Milano, 11 mar. - Sta per accadere una rivoluzione in Cina? Il virus dei gelsomini, partito dal Medio Oriente, è già arrivato in Cina e presto assisteremo a un altro crollo di un governo "autoritario e liberticida"? Queste sono le domande che legittimamente il lettore non particolarmente informato sulla Cina si dovrebbe essere posto negli ultimi giorni quando tutti i media, carta e televisione, hanno dato spazio alle "dimostrazioni" di protesta in Cina e alle convocazioni, via web, di manifestazioni di piazza in molte città cinesi. E' poi stato dato grande spazio alla forte capacità del governo cinese di "spegnere" il web e di intervenire in Wangfujing (una via centrale di Pechino) per "contenere" una timida manifestazione di protesta con lancio di gelsomini. Credo che molti lettori o teleaspettatori siano rimasti con l'impressione che anche in Cina ci sia scontento anche nella classe media urbana e che l'autoritarismo del governo cinese è il tappo che, per ora, tiene bloccata la pressione montante, ma che ci stiamo avvicinando al momento di esplosione.
E' proprio così? I nostri corrispondenti hanno mediamente letto in maniera corretta la situazione? Temo di no.
La manifestazione avvenuta era di poche decine di persone. Ci sono stati solo due arresti e le persone arrestate sono state poi rilasciate. L'ex-ambasciatore americano a Pechino (si dice possibile futuro candidato presidenziale repubblicano contro Obama alle prossime elezioni) passeggiava (provocatoriamente?) con la figlia nella zona. E' vero che sul web ci sono state convocazioni di manifestazioni in varie città, ma non sono avvenute e non si sa quante persone ci siano dietro il "meccanismo" di convocazione. E' anche vero che il governo cinese ha dimostrato, ancora una volta, di avere capacità, riflessi e tecnologia per "spegnere" il web.
Che cosa vuol dire tutto questo?
Che un certo numero di scontenti, oppositori del presente regime, hanno colto l'occasione per farsi sentire. Non credo siano molti e soprattutto non hanno seguito nel resto della popolazione, in particolare tra i ceti medi urbani e i giovani. In Cina – parlando in continuo con i miei amici cinesi - c'è una sostanziale accettazione del presente regime al quale viene accreditato la rinascita cinese (dopo il colonialismo e l'invasione giapponese), lo sviluppo economico (enorme e insperato alla generazione del maoismo e della rivoluzione culturale, cioè i nonni e i genitori dei giovani di oggi) e la ripresa da parte della Cina del "posto che le spetta" a livello internazionale. C'è sì dello scontento per la corruzione e per la burocrazia e, di recente, per l'aumento dei prezzi delle case. Ulteriore scontento c'è nella popolazione rurale per l'appropriazione indebita, da parte di funzionari corrotti, di terra agricola per lo sfruttamento edilizio e per i prezzi bassi dei prodotti agricoli. Tutto questo porta a una pressione che può esplodere come nel Nord Africa? Non credo, c'è ancora la convinzione diffusa che "tutto sommato" va bene così e che comunque ci sarebbe troppo da perdere a metterlo in forse.
A questo va aggiunto che il governo si sta muovendo fortemente nel prevenire la "bolla immobiliare" e nel calmierare i prezzi delle case, sta intervenendo sui prezzi agricoli e lancia ripetute campagne (più o meno efficaci nei fatti, ma sicuramente "percepibili") contro la corruzione e l'appropriazione indebita della terra. Da anni sta lasciando spazio all'associazionismo locale per risolvere problemi "amministrativi e urbanistici locali", a patto che non si organizzi in una protesta politica. Sta lasciando spazio, salvo interventi di "censura" su temi delicati o in momenti caldi, alla denuncia dei problemi via web. Ha perfino trasparentemente permesso che la CCTV (la televisione di stato) riportasse della manifestazione "dei gelsomini" a Pechino: segnale questo che il governo si sentiva "in controllo" degli eventi.
Dovremmo quindi leggere questi fenomeni inquadrandoli nel contesto cinese sia in termini "statici", come le cose sono oggettivamente oggi, che "dinamici", vedendoli nel quadro dell'evoluzione cinese: come erano in passato e come sono oggi. Però purtroppo i media e noi tendiamo a leggerli sulla base delle nostre convinzioni e della nostra situazione di oggi. Non è questo il solo caso di lettura distorta dei fenomeni cinesi. In questi giorni si sta svolgendo l'Undicesimo Congresso Nazionale del Popolo Cinese, massimo organo deliberativo cinese (in realtà con capacità più di approvazione di ciò che dispone il governo, che di reale autonoma capacità propositiva e decisionale). In questa sessione è stato presentato e verrà approvato il Dodicesimo Piano Quinquennale Cinese (2011 – 2015). Questo piano prevede la spinta sui consumi interni, una maggiore attenzione al welfare, l'aumento dei salari, la spinta al passaggio ad una economia dei servizi più che manifatturiera, una maggiore redditività delle attività agricole oltre che una forte attenzione all'ambiente e alla lotta alla corruzione. Il piano è stato presentato in apertura della sessione del Congresso dal Primo Ministro Wen Jia Bao. In parallelo il Congresso sta avvallando le candidature alla sostituzione dell'attuale dirigenza per il cambio che avverrà nel 2012.
