(AGI) - Rho (Milano), 3 ott. - "L'Africa non e' affatto uncontinente malato, e' un continente giovane e in salute, stacrescendo moltissimo ma ha bisogno di fidarsi di chi ci va alavorare", "ogni volta che lavoriamo con africani dobbiamoessere consapevoli che non possiamo solo prendere ma dobbiamodare, cosi' creiamo fiducia", e' quanto ha affermatol'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi, al dibattito"Expo chiama Africa" durante il quale ha spiegato l'essenzadello storico impegno della societa' nel continente. "Eni", ha sottolineato Descalzi, "e' entrata in Africa perultima 60 anni fa, e nel giro di qualche anno, soprattuttonegli ultimi dieci, e' diventata la prima societa' in Africa,sia come produzione e riserve, sia come posizionamento".Descalzi ha spiegato la chiave del successo di Eni nelcontinente: "Direi che il segreto della nostra forza e' lanostra debolezza, siamo entrati come ultimi ma abbiamo fattoqualcosa di diverso dagli altri, dando un riconoscimento aiPaesi africani, diventando una societa' africana ma con ilnostro grande patrimonio di conoscenze e competenze". In Africa, ha aggiunto l'amministratore delegato, "oltre atrovare petrolio ed esportarlo, abbiamo preso dei rischiinvestendo anche in attivita' che non sono il nostro corebusiness, puntando a creare valore per il futuro di queiPaesi". In particolare, "abbiamo investito in agricoltura,formazione, sanita', dando accesso a chi ci ospita a cose chenon avevano". Si puo' dire dunque che "la cooperazione e' statoil successo della nostra azione". Per Descalzi, inoltre,"l'Italia e' un bellissimo ponte tra l'Europa e l'Africa e noipossiamo aiutare a crescere questo giovane gigante: c'e'un'opportunita' importantissima per l'Europa, che ha leinfrastrutture ma deve importare circa il 70% della propriaenergia. L'Africa invece e' ricchissima di energia ma non hainfrastrutture. Ha il 15% della popolazione mondiale e consumail 3% dell'energia mondiale. L'Europa invece ha il 7% dellapopolazione globale, consuma il 14% dell'energia e non ne ha".C'e' quindi "l'opportunita' di costruire questo legame madobbiamo farlo in modo generoso, sviluppando struttureenergetiche che facciano crescere l'Africa". Il manager ha fatto poi l'esempio della Libia, dove"destiniamo al mercato domestico il 40% del gas che produciamonel Paese e che alimenta le centrali elettriche locali",pertanto nel Paese Nordafricano, "qualora vi fossero impattisulle nostre strutture, l'energia in Libia finirebbe". Nelcontinente, ha concluso Descalzi, "dobbiamo superare laretorica sulle grandi potenzialita' africane, che ci sonosempre state, ma dobbiamo fare le cose con senso industriale epolitico", in modo che convergano "nella protezione dellanostra presenza nei Paesi ma soprattutto nella loro crescita".
"Come sistema Paese ci stiamo muovendo molto, molto meglio: ci siamo mossi con governo e primo ministro in diversi Paesi africani e non solo, anche centro asiatici, e anche con piccole e medie imprese che sono andate in questi Paesi con continuita'": ha affermato l'amministratore delegato di Eni. "La prima cosa", ha aggiunto l'ad, "e' quindi un sistema industriale che abbia una convergenza di percorsi con il proprio sistema Paese; il sistema Paese italiano e' importante, ma dobbiamo anche andare verso un sistema europeo. L'Europa auspica questo ponte italiano verso l'Africa, verso il Mediterraneo, verso hub energetici nuovi. Ma prima di cercare l'unione con l'Africa", ha ammonito Descalzi, "l'Europa deve cercare l'unione di se' stessa, perche' un'Europa fatta da Paesi con una visione energetica e geopolitica diversa non aiuta l'interazione, la cooperazione e la costruzione di un progetto comune con l'Africa. Occorre un'Europa unita, con obiettivi energetici uguali, stessa visione sul mix energetico, sul tema dei cambiamenti climatici e della riduzione delle emissioni".
(AGI)