N COLLABORAZIONE CON OSSERVATORIO ASIA
di Elena Forchielli*
Boulder, CO, USA, 01 ago. - La Cina è destinata a diventare uno dei più grandi mercati farmaceuticial mondo entro il 2020, seconda solo agli Stati Uniti. La spesasanitaria è più che raddoppiata tra il 2006 e il 2011, passando da156miliardi a 357miliardi di dollari; una cifra che si prevede possaarrivare a toccare 1 trilione di dollari in pochi anni. L’economia cinese potrebbe essere la seconda più grande al mondo, ma la spesa sanitaria pro capite stagna, così come in Swaziland e in Albania. Questa disparità svela le enormi potenzialità del mercato farmaceutico cinese. La Cina, con la popolazione più numerosa al mondo, è anche il mercato farmaceutico che cresce più rapidamente con un potenziale di forti guadagni, dal momento che la spesa sanitaria cresce dal 5% ad un 7% del Pil del paese. Le aziende farmaceutiche multinazionali si sono rivolte in massa al mercato cinese da quando le vendite nei mercati tradizionali, quali Stati Uniti, Giappone e Europa occidentale, hanno iniziato a calare in modo drammatico. Il governo ha stabilito in modo chiaro la propria posizione a sostegno dell’industria biomedica, preannunciando anche una maggiore capacità della Cina di diventare non solo il più grande mercato, ma anche un leader chiave nel settore farmaceutico. Nonostante la capacità d’innovazione della Cina abbia fatto notevoli passi avanti, resta da vedere se le aziende sul territorio nazionale siano in grado o meno di superare le sfide presenti, come le normative imposte dal governo, e diventare veri leader nella ricerca e sviluppo del settore.
Forze motrici
Le forze che stanno dietro l’impennata della domanda sanitaria hanno molte sfaccettature, ma i temi portanti sono le tendenze sociali ed economiche. Una classe media in espansione con maggiore potere di spesa ha accompagnato la grandiosa scalata dell’economia cinese negli ultimi trent’anni. Nel 2005, il 29% della popolazione guadagnava tra i 7mila e i 27mila dollari, una percentuale che si stima possa salire al 75% della popolazione entro il 2020, mentre il ceto alto della società è aumentato dall’1% al 7%. Molte patologie che prima non venivano diagnosticate né trattate adeguatamente faranno aumentare il numero già elevato di pazienti dal momento che cresce il loro accesso e capacità di spesa per le cure. Cresce bruscamente anche la prevalenza di malattie croniche come l’ipertensione e il cancro: nel 2010 in Cina si registravano 92 milioni di diabetici e 150 milioni di pre-diabetici rispetto ai 27 milioni degli Stati Uniti. D’altra parte l’urbanizzazione programmata che riguarderà 250milioni di persone nei prossimi dodici anni, farà solo aumentare questi numeri dal momento che ci sarà anche un cambiamento nello stile di vita, da rurale a sedentaria. Ma il fattore principale in questa equazione è l’invecchiamento della popolazione cinese, al quale si aggiunge la politica del figlio unico che porterà la popolazione degli ultra sessanticinquenni da 122milioni a 233milioni entro il 2030, una cifra che non ha eguali in nessun altro paese.
Il governo cinese ha preso atto di questa evoluzione e ha fatto della riforma sanitaria e dell’ampliamento del settore biomedico le priorità per la Nazione. Nel 2009 il governo aveva svelato un piano estensivo per ristrutturare il proprio sistema sanitario nei dieci anni successivi. Concetto ribadito anche dal premier Li Keqiang che ha confermato l’impegno della Cina nel voler “introdurre un sistema sanitario universale per garantire servizi sanitari sicuri, efficaci, adeguati e a basso costo entro il 2020”. Gli effetti della volontà dei leader sono stati immediati, e ragguardevoli: al momento il 95% della popolazione può beneficiare di una copertura medica di base. Il governo ha anche fatto investimenti sostanziali nelle infrastrutture sanitarie nelle città di bassa fascia e nelle aree rurali; l’obiettivo a lungo termine è di rendere più equilibrata la qualità del sistema sanitario, estendere i servizi e sviluppare centri sociali. È stato messo in risalto anche come il settore biomedico sia uno delle sette aree fondamentali nel dodicesimo piano quinquennale della Cina.
