Chiese prive di decorazioni e niente messa di mezzanotte: sara' un Natale blindato e all'insegna del lutto quello delle comunita' cristiane che vivono in Iraq. Una decisione voluta dalla Conferenza episcopale irachena in ricordo delle 46 vittime della cattedrale di Baghdad, uccise il 31 ottobre scorso da un commando di terroristi. Ma anche una scelta obbligata a causa del clima di paura e insicurezza che regna nel Paese dopo il turbine di attacchi diretti contro i fedeli. Una situazione che ha spinto organizzazioni internazionali come Amnesty a lanciare un appello al governo iracheno affinche' difenda i cristiani nel periodo natalizio, durante il quale Al Qaeda - che li ha definiti 'bersagli legittimi' - potrebbe tornare a colpire.
Il braccio iracheno dell'organizzazione di Osama Bin Laden, lo Stato islamico dell'Iraq, ha gia' lanciato nuove intimidazioni attraverso alcuni siti internet, avvertendo che "gli attentati non sono finiti". L'arcivescovo caldeo di Kirkuk, Louis Sako, ha ricevuto una lettera in cui i mujaheddin promettono di "far pagare ai cristiani un prezzo altissimo" se non saranno "liberate due sorelle egiziane convertite a forza al Cristianesimo": la minaccia e' di ripetere a Kirkuk il bagno di sangue della vigilia di Ognissanti. Percio' i leader religiosi hanno deciso, per la prima volta dalla guerra del 2003, di cancellare le funzioni di mezzanotte e qualsiasi cerimonia pubblica. Il governo di Baghdad ha varato un piano straordinario di sicurezza, con un massiccio dispiegamento di forze di polizia vicino ai luoghi sacri e telecamere dentro le chiese. Intorno agli edifici di culto, inoltre, e' iniziata la costruzione di muri di cemento. Moltissimi cristiani sono gia' fuggiti verso la piana di Ninive, in Kurdistan oppure all'estero. Il 25 dicembre, tuttavia, non rinunceranno a recarsi in chiesa per assistere alla messa. E proprio la cattedrale di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad, sfregiata dall'attacco terroristico, sara' il fulcro delle celebrazioni natalizie. Ogni giorno decine e decine di persone entrano per accendere un cero per le vittime o per rendere omaggio alla cripta, sotto l'altare, dove sono sepolti i due sacerdoti trucidati dai qaedisti. Per questo, la Curia ha deciso di non procedere ad alcuna riparazione durante il Natale, lasciando che la chiesa diventi un vero e proprio santuario in memoria dei martiri cristiani. Durante le funzioni di Natale verranno anche letti i messaggi di solidarieta' inviati ai caldei iracheni dalle parrocchie e dalle associazioni religiose italiane: "vi ammiro per il coraggio che le vostre comunita' dimostrano", ha scritto Mons. Raffaele Nogaro, vescovo emerito di Caserta, mentre Candido Coppettelli - Presidente dei Cinecircoli Giovanili della Don Bosco - ha dedicato un augurio speciale "ai giovani testimoni di pace". "Un senso di tristezza e di lutto prevale fra i fedeli - ha confessato Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk - Per la prima volta dalla guerra abbiamo deciso di non celebrare la messa di mezzanotte. Non vi sara' alcuna festa. Babbo Natale non arrivera' per i bambini. Non vi saranno cerimonie ne' auguri delle autorita'. Non abbiamo il diritto di mettere in pericolo la vita della gente. Tutte le nostre chiese sono difese da guardie ma quando i fedeli escono in strada, diventano un bersaglio molto facile". Malgrado cio', ha voluto sottolineare il vescovo, "questo Natale pregheremo per la pace" poiche' "dobbiamo essere portatori di pace e costruire armonia tra i fratelli e le sorelle irachene".
