di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 12 feb. - La Cina sta andando verso una nuova politica monetaria, più espansiva. Negli ultimi tre mesi, la banca centrale cinese ha prima tagliato a sorpresa i tassi di interesse, il 21 novembre scorso, e settimana scorsa ha tagliato di cinquanta punti base i requisiti di riserva delle banche per favorire il credito alle piccole imprese nazionali, due segnali che secondo la stessa banca centrale mirano a favorire le piccole realtà imprenditoriali del Paese, oggetto di diverse attenzioni anche da parte del governo. Quello che si sta delineando, sembra un ritorno a politiche monetarie espansive, anche se sempre "prudenti" come l'istituto diretto da Zhou Xiaochuan ripete in ogni comunicato, che potrebbero, però, avere un effetto diverso da quello annunciato.
Il Financial Times, in un articolo pubblicato ieri, parla addirittura di "quieta rivoluzione" della politica monetaria cinese, portata avanti dalla banca centrale cinese con l'aiuto di nuovi strumenti per fare crescere la liquidità. "Un cambiamento è emerso nel canale di rifornimenti della base monetaria", scrive in un comunicato la People's Bank of China (PBoC), senza scendere nei dettagli, ma tradotto in cifre l'operazione è di tutto rilievo: duemila miliardi di yuan (282,63 miliardi di euro al cambio attuale) iniettati nel sistema finanziario nel corso del 2014 attraverso diversi strumenti come le operazioni a mercati aperti e altre forme di prestito alle banche commerciali cinesi.
Cosa sta cambiando nella politica monetaria cinese, non solo al suo interno, ma anche in relazione alle pressioni esterne, come il quantitative easing della Bce? La manovra dell'istituto guidato da Mario Draghi ha destato più di una perplessità tra gli analisti sugli effetti che il qe potrebbe avere anche sul renminbi, e anche il primo ministro cinese, Li Keqiang, durante una riunione del Consiglio di Stato, il governo cinese da lui diretto, aveva apertamente detto che il quantitative easing varato dalla Banca Centrale Europea avrebbe reso "sempre più difficile" mantenere stabile la politica monetaria cinese. "Siamo di fronte a una nuova politica monetaria - ha spiegato ad agichina Michele Geraci, senior research fellow e capo del China Programme presso il Global Policy Institute di Londra - Dal taglio dei tassi effettuato a novembre 2014, la politica monetaria cinese si è trasformata in espansiva".
Esiste un collegamento tra il quantitative easing della Bce e il taglio dei requisiti di riserva obbligatori della banca centrale cinese?
Esiste una connessione, ma soltanto indiretta. Nel senso che entrambe le banche centrali sono intervenute per stimolare la crescita economica delle rispettive aree. Tuttavia, le modalità di intervento (Qe per la Bce e taglio dei Rrr per la PBoC) sono diverse, come diversi sono i tassi di crescita delle due economie, intorno al 7% in Cina, e praticamente zero in Europa.
La banca centrale cinese ha tagliato i tassi di interesse e i requisiti di riserva obbligatori (Rrr) delle banche in tre mesi, e secondo alcuni economisti, un altro taglio dei tassi di interesse è molto probabile. E' l'inizio di un nuovo maxi-stimolo per l'economia?
Siamo di fronte a una nuova politica monetaria. Dal taglio dei tassi effettuato a novembre 2014, la politica monetaria cinese si è trasformata in espansiva. Il recente taglio del Rrr è solo il secondo passo e mi aspetto un ulteriore taglio dei tassi a marzo. Non è però il classico "stimulus" eccezionale come è avvenuto all'inizio della crisi finanziaria, con l'aumento diretto della spesa governativa. Qui si tratta di un tipo di intervento più classico, e per questo, anche di più lungo termine.
Chi saranno i beneficiari delle ultime mosse della PBoC? Le piccole imprese - come spera il governo - o qualche altro attore?
Assolutamente no. Il paradosso del taglio dei tassi, o dell'abbassamento dello Rrr, al contrario delle credenze comuni, è che penalizza proprio le piccole imprese e favorisce le grandi imprese. In Cina non esiste un'analisi del rischio del debito, così come avviene nei Paesi avanzati. In Cina, quando un'azienda presenta un rischio maggiore, il prestito non viene erogato a un tasso di interesse più alto, così come dovrebbe essere per rispecchiare il maggiore rischio. Invece, il prestito non viene erogato affatto. E' come se il mondo delle imprese venisse diviso in due gruppi ben distinti: da un lato le aziende il cui profilo di credito è sufficiente a ottenere un prestito, e dall'altro lato, quelle aziende più rischiose a cui il prestito viene negato. Questo fenomeno avviene perché le banche cinesi erogano prestiti a un tasso che non si scosta molto dal tasso stabilito dalla banca centrale. Di conseguenza, più bassi sono i tassi di interesse, più sono le aziende che non soddisfano le condizioni minime di rischio, e queste aziende sono, quasi sempre, le Pmi.
Il renminbi è troppo forte in questo momento per la banca centrale cinese?
La tentazione di tenere basso il renminbi è molto forte da parte della PBoC. Anche questa sarebbe una politica di ritorno al passato, per favorire le esportazioni proprio nel momento in cui l'economia cinese tende a rallentare, e anche di molto. Tuttavia, la questione del valore del renminbi è un argomento più politico che economico. Non è chiaro quale sia l'elasticità della domanda dei prodotti cinesi al valore del cambio, ed è anche possibile che, dal momento che la Cina esporta prodotti di basso valore aggiunto, l'impatto del cambio sulle esportazioni nette sia piuttosto trascurabile.
Gli investimenti cinesi in Europa hanno toccato i 18 miliardi di euro nel 2014, raddoppiando il livello del 2013. Il rallentamento interno della Cina non ha intaccato gli interessi cinesi all'estero, e probabilmente li ha incentivati, secondo il Financial Times. E' così?
In un certo senso sono d'accordo con il Financial Times: quando le cose non vanno bene in casa propria, si tende a cercare opportunità di investimento altrove, e anche l'Europa, con la sua situazione economica disastrosa, può presentare alcune opportunità. E' anche vero che, spesso, gli investimenti outbound cinesi non sono sempre motivati da ragioni puramente economiche. Ma questo è un altro tema, delicato da trattare.
Secondo il vice governatore della banca centrale cinese, Yi Gang, l'economia interna è ora più sostenibile che in passato e i consumi sono in stabile crescita. E' della stessa opinione?
No. L'economia cinese, temo, diventa sempre più insostenibile ogni giorno. E' vero che i consumi crescono, ma non crescono abbastanza velocemente. Negli ultimi trenta anni i consumi sono cresciuti più lentamente del pil, causando appunto questo modello di crescita basato sugli investimenti, che sono invece cresciuti più velocemente del pil. E' vero che ultimamente questa tendenza decennale ha cominciato a mostrare una leggera inversione, il che darebbe ragione a Yi Gang, che però dimentica che proprio l'istituto per cui lavora, la banca centrale, ha cominciato questa serie di mosse monetarie espansive, di cui si è detto sopra, il cui scopo è proprio ri-stimolare gli investimenti. (Con i tassi e Rrr più bassi si presume che le grandi aziende avranno maggiore incentivo a investire e maggiore accesso al credito). Quindi, Yi Gang stesso ha proprio di recente attuato una nuova politica monetaria che rischia di annullare proprio quei piccoli segnali positivi di inversione degli ultimi mesi.
12 febbraio 2015
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