Storicamente, il sostegno del governo attraverso queste iniziative si è tradotto in rapidi progressi per i settori in oggetto, come per l’ industria automobilistica. Anche i governi locali hanno fatto lo stesso, varando i propri piani quinquennali con l’obiettivo di migliorare la posizione della Cina nell’industria biomedica, obiettivo comune di una serie di istituzioni, incluso il ministero della Salute, il ministero della Scienza e Tecnologie e quello dell’Industria e Informatica. La sinergia tra la domanda sanitaria alle stelle e il governo, impegnato ad appoggiare l’industria biomedica, potrebbe creare un ambiente favorevole per l’industria farmaceutica. Quasi tutte le principali società multinazionali farmaceutiche hanno istituito i propri centri di produzione e di ricerca e sviluppo in Cina, approfittando del boom del settore che è passato da 27miliardi di dollari nel 2006 a 71miliardi di dollari nel 2011. Per molti attori chiave, la Cina costituisce già il mercato più vasto, per non dire il mercato con uno spiccata propensione a crescere. Grazie all’impegno del governo, la Cina ha la capacità di diventare leader nella ricerca e sviluppo. Le università della Cina e l’ampiezza della ricerca scientifica offrono una buona fucina di talenti a cui attingere per promuovere l’innovazione, mentre l’essenza di un settore relativamente emergente crea una pagina bianca perfetta per nuovi farmaci in fase di sperimentazione. Ma se tutto ciò sembra di buon auspicio, alcuni aspetti della riforma sanitaria cinese vanno nel verso opposto all’abilità di innovazione del paese nel promuovere ricerca e sviluppo.
Sfide per il settore
Il mandato del governo cinese di garantire servizi sanitari universali a basso costo costituisce probabilmente il più grande ostacolo all’innovazione e allo sviluppo di nuovi farmaci. Mediamente, sviluppare farmaci di nuove classi terapeutiche – quelli considerati realmente nuovi e primi nel loro genere – costa oltre 1 miliardo di dollari, oltre a dieci anni di sperimentazione prima di essere immessi sul mercato. D’altra parte i produttori hanno un piccolissimo margine per recuperare i costi di sviluppo del prodotto e ciò spiega i costi esorbitanti per le nuove terapie. Rispetto ai farmaci best-in-class (farmaci che hanno simili meccanismi di azione e offrono significativi vantaggi rispetto alle terapie già disponibili), i farmaci di nuove classi terapeutiche costituiscono un rischio maggiore: 9 su 10 falliscono nei test clinici, aggiungendosi alle spese di quei farmaci che invece si rivelano efficaci. Nel tentativo di attenuare la crescente spesa sanitaria, il governo cinese ha adottato provvedimenti per controllare i prezzi dei farmaci. È facile riconoscere il merito di un simile gesto, ma contenere artificialmente i prezzi dei farmaci significherà dover sacrificare l’innovazione e la ricerca.
Nonostante si stia cercando di ridurre il peso delle spesse sanitarie, le politiche del governo non sono indirizzate a ridurre i costi di produzione; si stanno passando la palla. Ma se da un lato in questo modo si salvaguardano i consumatori, dall’altro la capacità delle aziende di recuperare i costi di sviluppo viene annullata, con serie ripercussioni sugli stimoli a creare nuovi farmaci. A lungo termine, politiche di questo tipo potrebbero in realtà anche danneggiare la qualità dei servizi sanitari. Dunque, se i margini saranno troppo bassi o addirittura al di sotto del punto di pareggio, alcuni produttori saranno costretti alla bancarotta e alcuni buoni farmaci a basso costo potrebbe scomparire dal mercato. Infine, i canali di vendita e distribuzione in Cina assorbono gran parte dei margini nella catena di valore, lasciando ai produttori guadagni ridotti. Uno degli elementi che contribuiscono a ciò è la corruzione permeata nella società, come evidenziato di recente dallo scandalo della GlaxoSmithKline. Colossi farmaceutici come la GSK hanno offerto (e continuano a offrire) enormi tangenti in cambio di un elevato tasso di prescrizione dei propri prodotti, mentre il personale ospedaliero integrava il proprio stipendio spesso insufficiente. Tutte queste cattive pratiche, messe insieme, promuovono una distribuzione impropria dei farmaci, portando alla prescrizione eccessiva di alcune terapie e all’inaccessibilità di altre.
