Di Adolfo Tamburello
Napoli, 23 ago. - All'ambasceria britannica di Macartney seguiva nel 1795 quella espressamente "tributaria" della Compagnia delle Indie Orientali olandese guidata da Isaac Titsingh: Qianlong poteva dirsi pago degli ulteriori doni-tributi che festeggiavano il suo sessantesimo di regno. L'anno successivo per non superare il "secolo" del nonno Kangxi, abdicava formalmente e 'incoronava' il figlio Yongyan (1760-1820) che assumeva il nome di regno di Jiaqing, ma era semplice gesto o messinscena giacché continuava a regnare e governare da Augusto in ritiro, lasciando al figlio poco più dei cerimoniali del trono. Suo consulente primario rimaneva Heshen, che non perdeva mai la sua fiducia pur continuando a dar prove di manifesta corruzione negli affari di governo così come le aveva date e continuava a darle in ambiti militari e interventi di polizia con le sue reti di intrighi e malversazioni.
Heshen era un nobile mancese di bell'aspetto di elevata cultura e polilingue dal mancese al mongolo, al cinese e al tibetano, di modi gradevoli e affabili, di intelligenza perspicace e pronta simulazione. Avrebbe seguito nella tomba Qianlong nel 1699 a poca distanza da lui, invitato da Jiaqing a scegliere fra il darsi la morte o il salire sul patibolo condannato a morte lenta. Sceglieva la prima, e il Tesoro della Corona o l'erario dello Stato (non si è mai capito con chiarezza) confiscavano e recuperavano le fortune (di miliardi di oggi) che Heshen aveva incamerato nei cinque lustri che lo avevano tenuto al fianco di Qianlong. Molti erano stati i doni dello stesso sovrano; altri, i cumuli di beni e denaro frutti di regalie, tangenti, estorsioni, con gli immobili sparsi fatti di edifici, terreni, imprese le cui rendite gli erano servite per le spese correnti della manutenzione di palazzi e giardini, sfarzo di vita, periodici ricevimenti, 606 uomini al suo servizio e un gineceo di 600 donne.
Molti studiosi di oggi anche giustamente rilevano che Heshen ha rischiato di passare alla storia come il capro espiatorio di un sistema di corruzione a lui preesistente e in cui disinvoltamente si era inserito magari dilatandolo all'eccesso. La corruzione era montata effettivamente dai primi anni di Qianlong che, a differenza dell'avo e del genitore, aveva mancato di senso di misura, attenzione alle spese e ai conti, alla distinzione fra il "suo" e l'"altrui", spesso oltrepassando il legittimo e consentendolo ai suoi conniventi anche nell'appropriarsi di patrimoni e beni altrui mediante sequestri e confische. Lo sperpero l'aveva montato dagli anni '50, quando aveva cominciato a perdere i vecchi consiglieri del padre (fra cui il "buon" Ortai, 1677-1745) e fatto intraprendere dal 1747 la via delle armi dal Sichuan per ampliare i territori dell'impero fino a ingrandirlo sì a quello più grande del mondo, ma a costi troppo alti per le stesse bandiere mancesi, mongole o cinesi che vi erano destinate. A differenza dell'avo Kangxi non partecipò mai a qualche spedizione militare o azione di guerra e lasciò fare ai suoi generali, senza neppure affacciarsi nei lontani e spesso impervi fronti di battaglia per controllare di persona l'entità e la durata dei conflitti, l'ammontare delle truppe, delle cavallerie, del bestiame da soma realmente impegnato e le perdite complessive che ne seguivano. Sarà compito degli storici del domani anche quello di far conoscere i registri dei bottini di guerra seguiti alle popolazioni sterminate o asservite e le destinazioni che le confische avevano avuto fatta distinzione di quelle finite fra le "collezioni" di Qianlong.
Si erano aggiunte fra gli eccessi di spese quelle in occasione dei viaggi al Sud del sovrano coi suoi affollati seguiti e per donazioni ad accademie, altro mecenatismo, committenze e acquisti d'arte per il collezionismo suo e quello di parenti e amici e le alte remunerazioni per lo spionaggio improvvisato nelle singole località per tastare il polso della pubblica sicurezza. Mai che gli svaghi imperiali o le assenze da Pechino si traducessero in assenteismi di regno e governo: le massime cariche decisorie dello Stato lo seguivano sempre, ma lo seguivano e poco riuscivano ad affiancarlo o avere un dialogo con lui per gli imprevisti decreti che emanava. Come francamente ammetteva il suo primo ministro Yu Minzhong (1714-1779) che tra l'altro era senza parole per la mole di lavoro che il sovrano si sobbarcava da solo.
