LA CINA E ALCUNI PESSIMISTI
Pescara, 16 dic. - Le cose non devono andare per il meglio neppure in Cina, se nel mese di novembre i prezzi delle case a Pechino sono calati del 35% e la crescita monetaria, M2, è calata al livello più basso degli ultimi dieci anni. Le statistiche cinesi restano sempre disputabili, e tuttavia la borsa di Shangai è sotto del 30% da maggio, e del 60% rispetto al picco del 2008. Numeri che dovrebbero bastare a impensierire un pò tutti, non si trattasse che gli investitori ancora seguitano a credere nella Cina, e pertanto a sottostimare, anche secondo non pochi analisti, il rischio di un hard landing. Secondo Albert Edwards della Societé Generale, è anzi tutto il gruppo dei BRIC che dovrebbe a questo punto giustificare delle serie preoccupazioni. In effetti la produzione sta già calando in India e da segni di cedimento in Brasile.
In effetti anche l'annuncio cinese di tariffe sulle importazioni di auto GM, sono un sintomo di capacità produttiva inutilizzata e del fatto che il rischio in Cina è ormai quello deflattivo. E malgrado il surplus della bilancia dei pagamenti, le enormi riserve estere cinesi sono calate negli ultimi tre mesi: un sintomo ulteriore che non è più ora l'inflazione il problema della dinastia di Mao. Il rischio è che un Pil squilibrato, per circa la metà composto di investimenti e in cui il peso dei consumi si è ridimensionato troppo, si sgonfi. Si tratta in effetti di una sproporzione lontana persino da quelle delle Tigri asiatiche nel momento del loro decollo. Al quale come è noto seguì la crisi. Accadesse in questa congiuntura mondiale lo scenario peggiore di chi prevede una grande depressione prevarrebbe.
E' pur vero tuttavia che il peso delle ipoteche, ad esempio sul capitale immobiliare, è di molto minore di quello americano all'inizio dello sgonfiarsi della bolla dei mutui. Ma secondo il profesore Chovanec della università di Pechino gli immobili invenduti ammonterebbero a 50 miliardi di dollari, e i prezzi stanno vistosamente calando un po' ovunque.
Gli ottimisti si consolano comunque pensando alla possibilità di un ulteriore intervento del governo a sostegno della congiuntura. I pessimisti sostengono invece che esso non potrebbe più avere la consistenza e l'efficacia di quello del 2008. Secondo il FMI i prestiti sono raddoppiati fino quasi al 200% del PIL. Molto più di quanto erano cresciuti alla fine degli anni 80 in Giappone o nella bolla dei mutui americana.
di Geminello Alvi
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