(di Geminello Alvi) - Sloveni e slovacchi sono particolarmente scontenti di dover pagare, rispettivamente 384 e 820 milioni di euro, per il salvataggio greco. Il primo ministro slovacco Fico ha spostato a dopo le elezioni di giugno l’approvazione degli stanziamenti. Il leader della opposizione slovena ha rimproverato agli aiuti di non essere equi per “i lavoratori sloveni, slovacchi ed europei che hanno salari medi molto più bassi di quelli dei lavoratori greci”. Il primo ministro slovacco ha inoltre spiegato : “Nessuno si cura della Grecia. Ognuno sta adesso proteggendo i suoi interessi nazionali, … la propria pelle, la stabilità dell’Euro”.
Il ministro delle finanze polacco Rostowsky intanto spiegava a una radio che: “… così forse è meglio che ce ne restiamo a casetta nostra e tra qualche anno, a zona dell’euro risistemata, ci entriamo”. Solo l’Estonia tra le nazioni dell’Europa orientale membre della UE avrebbe peraltro i conti in ordine per l’Euro. E’ un esempio rimasto a sostegno di quanto affermato dal Commissario UE per gli affari economici e monetari, Olli Rehn: “Non c’è una fila per uscire dall’euro, ma per entrarvi.” Da rilevare a riguardo comunque il dissidio tra Commissione europea e Banca centrale circa l’ingresso della nazione baltica a nell’Euro. La Bce concede che la Estonia con un debito totale che è solo al 7,2% del suo prodotto rientra nei parametri di Maastricht, ma le attribuisce una tradizione di alta inflazione; che ne sconsiglierebbe pertanto l’ingresso.
Circa un altro piccolo Stato già nell’euro e nella tormenta, il Portogallo, sul New York Times è apparso un articolo scettico circa le misure per portare il deficit pubblico al 5,1% nel 2011. Lo stravagante sistema degli affitti portoghesi viene analizzato come esempio di una delle tante incongruenze strutturali che il governo si guarda bene dall’affrontare. Mentre appunto “un timore tra gli investitori è che i governi …. non abbiano il coraggio e il potere di affrontare queste debolezze strutturali di lungo durata”.
Infine Paul Volcker ha dichiarato ieri a Londra: “Avete il gran problema di una potenziale disintegrazione dell’euro. … Gli elementi essenziali di disciplina nella politica economica e fiscale che si erano sperati … non sono stati ancora centrati in alcune nazioni”. L’ex presidente della Federal Reserve ha però mitigato questo suo giudizio spiegando che l’Europa è stata finora ben servita dall’euro: “Senza la moneta comune in Europa avrebbero problemi maggiori di quelli che hanno ora”.