La stragrande maggioranza dei commentatori ha qualificato queste "decisioni" come scontate e senza "nulla di nuovo". Anzi alcuni commentatori autorevoli si sono perfino spinti a "leggere e interpretare" le "smorfie" del Primo Ministro durante il suo discorso. Innanzitutto faccio fatica a capire come un giornalista occidentale, che non parla neanche una parola di cinese, sia capace di interpretare dei segni non verbali – visti solo in televisione perché fisicamente non presente – come la mimica del volto di un cinese (quando i cinesi sono notoriamente difficili da interpretare anche quando ci parliamo a lungo e con contatto diretto). A parte questo aspetto, purtroppo quasi folcloristico, mi domando come si possa ignorare il fatto che la formalizzazione – a livello di massima autorità del governo - di decisioni mai prima dette formalmente, anche se – in parte – oramai nei fatti, nella cultura cinese (dove la forma conta moltissimo) hanno un peso quasi rivoluzionario. Senza contare che queste affermazioni sono state di fatto l'indicazione della dirigenza a tutto il Paese di dove si dovrà andare nei prossimi cinque anni: ovvero questo è stato l' "ordine di marcia" per un miliardo e mezzo di persone e per la terza (conto l'Unione Europea come un'economia, la più grande) economia più importante del pianeta. Come importantissimo è stato anche il fatto che stiamo assistendo alla terza transizione "morbida" e "consensuale" di potere tra vecchi e nuovi gruppi dirigenti. Non va neppure ignorato il fatto che questa formalizzazione di decisioni significa anche la definitiva affermazione di correnti interne più aperte di quelle del passato, anche se non è ancora chiaro che cosa significherà per la democratizzazione del partito (l'unica che può avvenire nel medio termine). Il fatto che Wen Jiabao abbia letto il suo discorso in modo "grigio", come molti commentatori hanno criticato, mi sembra francamente irrilevante. Dimenticando anche che gli atteggiamenti da primedonne che a noi piacciono tanto, sono mal accetti dal circolo ristretto di alta dirigenza cinese.
In termini di letture distorte (a volte completamente errate) dei fenomeni cinesi, potrei citare molti altri casi a cominciare dall'atteggiamento verso Taiwan: i commentatori occidentali tendono a leggere il tutto come volontà "acquisitiva" della dirigenza cinese, ignorando il fatto che molta parte della popolazione è oggettivamente contro a una indipendenza formale dell'isola. A questo proposito mi permetto una piccola provocazione: se l'esercito della Repubblica di Salò dopo la disfatta del 1945 si fosse rifugiato, con tutta la dirigenza fascista, in Sardegna e con le armi e gli aiuti di qualche Paese estero, nemico dell'Italia libera, avesse di fatto impedito alla Repubblica Italiana di prendere possesso dell'isola, noi da che parte staremmo? Perché questo allora accade? Mancanza di professionalità dei commentatori? A volte temo di sì, ma non credo sia la ragione principale. Interesse di parte? A volte forse sì, i commentatori americani tendono a volte a forzare un'interpretazione vicina a un loro desiderio per i loro interessi più che a una vera realtà. Però anche questo credo sia una spiegazione molto parziale.
Credo invece che la maggior parte della ragione del nostro comportamento nell'interpretare e riportare questi fatti sia essenzialmente nel volerli o saperli leggere solo attraverso le lenti della nostra cultura e quindi dei nostri valori, della nostra storia e dei nostri comportamenti. E questo purtroppo è drammaticamente sbagliato: la Cina è diversa e dobbiamo interiorizzare questa diversità. Finché non lo faremo rischiamo molto di non capire in che mondo stiamo entrando. Come dice Francesco Sisci nel suo libro "Chi ha paura della Cina": "Siamo noi a dover prendere in considerazione la possibilità di cambiare, osservando la realtà cinese e studiandola con distacco e senza prevenzioni ideologiche". E Luca Cordero di Montezemolo, nella sua prefazione allo stesso libro, rincara dicendo: "La Cina è uno stimolo irresistibile, in grado di suggerire cambiamenti di prospettiva e di far cadere gabbie concettuali". Credo sia ancora lunga la strada che il mondo occidentale deve percorrere per interiorizzare questo fatto. Dobbiamo tutti imparare ad essere convinti nel nostro intimo della diversità (che non è né superiorità, né inferiorità) cinese. Solo così potremo indossare gli occhiali giusti per leggere la Cina.
di Paolo Borzatta
Paolo Borzatta è Senior Partner di The European House-Ambrosetti.
La rubrica "La parola all'esperto" ha un aggiornamento settimanale e ospita gli interventi di professionisti ed esperti italiani e cinesi che si alternano proponendo temi di approfondimento nelle varie aree di competenza, dall'economia alla finanza, dal diritto alla politica internazionale, dalla cultura a costume&società. Paolo Borzatta cura per AgiChina24 la rubrica di economia
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