La scorsa settimana la Conferenza episcopale si e' riunita ad Erbil, nel Kurdistan iracheno, e ha deciso di limitare le celebrazioni natalizie alla sola liturgia. Le messe, per ragioni di sicurezza, verranno officiate soltanto di giorno mentre si cerchera' di evitare qualsiasi assembramento per le strade: un'occasione che potrebbe rivelarsi assai pericolosa visto l'allarme attentati che incombe sul Paese. E proprio in vista del pericolo che corrono i cristiani, Amnesty ha lanciato un appello al governo iracheno chedendo piu' protezione. "Gli attacchi ai cristiani e alle loro chiese si sono intensificati nelle scorse settimane - ha avvertito il direttore della sezione per il Medioriente e il nord Africa - Il nostro timore e' che i terroristi stiano progettando gravi attacchi contro i fedeli durante il periodo natalizio per ottenere il massimo della pubblicita' possibile e mettere in imbarazzo l'esecutivo". "La protezione delle chiese e dei cristiani e' stata indicata come una priorita' nel programma di governo che il premier Nouri al-Maliki ha illustrato al Parlamento in occasione del voto di fiducia", ha comunicato all'AGI l'ambasciatore iracheno presso la Santa Sede, Habeeb Al-Sadr. Numerose le misure di sicurezza varate in occasione del Natale, come il rafforzamento dei controlli ai confini "per evitare che i terroristi si infiltrino nel territorio iracheno". Inoltre, ha proseguito l'ambasciatore, "e' previsto un massiccio dispiegamento di forze di polizia in corrispondenza di chiese e monasteri. Infine, negli edifici di culto e' stato installato un sistema di videosorveglianza, con telecamere che monitoreranno minuto per minuto cio' che avviene all'interno".
Intanto, nelle citta' piu' a rischio come Baghdad e Mossul, le autorita' hanno deciso di erigere dei muri di cemento intorno alle chiese: una soluzione che non piace a molti cristiani, come conferma padre Giorgio Jahola, originario di Mossul. "Ci stanno mettendo in gabbia - fa notare il sacerdote all'AGI - Un Governo che pensa di proteggerci in questa maniera non e' in grado di guidare il Paese". Anche per questo numerosissimi cristiani hanno gia' deciso di abbandonare le loro case verso luoghi piu' sicuri. L'Alto Commissariato Onu per i rifugiati ha denunciato un esodo "lento ma costante" di migliaia di fedeli che da Baghdad e Mossul fuggono verso la piana di Ninive, tradizionalmente abitata da cristiani, o verso il Kurdistan. Anche nei campi profughi in Siria e in Giordania sono arrivati centinaia di iracheni che chiedono protezione e ospitalita'.
"Circa 100 persone al giorno vengono in Curia a chiederci i documenti relativi al matrimonio per poi fuggire via", spiega all'AGI padre Aisar Saaed, sacerdote della cattedrale di Baghdad assalita dai terroristi. "Hanno molta paura anche perche' la situazione, da quella domenica di sangue, non e' migliorata affatto". Il braccio iracheno di Al Qaeda, infatti, e' tornato a seminare il terrore in questi giorni, attraverso un messaggio rivolto ai cristiani e pubblicato su alcuni siti internet. "Non illudetevi. Gli attacchi non sono finiti": questa la minaccia dei qaedisti, secondo quanto riferisce padre Saaed. Nel mirino dei terroristi anche la comunita' caldea di Kirkuk, nel nord del Paese. L'arcivescovo Sako ha rivelato di aver ricevuto una email di minaccia dallo Stato islamico dell'Iraq, in cui i terroristi promettono di ripetere nel Kurdistan quanto avvenuto a Baghdad se non verranno "liberate le due sorelle egiziane convertite a forza al cristianesimo". Si tratta di Camilia Shehata e Wafa Constantine, che secondo i terroristi avrebbero abbracciato l'Islam ma sarebbero rinchiuse in un monastero copto. L'ultimatum fu lanciato durante l'attacco alla chiesa della capitale irachena e prontamente respinto dal governo egiziano. Malgrado il clima di intimidazione, i negozi hanno cominciato a esporre oggetti natalizi e alcuni piccoli alberi decorati hanno fatto la loro timida comparsa, sebbene le vendite siano calate drasticamente. Nelle case, le famiglie cristiane non rinunciano a preparare i tradizionali Kulaicha, dolci di farina infarcita di noci. Ma, soprattutto, la paura non impedisce di recarsi nelle chiese entrate nel mirino di Al Qaeda. Nella cattedrale di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad, ogni giorno una cinquantina di persone frequenta la messa mattutina, al pomeriggio sono anche 100.
L'interno dell'edificio reca ancora i segni delle sparatorie e delle esplosioni nelle 5 ore in cui in cui la cattedrale fu occupata dai terroristi. "Non ripareremo nulla, almeno per il Natale - assicura il sacerdote - poiche' questa chiesa si e' gia' trasformata in un santuario. I cristiani arrivano qui per conoscere i luoghi in cui si e' consumato l'attacco. Si fermano a pregare e ad accendere ceri per i martiri. Si inginocchiano davanti alla cripta, sotto l'altare, dove sono sepolti i due sacerdoti uccisi il 31 ottobre, padre Waseem e padre Thair", morti insieme ad altri 44 cristiani. Una sorta di silenzioso pellegrinaggio nato naturalmente e quasi "per miracolo", riflette padre Saaed. E questo, conclude, "e' certamente un segno di speranza".
Dicembre 2010