(di Daniele Atzori)
Il movimento islamista dei Fratelli Musulmani, fondato in Egitto da Hasan al Banna nel 1928, sta attraversando una delle crisi piu' complesse della propria storia. Drammatiche lotte interne stanno lacerando l'organizzazione, in particolare in Egitto e in Giordania, due paesi nei quali la sua presenza nella societa' e' capillare, grazie al controllo di un vasto network di scuole, ospedali e altre attivita' economiche.
In Giordania, la crisi investe in particolare l'Islamic Action Front Party, l'ala politica dei Fratelli Musulmani. In questo paese, il movimento islamista ha sempre operato legalmente, senza conoscere ondate di repressione come nell'Egitto di Nasser, negli anni '60, e nella Siria di Assad, nei primi anni '80. Al contrario, i Fratelli Musulmani giordani avevano sviluppato uno stretto rapporto con la monarchia hashemita, contribuendo a sedare l'irredentismo palestinese in Giordania, in particolare durante il tragico conflitto del 1970, la cui fase piu' acuta e' nota come "Settembre Nero". L'Islamic Action Front Party, l'espressione politica dei Fratelli Musulmani, e' stato fondato nel 1992 e ha partecipato pienamente alla vita politica giordana, costituendo la principale forza di opposizione in Parlamento. Ben presto, pero', il movimento nel suo insieme si e' dovuto confrontare con la decisione del governo giordano di firmare gli accordi di pace tra Giordania e Israele del 1994.
Il partito si e' quindi diviso in due fazioni: se i "falchi" sostenevano la necessita' di un sostegno piu' organico alla causa palestinese e ad Hamas, le "colombe" avevano un atteggiamento piu' moderato e lealista nei confronti delle scelte del governo giordano. In altre parole, se i "falchi", prevalentemente sostenuti da cittadini giordani di origine palestinese, appoggiavano l'Islam radicale e militante di Hamas, le "colombe" si ponevano in continuita' con la tradizionale scelta dei Fratelli Musulmani giordani, basata sul pacifico rapporto con la monarchia hashemita che regna sulla Giordania. Le "colombe", in sostanza, sembravano incarnare la possibilita' di una "via nazionale all'islamismo", cioe' di un partito politico conservatore e moderato di ispirazione islamista. La lotta interna tra le due componenti ha lacerato, negli anni, il movimento, raggiungendo proprio in questi giorni uno dei suoi momenti piu' drammatici.
L'Islamic Action Front Party, l'ala politica dei Fratelli Musulmani, e' dilaniato da lotte intestine per eleggere il suo prossimo segretario generale. I "falchi" vogliono imporre a tutti i costi il proprio candidato, il conservatore Zaki Bani Rashid, mentre le "colombe" nei quadri del partito hanno minacciato dimissioni in massa se Zaki sara' eletto. In questo caso, vi sono fondati timori che il partito islamista possa coltivare rapporti sempre piu' stretti con Hamas, accentuando quindi la conflittualita' con il governo giordano. Cio' che e' certo, e' che la crisi dei Fratelli Musulmani e' spesso percepita, nella societa' giordana, come una lotta per le poltrone, che sta quindi minando la credibilita' del movimento.
In Egitto, il movimento dei Fratelli Musulmani e' formalmente illegale, nonostante suoi rappresentanti siedano in Parlamento come indipendenti, costituendo da soli il principale gruppo di opposizione con un quinto dei parlamentari. Il movimento e' stato attraversato da una crisi molto simile a quella che sta ora turbando la sezione giordana. A gennaio, il sessantaseienne Mohammed Badie, appartenente alla fazione conservatrice, e' stato eletto alla guida dell'organizzazione. Il precedente leader, Mohammed Mahdi Akef, era stato il primo, nei piu' di ottanta anni di storia del movimento, a dimettersi, in seguito al suo fallito tentativo di includere all'interno degli organismi dirigenti elementi piu' giovani e moderati, che sostengono la necessita' di dialogare con altre forze politiche e sociali. Le dimissioni di Akef e l'elezione di Badie rappresentano quindi una vittoria degli elementi piu' conservatori. La radicalizzazione dei Fratelli Musulmani ha provocato la reazione dello stato egiziano: a febbraio, le autorita' hanno infatti risposto arrestando per due mesi alcuni dirigenti islamisti, tra cui il numero due del movimento, il neo-eletto Mahmoud Ezzat, con l'accusa di essere coinvolti in attivita' politiche proibite, dal momento che i Fratelli Musulmani sono, in Egitto, formalmente illegali dal 1954. Se il governo egiziano accusa i Fratelli Musulmani di coltivare progetti eversivi, in particolare di organizzare campi di addestramento, i Fratelli Musulmani affermano che l'accusa e' solo un pretesto per indebolirli, in vista delle elezioni parlamentari che si terranno a breve in Egitto. I timori dello stato egiziano hanno probabilmente contribuito alla recente decisione del Parlamento di rinnovare le leggi speciali, in vigore da quasi trent'anni. Le opposizioni sostengono che questa legislazione sia in realta' finalizzata a reprimere il dissenso.
Le divisioni dei Fratelli musulmani in Egitto e in Giordania riflettono una profonda crisi del movimento, diviso tra chi desidera traghettare il movimento islamista verso un percorso moderato, sulle orme dell'AKP del primo ministro turco Erdogan, e chi invece opta per una radicalizzazione, sul modello di Hamas. Infatti, una fazione del movimento e' ancora imbevuta della retorica rivoluzionaria che, dalla Rivoluzione Iraniana del 1979, arriva fino ad Hamas ed Hezbollah. Un'altra componente, giovane e riformista, sembra invece volersi liberare del massimalismo e afferma di voler partecipare alla costruzione democratica di un nuovo Medio Oriente. Entrambe le opzioni sono, per ora, aperte.