Di Adolfo Tamburello
Napoli, 17 nov. - Al primo Ottocento varie cause promuovevano da tempo in Cina la crisi dell'argento, rimasto col rame uno dei due metalli con valore monetario. Una piacevole lettura in merito è l'articolo ora online che Il Sole 24 ore pubblicò il 18 novembre 2010 e intitolò "Quando i cinesi all'oro preferivano l'argento"; ne era autore il brillante storico italiano Carlo M. Cipolla (1922-2000) che tracciava una breve storia della moneta in Cina mantenuta su base dell'argento e non dell'oro.
Si sa che con le invenzioni della carta e della stampa la Cina fu la prima nazione al mondo a emettere valuta con "moneta volante" (fei qian), coniata dalle zecche di Stato almeno dal secolo XI e in circolazione fino al secondo Cinquecento, emessa dagli imperi seguiti al primo Song (960-1279). Attraversò pure l'esperienza di disastrose crisi inflattive e se, dal primo Quattrocento coi Ming (1368-1644), la banconota restò in uso per le transazioni correnti, fu man mano proscritta dai versamenti per i tributi che vennero imposti in argento in verghe. Lo stesso era disposto per l'acquisto del sale come genere di monopolio.
A differenza dell'Europa, l'argento non entrò mai in circolazione coniato, forse a evitare le alterazioni cui invece la moneta di rame fu sempre soggetta col degrado che il conio subiva ripetutamente nelle varie regioni per alleggerimento di peso, qualità e dimensioni. Va aggiunto che le zecche cinesi rimasero tenute sempre a immettere sul mercato enormi quantità di nuove monete sia per la crescita del circolante interno e nell'impero e sia per la fuoriuscita che le stesse subivano col loro uso condiviso in gran parte dell'Asia orientale. Il Giappone costituì per secoli il paradosso di fornire rame alla Cina per reincamerarne gran parte più o meno clandestinamente come moneta.
La Cina, nonostante le sue miniere sempre attive (con le più recenti aperte sotto il regno di Daoguang nel 1844 proprio per l'argento nel Sud-Ovest della Cina), non giunse mai a estrarre quantità sufficienti di rame e altri metalli (preziosi o meno) per la domanda interna e dipese sempre da quello che le forniva per l'acquisto dei suoi prodotti, oltre l'impero, l'estero: il Giappone, il Sud-Est Asiatico con l'India, poi il Messico e il Perù tramite il "Galeone di Manila" che collegava Luzon alle Americhe e dalle Filippine proveniva in Cina. Nel primo Ottocento l'importazione di metalli dal Giappone venne diminuendo per le restrizioni imposte dallo shogunato Tokugawa; quella dal Sud America si fece irregolare per le traversie che viveva l'impero ispanico, mentre quella attraverso la Compagnia olandese cessava col suo fallimento nel 1799, e rimaneva pressoché la Gran Bretagna con la sua Compagnia delle Indie a rifornire d'argento e altri metalli la Cina prelevandoli sia dalla madre patria e sia in crescendo da gran parte dell'India e del Sud Est Asiatico che venivano progressivamente a far parte dei suoi dominî. Al contrario la domanda d'argento nell'impero Qing si era molto accresciuta con la politica di espansione di Qianlong e l'annessione di popoli che tesaurizzavano enormi quantità del metallo per le loro gioiellerie femminili e maschili, ed erano anche loro a offrire oppio alla Cina in cambio d'argento. Questo era pure un paradosso quando si pensi che proprio la ricerca di risorse minerarie e di metalli era stata storicamente una delle spinte degli imperi n Cina alla conquista di nuove terre.
La crisi monetaria che culminava sotto Daoguang (1820-1850) aveva la causa precipua, a giudizio pressoché unanime degli storici, nel drenaggio d'argento a causa dell'oppio. Specialmente il Regno Unito ormai con gli Stati Uniti (e Macao nel giro) trovava nello smercio della droga l'escamotage di sostituire l'oppio all'argento per pagare tutte le merci cinesi destinate al mercato europeo e americano. Poca attenzione sembra sia stata data fino a oggi al secondo drenaggio d'argento che si aveva col surplus di valore che l'oppio raggiungeva in Cina al mercato al minuto e andava a capitalizzare le società "segrete" che col ricavato compravano armi e armamenti per preparare i moti eversivi che scoppiavano alla grande dal 1850 con la rivolta dei Taiping e altre. Dunque, non solo fuoriuscita d'argento per l'oppio.