Tra le aziende farmaceutiche che operano in Cina, sono tristemente noti la Essential Drug List (EDL) e la National Reimbursement Drug List (RDL), due meccanismi diversi che influenzano enormemente la redditività dei farmaci. La RDL elenca i farmaci coperti dal piano di rimborso dei tre maggiori fornitori di assicurazione sanitaria. La EDL, invece, comprende tutti i farmaci della RDL, ma li copre con un tasso di rimborso maggiore per i pazienti. Questi farmaci sono considerati indispensabili per la popolazione e sono soggetti alla regolamentazione dei prezzi, con un margine di aumento limitato negli ospedali. È importante notare che gli ospedali costituiscono la maggiore fonte di guadagno sui farmaci, coprendo il 75% delle vendite totali di farmaci in Cina. Le liste costituiscono però un’arma a doppio taglio: se da un lato facilitano l’accesso al mercato, dall’altro i farmaci sulle liste sono soggetti a un controllo serrato dei prezzi, che riduce i ricavi. Non molto tempo fa, gli ospedali promuovevano con difficoltà i farmaci riportati sulle liste perché offrivano troppo pochi margini di guadagno a causa dei limiti imposti e perché erano troppo ristretti per poter soddisfare adeguatamente le necessità dei pazienti.
La Commissione Nazionale per le Riforme e lo Sviluppo (NDRC) nel 2013 aveva reagito ampliando la lista a 520 farmaci e esigendo che il 40-50% delle vendite degli ospedali di seconda fascia e il 25-30% di quelli di terza fascia fossero costituite dai farmaci della lista EDL. Inoltre, le province erano state incoraggiate ad adottare un sistema di appalto per l’acquisto di grandi quantitativi di farmaci che aveva ulteriormente ridotto i ricavi dei produttori. Il sistema dell’appalto favorisce una feroce guerra di offerte che spesso porta a vendere farmaci a prezzi inferiori ai costi di produzione, causando l’erosione dei prezzi. La provincia del Guangdong è considerata un indicatore delle tendenze nazionali, e il fatto che di recente abbia adottato un protocollo per gli appalti particolarmente aggressivo e severo non promette bene per l’industria farmaceutica; anche perché si pensa che altre province potrebbero prendere spunto, e fare altrettanto. E in questo contesto è improbabile che le aziende farmaceutiche siano stimolate a innovarsi di fronte alla quasi impossibilità di coprire le spese di sviluppo di nuovi prodotti.
La EDL e il sistema dell’appalto potrebbero danneggiare l’industria farmaceutica cinese e le aziende sul territorio nazionale potrebbero subire un impatto maggiore rispetto alle società estere. E naturalmente, le aziende che più compaiono nella lista, subiranno maggiori conseguenze. Incluso le aziende con un’alta percentuale di prodotti più venduti e quelle centrate sulla produzione di farmaci equivalenti o di best-in-class. I produttori di farmaci generici hanno dovuto far fronte a perdite ancora maggiori rispetto ai ‘creatori’ di nuovi farmaci, ed è importante riconoscere che le aziende cinesi producono un’alta percentuale di farmaci generici. La mancanza di valide alternative ai farmaci ‘capostipite’ fa sì che non siano soggetti a competizione e a riduzione dei prezzi come invece accade per i farmaci per i quali esistono alternative – almeno fino a quando altri non riescano a far propria quella determinata tecnologia. Inoltre, il sistema degli appalti dà in modo sproporzionato più importanza al prezzo a discapito di fattori quali la qualità e l’efficacia, favorendo chiunque offra un prezzo più basso indipendentemente dai benefici che vengono sacrificati. Poiché le aziende cinesi producono principalmente farmaci equivalenti, questi potrebbero essere maggiormente soggette alle perdite causate dagli appalti. Dunque, nonostante abbia tutto il potenziale, la Cina al momento non ha la stessa capacità di ricerca e sviluppo dei suoi competitor occidentali e queste normative del governo potrebbero rallentarne il progresso e la capacità di creare nuove terapie.
