CINA E AFRICA SI INCONTRANO NEL "PARRUCCHIERE DI LI XIA"

di Giovanna Puppin*
*curatrice scientifica della conferenza internazionale "Red Lanterns Among Baobabs: Cina e Africa tra realtà e percezione", Ca'foscari Cinema e Dipartimento di Studi sull'Asia e l'Africa Mediterranea.
Venezia, 30 mar.- Una giovane donna entra in un negozio di acconciature e, poco dopo, ne esce sconsolata: la parrucchiera non è stata in grado di tagliarle - né tantomeno pettinarle - i capelli. Il motivo è semplice, come spiega lei stessa: "ta toufa hen qiguai" (i suoi capelli sono strani). Infatti, una delle due è cinese, l'altra è africana.
È proprio con la "piccola storia" di questo primo incontro tra Cina e Africa, descritta nel film Li Xia's Salon (2011), della regista sudafricana Omelga Mthiyane, che si è aperta la conferenza internazionale "Red Lanterns Among Baobabs: Cina e Africa tra realtà e percezione", tenutasi lo scorso 13 marzo, dalle ore 9.30, in Auditorium Santa Margherita, a Venezia. La realizzazione dell'evento è stata possibile grazie ad un finanziamento destinato alle attività autogestite degli studenti dell'Università Ca' Foscari, ottenuto dal gruppo studentesco Bachi da seta, con cui ho collaborato in veste di curatrice scientifica e relatrice. L'evento è stato patrocinato da Ca' Foscari Cinema e dal Dipartimento di Studi sull'Asia e sull'Africa Mediterranea.
Dopo l'inizio ai lavori di Roberta Novielli e Tiziana Lippiello, la sessione mattutina, intitolata "China and Africa: Gazing at Each Other", ha continuato ad affrontare il tema delle rappresentazioni e percezioni reciproche di Cina e Africa e si è conclusa con la proiezione dello slideshow "China in Benin", basato sull'omonimo servizio fotografico di Giulia Marchi, fotografa freelance ed ex cafoscarina, del 2009.
Seguendo l'ordine in cui è stata strutturata la giornata, nel primo intervento "Representing the African 'Other' in Italian and Chinese Advertising" mi sono concentrata sulla rappresentazione dell'"Altro" africano, mettendo a confronto alcune campagne pubblicitarie italiane e cinesi. Pur continuando a diffondere stereotipi molto simili a quelli che circolano qui in Italia, la pubblicità cinese sta lasciando spazio a nuove rappresentazioni degli africani, in particolare attraverso la scelta di testimonial pubblicitari che conferiscono un carattere globale ai prodotti "Made in China".
Winston Mano, University of Westminster, nella presentazione "Can Africa Embrace China? Framing China in Zimbabwean Newspapers" ha esposto i risultati di una ricerca condotta sui quotidiani The Herald e News Daily, mettendo in evidenza come la Cina ne esca rappresentata in maniera diametralmente opposta. La complessità dei rapporti Cina-Zimbabwe, che sembrava aver toccato l'apice nel 2008 con l'incidente della An Yue Jiang, nave cinese carica di munizioni per Mugabe, continua ancora oggi, anche attraverso numerosi episodi di cronaca, che richiamano una maggior attenzione per gli aspetti culturali.
Nel suo intervento "China's Promotion of Soft Power in Africa", Xiaoling Zhang, University of Notthingham, ha spiegato che la Cina è a conoscenza delle aspre critiche dei paesi occidentali in merito alle sue relazioni con l'Africa, proprio per questo sta investendo molto in external publicity. In particolare, lo studio della Zhang sull'immagine della Cina e dell'Africa nei media cinesi è stato condotto su tre siti in lingua inglese: China Daily, Xinhuanet.com e quello del Forum on China-Africa Cooperation (FOCAC): in misure diverse, i siti tendono tutti a prediligere forme di positive reporting anche se, in realtà, sono ancora molti i problemi da risolvere (in primis quello linguistico e comunicativo).
