HUGO CHAVEZ, L'AMICO DEGLI ARABI

HUGO CHAVEZ, L'AMICO DEGLI ARABI

Il Presidente venezuelano Hugo Chavez e' stato definito da Al Arabiya "un eroe per gli Arabi che resistono all'occupazione". Niente di nuovo sotto il sole: il leader sudamericano gode da tempo di grande apprezzamento presso l'opinione pubblica araba. Ma la sua intransigenza contro l'offensiva israeliana a Gaza ha fatto ulteriormente lievitare il suo indice di gradimento. Il presidente del Venezuela ha attaccato con forza Israele e gli Stati Uniti, accusandoli di perpetrare un "olocausto" del popolo palestinese. Inoltre, secondo Chavez, Israele non sarebbe altro che il "braccio armato" degli americani. Nicolas Maduro, ministro degli Esteri venezuelano, ha rincarato la dose, affermando che Israele e' governata da criminali. Ma Chavez non si e' limitato alle parole: il 6 gennaio ha espulso l'ambasciatore israeliano dal Venezuela, galvanizzando una parte del mondo arabo e islamico. Non pochi hanno paragonato la debolezza delle posizioni assunte dai propri governi con quella che Hamas ha definito la "coraggiosa decisione" di Chavez.

Anche il movimento libanese Hezbollah ha esortato i governi arabi a seguire l'esempio di quello venezuelano. Il sindaco della cittadina di Al Masar, in Cisgiordania, ha proposto di insignire Chavez della cittadinanza palestinese, in modo da poterlo eleggere nuovo presidente della Palestina. Il parlamentare kuwaitiano Waleed al-Tabtabai ha proposto di spostare la sede della Lega Araba dal Cairo a Caracas, affermando che Chavez si e' dimostrato "piu' arabo di tanti arabi", come riporta l'agenzia francese AFP. Al Arabiya riporta anche che la cittadina di Bireh, nel nord del Libano, ha dedicato una strada a Chavez perche' avrebbe ridato speranza a chi affronta "l'entita' sionista". Sempre AFP riporta una dichiarazione dell'esponente religioso sunnita Bilal Rifai che ben sintetizza un comune sentire di molti: "Non abbiamo una relazione diretta con Chavez. Non abbiamo la stessa religione. Non parliamo la stessa lingua. Ma lui condivide il nostro dolore e cio' merita la nostra stima e il nostro rispetto." Non c'e' quindi da sorprendersi se numerose ritratti di Chavez e bandiere venezuelane hanno colorito le manifestazioni anti-israeliane nei territori palestinesi, in Libano e in Giordania.

Sulle orme di Chavez, anche il Presidente boliviano Evo Morales ha annunciato di voler interrompere le relazioni diplomatiche con Israele, guadagnando una discreta visibilita' e simpatia nei media arabi. La risposta di Israele a Chavez e' stata altrettanto netta: Roland Betancourt, ambasciatore del Venezuela in Israele, e' stato infatti dichiarato "persona non grata" in Israele, invitato pertanto a lasciare il Paese. Il 31 gennaio il quotidiano israeliano "Jerusalem Post" ha intitolato il proprio editoriale "Al popolo del Venezuela", dimostrando la propria preoccupazione per la crescente tensione tra i governi dei due paesi, e in particolare per le sorti della comunita' ebraica del paese sudamericano. Il quotidiano riporta il comunicato ufficiale venezuelano che ha definito la reazione della diplomazia israeliana "debole, in ritardo, e in ogni caso un onore per noi… Siamo orgogliosi del fatto che Israele, guidato da criminali, abbia preso questa decisione". Il "Jerusalem Post" riporta anche una dichiarazione di Chavez del 2002, nella quale accusava un complotto sionista organizzato dal Mossad di aver attentato alla propria vita. Cita poi gli auguri di Natale del 2005 di Chavez, nel quale il presidente venezuelano accusava "alcune minoranze, discendenti degli stessi che hanno ucciso Cristo" di aver preso nelle proprie mani tutta la ricchezza del mondo. Inoltre, Chavez e' ricordato per i rapporti di amicizia con diversi leader del mondo islamico, tra cui Gheddafi, che gli consegno' nel 2006 un premio per i diritti umani, e Ahmadinejad, che lo ha definito un "compagno di trincea".

