Anche questo, però, potrebbe non essere sufficiente, a fronte della sempre più agguerrita concorrenza. «La fiera del marmo di Xiamen – spiega Lattanzi – rappresenta un distretto industriale con 3-4mila aziende e oltre 800mila addetti. È una realtà che ho visitato in più occasioni e mi ha stupito: le imprese sembrano uscire dal dopoguerra europeo della Seconda guerra mondiale, ma le macchine sono le stesse che impieghiamo in Italia e il costo del lavoro è inferiore. Quella di Xiamen, prima, era una fiera che puntava sulla quantità, sulla massa di marmo prodotto, non sulla sua lavorazione. Quest'anno, però, c'è stato un cambio di tendenza significativo e gli operatori presenti hanno dimostrato di aver intrapreso la strada della qualità».
L'elemento di distinzione dell'Italia, allora, non deve essere la quantità di materiale prodotto, né il marmo in sé. Come ricorda il presidente, ci sono molti altri paesi che stanno offrendo sul mercato materie prime di ottima qualità. E sul fronte del prezzo, per i prodotti più semplici, non possono che batterci per via della manodopera a buon mercato. «Le nostre aziende devono valorizzare i loro prodotti puntando anche sul valore culturale, oltre che estetico, del marmo. Tale valore è indissolubilmente legato alla tradizione e alla storia italiana. L'attenzione alla tradizione deve però essere unita alla capacità di lucidare, levigare e lavorare la superficie del marmo sino a renderlo unico».
Il semplice stand che esponga pietre e marmi, quindi, non basta più. «Mi aspetto che in futuro le materie prime siano presenti alla fiera Marmomacc in misura puramente rappresentativa dell'offerta italiana. La gran parte delle società presenti dovrebbe concentrarsi esclusivamente su prodotti lavorati e innovativi»An. Cu.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
26/09/2010
Condividi