Altro ostacolo alla capacità di ricerca e sviluppo della Cina sono le tremende leggi sulla proprietà intellettuale. Norme di questo tipo sono necessarie per tutelare gli investimenti nella ricerca scientifica, ma sono necessari anche per la comunicazione e diffusione di idee e risultati, che d’altra parte alimentano l’innovazione. A causa dei costi estremamente alti per lo sviluppo farmaceutico, sono quindi necessarie per salvare gli investimenti. Sulla carta le leggi sulla proprietà intellettuale della Cina sono adeguate, ma non sono applicate nel modo giusto a causa della frammentazione provinciale del sistema giudiziario e per la mancanza di preparazione dei tribunali sul tema dell’high-tech, con un lento processo decisionale e pene minime per i responsabili. Gli imprenditori cinesi trovano vantaggi minimi nell’investire capitali nello sviluppo di farmaci ‘capostipite’, che già costituiscono un alto rischio, quando potrebbero essere imitati senza nessuna tutela da parte dello Stato, rendendo nulle le spese per la ricerca e lo sviluppo dei farmaci. La contrazione dei posti di lavoro, che in Cina è alta, costituisce un altro ostacolo allo sviluppo di aziende knowledge-intensive. Un fattore che potrebbe rappresentare un vantaggio per le aziende estere in grado di sviluppare farmaci al di fuori del territorio cinese dove il furto di proprietà intellettuale è meno probabile.
Opportunità e trend futuri
Il mercato farmaceutico cinese è fortemente frammentato: al momento, sono circa 4mila gli attori del settore. Inefficienza e mancanza di chiarezza hanno caratterizzato la sua natura spezzettata. Tuttavia è probabile che in futuro si assisterà a una spinta maggiore verso il consolidamento del settore, dal momento che gli attori più piccoli sono scaraventati fuori dal business e le aziende più grandi effettuano acquisizioni, ampliando le loro quote di mercato. Anche il governo è interessato all’accorpamento e ha introdotto standard di alto livello e ulteriori limiti agli ingressi. Uno dei possibili vantaggi di un maggiore consolidamento potrebbe essere l’aumento dei ricavi tale da favorire le attività di ricerca e sviluppo. Mentre potrebbe essere eliminato l’aggressivo sistema di appalto caratterizzato da una feroce offerta e taglio dei prezzi dal momento che scarseggiano i competitor.
Le normative del governo potrebbero anche costringere le multinazionali ad acquistare le più piccole aziende sul territorio nazionale, aumentando la propria presenza in Cina attraverso rapporti di partenariato. Queste fusioni potrebbero essere un modo per accedere ai segmenti di fascia più bassa dell’industria e per garantire guadagni di produttività. La Pfizer ha dato l’esempio creando un partenariato con la Hisun (produttrice di API) nel tentativo di aver accesso al mercato dei farmaci generici in Cina e alle capacità di produzione low-cost. Nonostante ciò, in assenza di riforme sostanziali sugli acquisti e sugli ospedali, il consolidamento porterà sicuramente a una concentrazione maggiore, anche se è probabile che un miglioramento in termini di efficienza sia minimo. Molti degli stessi problemi di controllo di qualità presenti in altri settori affliggono anche il settore farmaceutico cinese; l’industria farmaceutica non è esente dai paradigmi culturali alla base delle abitudini dei lavoratori. Non sorprende che i farmaci stranieri abbiano una più alta reputazione tra i cinesi e che siano più invitanti, ma il governo ha avuto un ruolo attivo nel cercare di modificare questa visione.