Un terzo fattore di drenaggio era costituito dal deprezzamento che intanto subiva l'argento rispetto all'oro. Lo storico europeo che, a mia conoscenza, si diffondeva sul problema monetario cinese all'epoca fu Jacques Gernet nel suo Il mondo cinese (Einaudi 1978). L'autore scriveva: "La storia dell'argento nell'Asia orientale non ha ancora costituito oggetto di studi approfonditi. Tuttavia, l'uso di tale metallo come mezzo di pagamento, che è durato in Cina anche in piena epoca repubblicana (1912-49), è senza dubbio uno dei fattori del deperimento dell'economia cinese a partire dal momento in cui tale economia si è trovata in competizione con quelle a moneta aurea, divenendone sempre più dipendente. […] Nella misura in cui era relativamente abbondante e di valore stabile, a differenza della moneta di carta, l'argento si è imposto in Cina come mezzo di pagamento parallelamente alle monete di rame. […] Se la massa d'argento è aumentata, dimostrando l'arricchimento costante della Cina tra la fine del XVI secolo e la fine del XVIII, il valore di tale metallo ha tuttavia continuato a diminuire in rapporto a quello dell'oro. Mentre alla fine del XVI secolo l'argento conserva ancora l'alto valore avuto per tutto il periodo in cui il Giappone è stato nell'Asia orientale il principale esportatore di metalli preziosi (il rapporto oro argento è in quel momento di uno a quattro), a partire dal 1575 circa esso comincia a svalutarsi. Nel 1635, il liang d'oro vale già dieci liang d'argento. Il capovolgimento della bilancia commerciale della Cina verso gli anni 1820-25 coincide con l'inizio, sul mercato internazionale, di un nuovo deprezzamento dell'argento che precipita in seguito all'adozione del gold standard da parte delle potenze occidentali nella seconda metà del XIX secolo".
Dobbiamo chiederci a questo punto: quanto oro era tesaurizzato in Cina e pagato in argento?
L'aumento di valore che al contrario l'argento otteneva in Cina parallelamente alla sua fuoriuscita (e in contemporanea alla sua tesaurizzazione in oro) deprezzava la moneta di rame. Nei tempi in cui la circolazione monetaria era stata stabile circa 800 monete di rame valevano un liang d'argento di 36 grammi, detto poi comunemente tael dal malese. L'inflazione acuitasi al primo Ottocento rincarò l'argento fino al punto che per un tael bisognava versare a seconda delle regioni e degli anni fino a 1600-2000 monete di rame e più (addirittura fino a 2600). Da qui l'impoverimento progressivo della popolazione tenuta a versare in argento i tributi fiscali e a pagare in argento anche l'acquisto del sale mantenuto come genere di monopolio (quando non di contrabbando ma pure ad alti prezzi).
Il contrabbando si aggiungeva come importante fattore di riduzione delle entrate fiscali del governo e con l'ulteriore danno che provocava facendo capo ai poteri eversivi che già prima del 1850 armavano rivolte locali: la sola Triade sollevava nel 1820 quelle del Guangxi e 1826 di Taiwan, nel 1832 nel Guangdong e ancora a Taiwan, nel 1845 ancora nel Guangdong e successive. Si aggiungeva la recrudescenza della pirateria sino-vietnamita che dal 1833 riprendeva a bersagliare le coste cinesi.
A poco serviva il veto imposto da Daoguang quell'anno alla fuoruscita d'argento dalla Cina a pagamento dell'oppio. Il contrabbando rimaneva forte e non solo per l'oppio, e non era quel veto a provocare i primi bombardamenti inglesi alle fortificazioni di Humen sull'estuario del Zhujiang. Gli inglesi intendevano commerciare liberamente con la Cina e forzavano addirittura il loro impero britannico a far liquidare il monopolio della loro Compagnia delle Indie nel 1834 in nome del "libero commercio". Solo così potevano sperare che anche l'impero Qing ponesse fine al sistema di Canton col monopolio delle Cohong. Il Regno Unito sembrava accorgersi tardi che quel sistema "cinese" era stato costruito "ad hoc" per contrapporre le Cohong al mercantilismo delle Compagnie delle Indie europee con altrettanti diritti di commerci esclusivi e privilegiati.
Per quanto riguarda l'argento, le autorità provinciali e la corte di Pechino sperimentavano che recuperi di grandi quantità d'argento si avevano soffocando le rivolte coi conseguenti sequestri e confische di beni e sostanze. Ma occorrevano forze militari idonee e burocrati efficienti, non rimbecilliti dall'oppio.
17 NOVEMBRE 2017
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