Cento scatti di Salgado sull'Africa al Binario 49
A Reggio Emilia il grande fotografo brasiliano espone 30 anni di reportage dal Continente

Reggio Emilia e il Brasile sono uniti da una storia di sogni, di valori condivisi, di battaglie per il bene comune grazie all’arte, ma non solo. È la storia di un progetto nato dalla collaborazione di protagonisti sconosciuti fino a pochi mesi fa, di destini molto diversi, distanti ma in fondo solo geograficamente.
Il progetto si chiama ‘Africa’: una retrospettiva dedicata a 30 anni di reportage del fotografo brasiliano Sebastiao Ribeiro Salgado, in anteprima nazionale a Reggio Emilia fino al 24 marzo. Cento scatti – di cui molti inediti in Italia – sono esposti al ‘Caffè letterario Binario 49’, in Via Turri, nel quartiere della stazione centrale, e in contemporanea nello ‘Spazio Gerra’ (Piazza XXV Aprile), luogo di innovazione e contemporaneità nel centro storico.
Pensare in grande
Ma facciamo un passo indietro. Siamo nel 2017, Khadijia Lamami e Claudio Melioli, due volontari dell’associazione Casa D’Altri a Reggio Emilia, si mettono in testa di portare nella loro città, nel famigerato quartiere della stazione, dove gestiscono il neo ‘Caffè letterario Binario 49’, una bella mostra fotografica, convinti che l’arte, la cultura, la bellezza siano, possano e debbano essere strumenti importanti anche di riqualificazione. E visto che sognare non costa nulla, tanto vale sognare in grande: per amore della sua opera, la scelta ricadde sul fotografo brasiliano Sebastiao Ribeiro Salgado. Claudio il Brasile lo conosce bene, ci ha vissuto dieci anni e ha conservato diversi contatti che saranno preziosi nel rilevare la sfida. Così ci provano e tramite le conoscenze brasiliane cercano di raggiungere il mitico fotografo.
“Nel messaggio, lanciato come una bottiglia nell'oceano, abbiamo parlato di noi, del quartiere, di quello che a questo quartiere è successo, di come lo vediamo, di come viene visto, di come ci piacerebbe che diventasse, del nostro impegno per riqualificarlo e portarlo al centro della città con iniziative culturali di qualità” dicono all’Agi Khadijia Lamami e Claudio Melioli.
I segnali del passato
“Era una domenica mattina, il 28 gennaio 2018. Il telefono squilla, vedo un numero estero, rispondo incuriosito. Dall’altra parte mi sento dire: buongiorno sono Sebastiao Salgado, scusami se ti disturbo. So che mi state cercando per fare qualcosa a cui tenete molto. Sono qui, ditemi” racconta ancora incredulo e commosso Melioli. Una conversazione di una quindicina di minuti durante la quale si crea subito empatia e sintonia, seguita da decine di mail, videochiamate, messaggi, sinceri, affettuosi e responsabili per decidere che la mostra si farà, per scegliere il tema e definire i dettagli organizzativi.

“Inizialmente Salgado ci aveva proposto ‘Exodus’, fotografie che raccontano tragedie datate ma ancora attuali: l’immigrazione, i campi profughi in più parti del mondo. Ma poi lui stesso ci disse: serve una cosa mai vista in Italia, un’anteprima nazionale per lanciare il messaggio con maggiore potenza. Per lui non c’era dubbio, a Reggio Emilia ci voleva ‘Africa’, per far capire che di quello che succede oggi c’erano già i segnali da decenni” prosegue Melioli.
Trent’anni di reportage
Così Salgado e la moglie, l’architetto Lelia Wanick Salgado, curatrice della mostra ‘Africa’, hanno regalato a Casa D’Altri, alla città di Reggio Emilia, 100 fotografie, 30 anni di reportage realizzati tra il 1973 e il 2006. Scatti in bianco e nero di grandi dimensioni – le più piccole sono un metro per un metro – che raccontano di disastri umani e ambientali sul continente. "E' un lavoro che rende omaggio alla mobilità come valore nella ricerca della libertà, che difende il diritto di spostarsi per cercarla altrove questa libertà" sottolinea Lamami.
“La sua coerenza ci ha colpito moltissimo, il suo rigore morale, il senso dell’impegno preso con se stesso e di riflesso con gli altri. Sin dall’inizio ci ha detto che stava dedicando tutte le sue energie all’Amazzonia, pertanto non voleva, non poteva prometterci la sua presenza a Reggio Emilia” aggiunge Melioli.
E la generosità della famiglia Salgado – calatasi nella realtà emiliana e capendola, pur vivendo dall’altra parte del mondo – non finisce qui. Oltre alle cento fotografie spedite gratuitamente, il figlio del maestro, Juliano Salgrado, si è reso disponibile a tenere un workshop di regia durante la mostra. Juliano è co-regista con Wim Wenders del documentario candidato all’Oscar 2015, ‘Il Sale della Terra’.
Tempi anticipati
Questa storia di sinergie e ponti tra mondi lontani ha altri protagonisti: una seconda associazione emiliana, ‘Innovazione Cultura Società’ (ICS), che gestisce lo Spazio Gerra al centro storico - collocato in un punto opposto della città rispetto a ‘Caffè letterario Binario 49’ - vicina a ‘Casa D’Altri’ per ideali e volontà di scambio reciproco. Senza dimenticare l'amministrazione comunale di Reggio Emilia che ha subito aderito al progetto con convinzione, dopo aver affidato due anni fa a 'Casa D'Altri', tramite bando, la gestione dello spazio diventato 'Binario 49'. In due anni è diventato un punto di riferimento nell’offerta culturale cittadina e un incubatore di economia solidale; per sostenere le sue attività, in occasione della mostra viene lanciato un crowdfunding.
"Avremmo potuto organizzare la mostra anche tra qualche mese, ma il deteriorasi del clima politico ci ha spinto ad anticipare i tempi. In particolare dopo la manifestazione contro l'immigrazione tenuta lo scorso novembre a Reggio Emilia da militanti di Forza Nuova, con lo slogan 'Rimpatrio Subito'. Si sono radunati in una piazza simbolo della città, intitolata a Domenica Secchi, luogo di memoria di una donna incita che nel 1943 protestò contro la guerra e venne uccisa dalla polizia" deplorano gli organizzatori della mostra 'Africa'.
“Salgado dice ai suoi allievi: ‘Fare belle foto non basta. Bisogna anche dare loro un senso’. Anche noi crediamo che sia importante dare un senso al nostro tempo e abbiamo deciso di impegnarci per condividere con chi verrà alla mostra il nostro sogno diventato realtà” concludono Khadijia Lamami e Claudio Melioli, alla guida dell’associazione costituita da dieci soci volontari, tra cui alcuni migranti, tutti in prima linea nella gestione delle numerose attività proposte dal caffè letterario emiliano.
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