Pechino, 15 luglio - A pochi giorni dallo scandalo che ha colpito la Da Vinci Furnitures Ltd. - il più grande rivenditore cinese di arredamenti di lusso, accusato da un servizio della tv di stato CCTV di spacciare per made in Italy mobili fabbricati in Cina - la fondatrice e CEO di Da Vinci racconta la sua versione dei fatti ad AgiChina24. O, almeno, racconta una parte della sua versione, perché molti dettagli rimangono ancora avvolti nel dubbio e s'intuisce che Phua vorrebbe raccontare di più. Ma il nome del responsabile di quella che - a suo avviso - è una montatura, la signora Doris non riesce proprio a pronunciarlo.
Nell'inchiesta da cui è partito lo scandalo il proprietario di una fabbrica di Dongguan, la Changfeng, mostra alle telecamere come si svolgeva la truffa: i mobili fabbricati nel Guangdong venivano spediti in Italia e poi, con un passaggio doganale, riportati in Cina e venduti come Made in Italy. Che rapporti avete con la Changfeng?
Prima di tutto vorrei dire che l'uomo che nel filmato viene descritto come general manager della Changfeng non è il vero manager della ditta. E'vero: la mia società ha avuto dei rapporti con la Changfeng tra il 2002 e il 2005. In quel periodo ordinammo da lavoro dei pezzi d'arredamento della loro linea in stile italiano che vendemmo sotto un'altra delle nostre etichette, che si chiama Fulton, ma questi mobili non sono mai stati presentati, in nessun caso, sotto il brand Da Vinci, né sono mai stati spacciati come Made in Italy. È sempre stato molto chiaro che si trattava di arredamenti prodotti in Cina.
Successivamente, lo scorso anno, presentai il proprietario di Changfeng agli americani di Hollywood Homes, che cercavano un produttore cinese. Anche in questo caso era ben chiaro che i prodotti sarebbero stati etichettati come Made in China.
Sta dicendo che l'uomo che si presenta come general manager della Chuangfeng nel servizio della CCTV è un'altra persona? Ne ha le prove?
Esattamente. Si chiama Peng Jie, ma è semplicemente un agente, un venditore, e non il general manager. Noi di Da Vinci ne siamo certi, ma le prove le fornirà presto il vero general manager dell'azienda. Non possiamo farlo noi.
Nel filmato, però, l'uomo mostra delle fatture a vostro nome per milioni di yuan.
Le uniche fatture riguardano l'acquisto da Changfeng di alcuni tessuti per la ristrutturazione di un nostro showroom a Shenzhen. Possiamo fornire copia di queste fatture.
Perché un venditore dovrebbe fingersi general manager davanti alle telecamere?
Non ne ho idea. Forse perché gli agenti tendono sempre a enfatizzare ogni aspetto del loro lavoro.
Quindi Da Vinci non ha mai spacciato per Made in Italy prodotti fabbricati in Cina? Neanche per una distrazione?
Lo escludo nel modo più assoluto, e lo proveremo. Tutti i nostri acquisti dai fornitori italiani sono documentati.
Conoscevate la signora Peng, la donna che con le sue accuse ha avviato l'inchiesta della CCTV?
Sì, è stata una nostra cliente. Dopo aver acquistato mobili per il valore di milioni di yuan, ha deciso che non le piacevano più e non ci ha pagato. Abbiamo una causa per risarcimento danni in corso nei suoi confronti.
Peng sostiene che i mobili consegnati fossero dei falsi.
Ribadisco: lo escludo nel modo più assoluto.
Qualora fosse così, qualcuno vi ha accusato ingiustamente per rovinare la vostra immagine. È questa la vostra versione? E chi potrebbe avere interesse a farlo?
Non stiamo accusando i media cinesi di avere deliberatamente raccontato una storia falsa. Riteniamo che abbiano raccolto brandelli di informazione da diverse fonti, e queste informazioni fossero al 20% vere e all'80% false. E' vero che abbiamo collaborato con Changfeng, ma tutto il resto è falso.
Tra qualche mese avreste dovuto quotarvi in borsa, e alcuni dei fornitori italiani ipotizzano che siate stati colpiti per questa ragione: lo ritiene possibile?
Prima dobbiamo chiarire tutto, per ora la cosa più importante non è l'IPO, è recuperare la fiducia dei nostri clienti e dimostrare che non siamo coinvolti nella vicenda in alcun modo. Non possiamo essere così drastici, e dire che l'accaduto sia collegato alla nostra quotazione in Borsa. Non ho risposte su chi potrebbe avere interesse a rovinare la reputazione di Da Vinci.
Ma lei sostiene che alcune delle informazioni fornite dalla CCTV siano state fabbricate ad arte, se la vostra versione è corretta non può trattarsi solo di una sequela di errori.
Forse alcuni dei nostri concorrenti….
Chi?
Non dirò nulla di più su questo punto, almeno per ora.
di Antonio Talia
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