Comprare libri e vestiti ai figli non è una scusa per non pagare l'assegno di mantenimento

Gli acquisti non rendono meno grave il mancato versamento dell’assegno di mantenimento fissato dal Giudice della separazione. E questo perché sono proprio il sintomo della capacità economica di quel genitore e quindi della possibilità di far fronte al proprio obbligo

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Roy Morsch / Agefotostock / Agf 
Un papà fa acquisti con la figlia

Se a un genitore venisse in mente che comprare ogni tanto cibo, vestiti e libri per i figli possa esonerarlo legittimamente dal pagare l’assegno di mantenimento stabilito per la prole dal Giudice della separazione, è meglio che cambi idea.

La Cassazione, sul punto, è stata chiara: va condannato penalmente per violazione degli obblighi di assistenza familiare non solo il genitore che non paga l’assegno di mantenimento per i figli, ma anche quello che sostiene di non averlo fatto per una precisa ragione che riposa nell’aver provveduto direttamente ogni tanto a fare acquisti per la prole (Cass. Sez VI penale, sentenza 28/5-27/6 2019, n. 28250).

Tali acquisti non rendono infatti meno grave il mancato versamento dell’assegno di mantenimento fissato dal Giudice della separazione. E questo perché gli acquisti sono proprio il sintomo della capacità economica di quel genitore e quindi della possibilità di far fronte al proprio obbligo.

Nel caso esaminato dalla sentenza, a inchiodare un uomo è stata anche la testimonianza resa dalla ex moglie che ha rappresentato le condizioni di estremo disagio in cui si era venuta a trovare la figlia minore dopo la separazione dei genitori, tanto che la madre era riuscita a far fronte allo stato di assoluta indigenza solo grazie ai soldi derivanti dai lavori domestici da lei effettuati.

La ragione della condanna è chiara. Quando il Giudice della separazione stabilisce un assegno di mantenimento per la prole da versarsi (quasi sempre) alla madre nell’interesse dei soli figli, la madre fa affidamento sul fatto che quell’importo arrivi effettivamente ogni mese. La signora fa quindi programmi di spesa per i figli, destinati a sballare completamente se i denari poi non arrivano. Arranca quindi inventandosi lavoretti per sopperire come può alle mancanze dell’ex marito, il quale talora - come il padre di questa sentenza – cerca di aggirare il problema: siccome talvolta compro direttamente cose per i figli, non sono tenuto a pagare l’assegno di mantenimento per i ragazzi.

Peccato che spesso le cose acquistate da chi non lo fa con una certa consuetudine incappino in certe situazioni per così dire spiacevoli, lamentate poi agli avvocati: “il mio ex marito ha acquistato 8 tutine per nostro figlio, peccato fossero tutte troppo piccole e quindi inutilizzabili, e ora dice che non pagherà la sua quota del nido”; “il padre, di testa sua, ha comprato per nostra figlia due abiti ‘di marca’ che rendono sì contenta la ragazza, ma son costati un occhio della testa; e ora mi ha preannunciato che non pagherà l’assegno per lei per tre mesi per compensare l’emorragia di denaro”.

La casistica sulla questione è amplissima e piena di aneddoti.

Dunque, quando un Giudice stabilisce un assegno di mantenimento a favore di un figlio da corrispondersi all’ex coniuge, si tratta di un obbligo giuridico, che riposa su ragioni ben precise. E quando tale obbligo viene violato è giusto sanzionarlo.    

 



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