Ondata di scioperi nel Guangdong

Pechino. I lavoratori sono scesi in piazza contro i tagli salariali decisi da aziende manifatturiere straniere
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Il precedente
Nel giugno del 2010 violentissime proteste esplodono per le condizioni di lavoro e per i salari da fame in Cina: il primo caso che attira l'attenzione dei media internazionali è quello di Foxconn, il gigante dell'outsourcing di elettronica, colpito da una serie di suicidi.
I lavoratori denunciano i ritmi di lavoro e il clima irregimentato in azienda. La società reagisce alzando gli stipendi del 30 per cento

Le proteste si allargano
Una catena di scioperi nelle fabbriche che producono componenti per Honda (fermata con aumenti salariali), scontri e feriti a Kunshan, nell'Est della Cina, durante le proteste dei lavoratori dell'azienda taiwanese Kok continuano a tenere alta la tensione. La mappa delle aziende coinvolte nelle proteste e bloccate dagli scioperi si allarga rapidamente (Merry Electronics e Smartball Inc, solo per citarne un paio)

Le promesse di Wen
Il 15 giugno il Governo prende posizione: «Oggi i contadini che emigrano per andare a lavorare nelle fabbriche sono la principale risorsa della nostra industria. Il vostro lavoro deve essere rispettato dalla società. Ecco perché il Governo e l'intera società cinese devono trattare i giovani lavoratori emigrati come se fossero loro figli», ha concluso Wen offrendo ai suoi interlocutori la «massima comprensione» sulle loro istanze: condizioni di lavoro, tempo libero, straordinari

24/11/2011
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