Molto Qianlong si era interessato durante quei viaggi anche di politica interna ed estera nei suoi mutui intrecci. Più versato per la giurisprudenza che per l'economia, dopo avere ultimato la codificazione imperiale, si era venuto occupando specialmente dei rapporti che gli europei arrivando a Canton dovevano avere con le controparti cinesi, Hoppo e Cohong, ed era lui a finire di regolamentarne minuziosamente già dagli inizi degli anni '60 compiti e responsabilità di entrambe le parti stabilendo Canton come unico porto internazionale di tutta la Cina marittima in frenetica crescita. Alle 19 navi solo europee presenti a Canton nel 1751 si era passati alle 81 delle Compagnie delle Indie Orientali del 1792. La Compagnia Inglese aveva cominciato a chiedere l'apertura di altri porti dal 1754. Nel 1784 era arrivata la prima nave battente bandiera statunitense.
Canton (e Macao) ricevevano le merci destinate al rifornimento locale e per l'esportazione sia dal vicino entroterra e sia dalle altre portualità della Cina. Queste erano però lasciate alle dogane dei governatorati provinciali, e le imprese di navigazione in stretta collusione con le alte burocrazie costiere locali intrecciavano una rete di traffici che cadevano presto sotto la gestione di organizzazioni piratesche e alcune di queste in combutta con la pirateria vietnamita fino a formare una vera e propria pirateria "sino-vietnamita".
Dalla metà degli anni '70, subentrato Heshen al fianco di Qianlong, anche la politica della Cina interna si prestava a una corruzione attraverso una burocrazia compiacente, questa agli ordini di Heshen e col sovrano forse all'oscuro: le opere 'pubbliche' passavano ad appalti di comodo per l'edilizia urbana e l'ingegneria civile per quella viaria e i piccoli e grandi interventi idraulici, le manutenzioni delle reti fluviali e dei canali d'irrigazione, argini e dighe, con riflessi gravi di alluvioni, danni all'agricoltura e malessere crescente di un vasto contadinato, appesantito nel frattempo di nuove esazioni fiscali che Heshen introduceva e progressivamente aumentava alterando le aliquote fiscali per le province cinesi rimaste immutate dal 1711 e appesantendole arbitrariamente per i territori di nuova annessione.
Tutte condizioni per far crescere il malcontento in rivolte, visto che già avvicinandosi gli anni Settanta si era verificato un calo nell'offerta dei generi alimentari un po' su tutto il mercato cinese e specialmente al nord e nel sud-ovest aumentavano le popolazioni che rinunciavano al riso e agli altri cereali per ripiegare su patate, altri tuberi e radici. Segno vistoso della crisi che si abbatteva erano i coltivi abbandonati e gli esodi di masse dalle campagne che tornavano a vedersi senza che le locali polizie potessero fermarli.
Il clima propizio a ridare potere alle sette più o meno segrete sempre in ombra favoriva i reclutamenti di folle di nuovi adepti che alimentavano i moti e le rivolte da quella già significativa dello Shandong del 1774 che fu considerata prodroma della ben più estesa e sanguinosa detta del Loto Bianco degli anni 1796-1804, che Qianlong morendo non vedeva ancora repressa.
Nel 1777 Qianlong aveva emanato il discusso decreto di escludere le armi da fuoco dai programmi d'esame per l'accesso alle carriere militari. Non si è informati se sia stato addebitato anch'esso a Heshen per avere lui agio di infiltrare propri elementi (per lo più mancesi) fra i nuovi quadri degli ufficiali; prevedibili le conseguenze che il provvedimento aveva sul militarismo Qing a breve e lungo termine e il gap tecnologico che approfondiva nella dotazione di armi e armamenti rispetto ai crescenti standard europei.
Quegli anni vedevano Qianlong sempre più impegnato nel Siqu Quanshu e nell'inquisizione politico-letteraria che l'accompagnava; al contempo il sovrano era alle prese con una riflessione di alto livello che lo portava a rivedere i precedenti giudizi espressi sul lealismo Ming, sui collaborazionisti cinesi della prima ora, sui successivi tradimenti dei "Tre Feudatari", fnalmente sull'onorabilità dei sudditi Ming che si erano astenuti dall'abbracciare il "doppio servizio". I temi erano l'argomento di due opere che coi titoli abbreviati di Erchen Zhuan e di Nichen Zhuan erano ultimate intorno al 1794 e sono state recentemente oggetto di studio di uno storico cinese di Hong Kong, Chan Wing-ming, che sull'argomento pubblicava due interessanti lavori, nel 2000 su Asia Major e nel 2003-4 su Orient Extremus, quest'ultimo oggi in rete.
23 AGOSTO 2017
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