Sono proprio i rapporti tra Chavez e Ahmadinejad, considerato tra i principali finanziatori di Hezbollah e di Hamas, a preoccupare di piu' Israele, e non solo. Questi timori hanno spinto il Ministero degli Esteri venezuelano Nicolas Maduro a smentire pubblicamente che il proprio governo sia antisemita e ad affermare di non avere relazioni ne' con Hamas ne' con Hezbollah, come riporta AFP. In ogni modo, le preoccupazioni della comunita' internazionale sono cresciute, in particolare dopo l'assalto alla piu' antica sinagoga di Caracas. Infatti venerdi' 30, di notte, un gruppo di uomini armati ancora da identificare ha fatto irruzione nel luogo di culto, devastando oggetti religiosi e imbrattando le pareti con scritte antisemite. Come riporta il quotidiano israeliano Haaretz, il Presidente della comunita' ebraica in Venezuela, Abraham Levy Ben Shimol, ha accusato Chavez di promuovere l'antisemitismo attraverso il suo governo e i media. Il Presidente venezuelano ha pero' condannato gli attacchi, attribuendoli all'opposizione che, in questo modo, spererebbe di indebolire le sue chance di vincere il referendum costituzionale del 15 febbraio. In questa data, i venezuelani decideranno se consentire a Chavez di essere rieletto per un nuovo mandato dopo la scadenza naturale del 2013.

La crescente popolarita' e visibilita' di Chavez nel mondo arabo non esclude pero' la presenza di autorevoli voci critiche. L'opinionista Abdullah Al Asmary ha pubblicato sulla "Saudi Gazette" un articolo intitolato "Chavez d'Arabia" che mette in guardia gli arabi dal lasciarsi trasportare troppo dal vento di Caracas. Infatti, secondo Al Asmary, Chavez, insieme ad Ahmadinejad, starebbe strumentalizzando la causa e le sofferenze del popolo palestinese solo per contrastare il suo vero nemico, gli Stati Uniti. Il giornalista arabo conclude con amarezza: "perche' le sofferenze del popolo palestinese sono state sfruttate in modo cosi' immorale dalle potenze internazionali? E' per ottenere qualche guadagno politico? Il sangue dei palestinesi vale cosi' poco da poter essere strumento di contrattazione nei conflitti internazionali?". Il successo di Chavez nel mondo arabo evidenzia il desiderio delle masse arabe di potersi identificare con un capo di stato forte e carismatico, figura assente dal panorama politico del Medio Oriente e del Nord Africa almeno dai tempi di Nasser. Non a caso, Chavez e' stato recentemente paragonato da un importante esponente di Fatah a Che Guevara. Il fascino esercitato da Chavez e dal suo modello di potere statalista potrebbe frenare le spinte verso una maggior democratizzazione e una piu' accentuata liberalizzazione economica. Il suo modello di "socialismo bolivarista del XXI secolo" potrebbe infatti conquistare simpatie nel Medio Oriente, dato che i suoi presupposti non sembrano radicalmente diversi dal vecchio "socialismo arabo", il cui dirigismo e' stato solo in parte attenuato dalle liberalizzazioni degli anni '90. Inoltre, le conseguenze della crisi finanziaria internazionale potrebbero rilanciare ulteriormente il prestigio di ricette dirigiste in economia.

Il gradimento di Chavez, e del suo modello di politica estera ed economica, non deve pero' essere sovrastimato. Parte dell'opinione pubblica araba potra' probabilmente farsi trascinare dall'ondata emotiva conseguente alle sue posizioni contro l'offensiva israeliana di Gaza, ma i paesi arabi vicini all'Occidente, e in prima fila Egitto, Arabia Saudita e Giordania, difficilmente si faranno destabilizzare da un ipotetico asse tra Caracas e Teheran. Anzi, durante e dopo il drammatico conflitto a Gaza, i governi di questi paesi hanno dimostrato una notevole moral suasion stabilizzatrice, attraverso un intenso e delicato sforzo diplomatico che ha contribuito alla tregua (ci si augura duratura) tra le parti. Gli stessi paesi del Golfo, aldila' della retorica, difficilmente si affideranno alle parole d'ordine dell'"anti-imperialismo". Infatti, seppure i toni di Chavez possono mietere consensi, i suoi rapporti con l'ingombrante vicino iraniano non possono che generare sospetto e apprensione nei paesi del Gulf Cooperation Council. Sebbene i governi dei paesi arabi vicini all'Occidente non abbiano al momento leader carismatici capaci di infervorare le masse, come Chavez e Ahmadinejad, essi rappresentano comunque una garanzia di stabilita' nella piu' instabile regione del pianeta.


Febbraio 2009