Le aree montane italiane possono battere la crisi puntando sullo sviluppo dei prodotti tipici e di qualita'. Ne e' convinto Massimo Romagnoli, presidente dell''Ente italiano della montagna che nel corso del convegno "Salviamo una montagna di sapori" ha assunto l'impegno di "trovare le risorse necessarie" per promuovere l'agroalimentare montano e far conoscere i tesori della tradizione "non solo a livello nazionale ma mondiale". L'interesse per i prodotti della montagna e' crescente - ha affermato Romagnoli - ma la loro valorizzazione richiede investimenti, nazionali e comunitari, attualmente insufficienti: il federalismo fiscale e la riforma del bilancio comunitario impongono all'Ente di "attrezzarsi per approfondire la conoscenza degli strumenti" a disposizione. I prodotti agroalimentari locali - ha osservato il direttore generale dell'Ente, Anna Giorgi - hanno un valore strategico su cui bisogna investire, puntando a stimolare i giovani perche' tornino alla montagna, dotati pero' degli strumenti piu' avanzati: "La montagna deve diventare un contesto appagante per chi ci vive e per chi lo visita" e questo e' possibile solo "dando voce e risposte al territorio". Per trattenere i giovani - ha fatto notare Giacomo Elias coordinatore scientifico del progetto Fimont sui prodotti agroalimentari trazionali della montagna italiana - serve in primo luogo il supporto dell'amministrazione pubblica che deve tradursi in servizi efficienti. La stessa efficienza - ha tenuto a sottolineare - va garantita anche al mondo della ricerca, che si scontra con le lungaggini burocratiche e con i ritardi dei pagamenti.
Nel corso del convegno, a cui e' intervenuta anche l'attrice Maria Grazia Cucinotta, sono stati presentati cinque casi studio utili a produrre una "metodologia d'azione" per valorizzare i prodotti agroalimentari della montagna: le erbe officinali della Valle Camonica, la toma della Valsesia, la pecora sopravissana, il pane con le patate della Garfagnana, il noce di montagna. Prodotti che, curando la filiera e intraprendendo appropriate azioni di sviluppo, hanno un mercato garantito. Dallo studio Fimont emerge infatti che i prodotti erboristici e fitoterapici hanno registrato un'impennata legata all'affermarsi di stili di vita "salutisti": il consumo annuo di erbe officiali (prodotto grezzo) si aggira intorno alle 25 mila tonnellate ma solo il 10% e' coperto dalla produzione nazionale. Inferiore alla domanda anche la produzione di toma, specialita' di pochi artigiani, e l'allevamento di pecore sopravissane, la razza tipica dell'Italia centrale che ora e' in via di estinzione e lascia aperte le porte agli agnelli importati dall'Europa orientale. Anche le noci dell'Appennino e il pane alle patate della Garfagnana avrebbero le caratteristiche per essere apprezzate da una cerchia ampia di consumatori, se solo venissero inserite nei circuiti del turismo enogastronomico. Per tutti questi prodotti il progetto Fimont ha evidenziato i legami con la conservazione della biodiversita' (naturale e sociale), le ricadute turistiche, la salvaguardia del paesaggio naturale (come quello del Regio Tratturo costellato dai noci), fino al recupero di edifici di interesse storico (come nel caso delle malghe piemontesi dove nasce la toma).
Favorire i prodotti tradizionali - hanno affermato i relatori del convegno - significa salvare un pezzo della nostra storia, del nostro paesaggio e della nostra cultura, lasciando ai giovani la prospettiva di far rivivere la montagna nel rispetto dell'ambiente e in nome di uno sviluppo sostenibile. Primo strumento gia' realizzato e' il navigatore satellitare dei prodotti tipici italiani, il "WebGIS", che permette la consultazione geografica di quasi 4.500 prodotti tradizionali attraverso il computer. L'idea - ha detto Rosanna Farina, responsabile per l'EIM del progetto e coordinatrice delle Unita' Operative - e' di caratterizzare geograficamente, attraverso mappe dinamiche, ogni singolo prodotto del territorio interessato". "Siamo solo all'inizio di un lungo percorso, che punta alla valorizzazione delle attivita' tradizionali agricole di montagna e delle imprese agroalimentari", ha detto Romagnoli. L'obiettivo - ha sottolineato Giorgi - e' creare una rete tra gli attori del territorio, creare circuiti di informazioni, capaci di "dare voce alle istanze della gente che vive nelle aree montane" e divulgare le esperienze che si sono dimostrate efficaci.
Febbraio 2010