i cittadini cinesi se da un lato vivono in una situazione di marcata limitazione dei diritti individuali (a partire dalla libertà di espressione), dall'altro vivono in una società dove comunque un certo livello di pluralità del dibattito è comunque presente. E lo stesso tema della Libia lo dimostra. Non sono mancati su organi di stampa cinesi negli ultimi giorni riferimenti al regime dittatoriale e ai crimini contro l'umanità da esso commessi. E a nessuno in Cina viene in mente di paragonare il regime locale con quello del colonnello. E anche con qualche elemento di ragione, visto che comunque a Pechino sia pure su base di cooptazione nell'ambito di un partito unico, vi è la possibilità di alternanza e di avvicendamento al potere di personaggi, correnti e approcci politico economici anche molto diversi tra di loro. Anche i misteriosi appelli via web che da due settimane incitano a una "Rivoluzione dei Gelsomini" e invitano a protestare contro la corruzione e il sistema a partito unico, pur avendo innervosito Pechino al punto da mettere in campo un imponente spiegamento della polizia, non hanno riscosso un grande seguito da parte della popolazione (questo articolo).
Insomma, pensare che le rivolte tunisine, egiziane e libiche possano spingere i sudditi dell'impero di mezzo a scendere in piazza è indice di una conoscenza poco approfondita di cosa sia la società cinese di oggi.
di Lorenzo Stanca
Lorenzo Stanca, salernitano, 47 anni, tra i founding partners di Mandarin Capital Partner, il fondo di private italo-cinese che ha cominciato ad operare a fine 2007, Lorenzo Stanca vanta una carriera venticinquennale in istituzioni fianziarie di alto profilo.Precedentemente all'esperienza di Mandarin, Stanca era stato responsabile delle Strategie Operative al Sanpaolo Imi. Al Sanpaolo era arrivato nel settembre del 2005 proveniente dal gruppo UniCredito dove era stato Capo dell'ufficio studi e poi capo dell'area mercati in UniCredit Banca Mobiliare, la banca di investimento del gruppo, di cui era stato uno dei fondatori.
E' presidente dal 2006 del Gruppo Economisti di impresa, l'associazione italiana degli economisti che lavorano in azienda sia negli uffici studi che in altre posizioni. Lorenzo Stanca è autore di numerosi paper su riviste accademiche e co-autore di libri di economia e finanza (di recente è stato tra gli autori di "Cina: la conoscenza è un fattore di successo" e "L'elefante sul trampolino" pubblicati dall'Arel), oltre a pubblicare frequentemente articoli su riviste e giornali economici.
La rubrica "La parola all'esperto" ha un aggiornamento settimanale e ospita gli interventi di professionisti ed esperti italiani e cinesi che si alternano proponendo temi di approfondimento nelle varie aree di competenza, dall'economia alla finanza, dal diritto alla politica internazionale, dalla cultura a costume&società. Lorenzo Stanca cura per AgiChina24 la rubrica di economia e finanza.
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