Entro il 2016 tutti i produttori di farmaci dovranno adeguarsi ai nuovi standard stabiliti nel 2011. Contemporaneamente, la SFDA, l’amministrazione statale per la supervisione dei generi alimentari e dei farmaci, ha avviato un processo di riforme per rendere le proprie politiche più trasparenti. La qualità dei farmaci dovrebbe quindi aumentare e sono molti i segnali che indicano una crescita anche nel campo della ricerca. Nel 2012 si è assistito al più alto numero di sottomissione di test clinici di nuovi farmaci nella storia della Cina, con una crescita stabile dal 2009. Ma cosa più importante, i test clinici del 2012 sono stati effettuati su 220 farmaci ‘capostipite’. Le aziende farmaceutiche cinesi hanno lanciato sul mercato 5 farmaci ‘capostipite’ nello stesso periodo. Seguendo il più recente piano quinquennale, il governo ha impegnato 110miliardi di yuan (12,3 miliardi di euro) nella ricerca tra il 2010 e il 2020. Viene incoraggiata anche la cooperazione tra le aziende estere e locali, con incentivi per favorire le fusioni e le acquisizioni con l’obiettivo di istituire dei centri di ricerca in Cina. Poche aziende cinesi hanno esportato farmaci in mercati esteri fortemente regolamentati, ma ci sono aziende leader come la Nantong Novast, che ha oltrepassato questa barriera, spianando la strada per il futuro. Nel futuro, sempre più aziende cinesi saranno in grado di esportare i propri prodotti verso mercati regolamentati. Ma in generale, c’è ancora molta strada da fare prima che le aziende farmaceutiche cinesi riescano realmente a competere con i rivali occidentali.
Nonostante i molti ostacoli che potenzialmente minacciano il settore biomedico cinese, esistono anche numerose opportunità di crescita. Tuttavia, gli investimenti devono essere fatti con giudizio, prestando molta attenzione ai farmaci in fase di sperimentazione delle aziende e alla sottomissione di test clinici dei nuovi farmaci. Le aziende ben avviate con prodotti diversificati che includono diversi prodotti ‘capostipite’ dovrebbero continuare a trarre beneficio dalla crescente domanda della popolazione cinese senza dover patire eccessivamente le politiche di regolamentazione del governo. I lanci dei nuovi prodotti e l’alto tasso di vendite dei farmaci esclusivi permetterà alle aziende di aggirare l’erosione dei prezzi previsti dalla EDL e dal sistema degli appalti. Un tipico esempio è la Sihuan Pharmaceutical che ha lanciato quattro potenziali farmaci di successo nei ultimi 18-24 mesi, ciascuno nella fase emergente e pronti per assicurarsi una forte crescita sul mercato. Inoltre, cinque tra le offerte sono prodotti esclusivi ed esenti dai limiti sui prezzi. Fondamentali per guidare la crescita anche modelli di vendita alternativi dal momento che le vendite al di fuori delle strutture ospedaliere non sono soggette agli stessi piani che determinano i prezzi di vendita.
Conclusioni
Mentre il settore farmaceutico cinese ha vacillato nella prima metà del 2013, sono molti i motivi per essere ottimisti, e gli analisti ritengono che la volatilità a breve termine darà la precedenza a un mercato al rialzo a lungo termine. Fino a non molto tempo fa gli analisti accoglievano positivamente il settore biomedico cinese, ma con il variare delle circostanze – in particolare l’intervento del governo – è stato subito chiaro che andando avanti il quadro sarebbe apparso sempre più confuso. Sulla base delle precedenti considerazioni, la chiave del mercato farmaceutico cinese sarà la capacità di creare nuovi farmaci ‘capostipite’, mirando alla ricerca e sviluppo. Le aziende che capire come farlo a costi ridotti vinceranno la sfida. Nel complesso, la Cina ha fatto enormi passi avanti nel settore della ricerca, aumentando il numero dei test clinici sui farmaci ‘capostipite’ a 36 nel 2012, un record assoluto per la Cina. Sarebbe una sfida continuare questo andamento con i protocolli degli appalti e i limiti delle EDL/RDL, mentre la migliore strategie sarebbe utilizzare lo slancio dell’industria biochimiche per portare alla luce nuove modalità di sviluppo di farmaci. Un investimento del genere costituirebbe un vantaggio sia per i consumatori che per le aziende, raggiungendo obiettivi di ricerca a prezzi inferiori e distribuendo i risparmi tra i pazienti.
*Elena Forchielli è Research Fellow di Osservatorio Asia
@Riproduzione riservata