La sessione pomeridiana, "Cina e Africa: ieri, oggi...e domani?", ha visto l'alternarsi di interventi specifici sulle relazioni sino-africane, intervallati dalla proiezione del film "When China Met Africa" (2010), di Mark e Nick Francis, che descrive alcune delle problematiche sollevatesi con la presenza cinese in Zambia. Ilaria Micheli, Università Ca' Foscari e Università degli Studi di Trieste, ha strutturato il suo intervento dal titolo "Afriche contemporanee, tra tradizioni, evoluzioni e prospettive" come una sorta di viaggio all'interno del continente africano, riuscendo a rendere fede alla straordinaria varietà di lingue, tradizioni e culture, seguendo un ordine alternativo rispetto ai confini imposti ai singoli Stati, ma rispettoso delle specificità dell'Africa umana che vi abita, arrivando infine ad illustrare le problematiche - ma anche i buoni propositi - della contemporaneità.
Roberto Peruzzi, Università Ca' Foscari, nella sua "Breve introduzione alle relazioni tra Repubblica Popolare Cinese (RPC) e Africa" ha spiegato come le relazioni Cina-Africa, molto di moda in questi anni, non siano recenti: in realtà, c'è sempre stato un interesse strategico. In particolare, la retorica del "modello" pare essere una costante: inizialmente, la Cina ha studiato l'Africa come il "modello negativo" di ciò che le sarebbe potuto succedere; poi si è posta come il "modello positivo" per lo sviluppo dell'Africa, pur suggerendo priorità diverse (ad esempio, il nazionalismo rispetto al socialismo).
Riccardo Barlaam, giornalista de Il Sole 24 Ore, in "CinAfrica, il boom delle relazioni economiche dal 2000 ad oggi" ha fornito un quadro delle opportunità che offre il continente africano e che la Cina, per prima, è riuscita a cogliere: le ex potenze coloniali appaiono ancora interdette e stupite, soprattutto di fronte alla nuova, splendente sede dell'Unione Africana inaugurata a inizio anno e costruita interamente con fondi cinesi. Il Forum sino-africano, che si tiene ogni tre anni e segue ancora gli otto punti articolati da Zhou Enlai nel suo storico viaggio del 1963, ha giocato un ruolo fondamentale fino ad oggi, ma anche in futuro.
Irene Panozzo, Università degli Studi di Trieste, nel suo intervento "La Cina e il banco di prova sudanese" ha spiegato che i rapporti diplomatici tra i due paesi sono iniziati nel 1959, mentre quelli economici sono fioriti negli anni '90, grazie ad una convergenza di interessi: da un lato, la necessità della Cina di importare petrolio e altre risorse; dall'altro, la ricerca da parte del Sudan – al centro di sanzioni internazionali per il sostegno al terrorismo – di nuove modalità per riuscire a sfruttare la propria ricchezza. Le relazioni Cina-Sudan dimostrano il pragmatismo e la duttilità che la Cina ha avuto nell'istaurare rapporti con i singoli paesi africani. Ovviamente, la recente indipendenza del Sud Sudan (9 luglio 2011), apre un'altra pagina della storia.
Come dimostrato dai contenuti e dai numerosi spunti emersi durante la giornata, il dialogo tra Cina e Africa è iniziato, ma non senza problemi. Tra le domande sollevate dai tanti studenti che hanno preso parte alla giornata, una pare aver colto appieno il senso dell'evento: "Perché questa conferenza si sta tenendo proprio qui, in Italia, in questo preciso momento storico?". Proprio la necessità di portare avanti il dialogo, che merita di trovare altri spazi e interlocutori - Italia compresa - è stata colta dai Bachi da seta, che hanno deciso di dedicare a questo tema così attuale un'intera giornata, unica nel suo genere. Non solo perché ha dato voce a due relatori d'eccezione (provenienti dalle due aree geografiche direttamente interessate, Cina e Africa), ma ha anche ospitato un'ampia varietà di materiali audiovisivi, alcuni dei quali inediti in ambito accademico.
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