AGI - “Quando un Paese si vieta di raccontare, si toglie la possibilità di approfondire argomenti fondanti della cultura e della subcultura del nostro Paese, perde un’occasione”. Fortunato Cerlino, storico interprete di Pietro Savastano in ‘Gomorra’, a margine della presentazione delle nuove fiction Rai a Roma, in un'intervista all'AGI commenta il disegno di legge di Fratelli d’Italia che punta a rendere reato penale l’esaltazione della mafia, estendendo il concetto di apologia anche alle opere audiovisive.
“Non bisogna avere paura delle cose che non vanno: narrarle è un modo per guarirle”, spiega. Cerlino lega il suo pensiero anche alla propria esperienza personale: “Io vengo da una zona di Napoli che era chiamata il Far West, il mio primo morto l’ho visto a dieci anni. Mi hanno salvato le narrazioni, mi ha salvato il teatro, chi ha saputo raccontare quelle cose facendomi girare lo sguardo dalla parte giusta”, conclude. “Prima di parlare di esaltazione, vediamo anche il bene che può fare raccontare il male”.
Valsecchi: "Rosi diceva che la realtà va raccontata"
Per Pietro Valsecchi, storico produttore televisivo: “Non si possono censurare a priori le storie del Paese: le storie del Paese vanno raccontate, vanno sedimentate nel tempo”. Valsecchi, che tra l’altro ha prodotto ‘Il capo dei capi’, richiama il valore del racconto come strumento di comprensione della realtà: “Come diceva Rosi, la realtà va sedimentata prima e poi raccontata, anche sotto forma di romanzo, per far capire agli italiani in quale situazione vivono, in quale mondo e in quale Italia vivono. La realtà va raccontata sempre”.
Ferrera: "Proposta di legge FdI? Improponibile, è fantascienza"
Critico anche Vincenzo Ferrera, attore di ‘Mare Fuori’, che paragona la proposta ad altre misure giudicate irrealistiche: “La valuto come la proposta fatta in America da Trump di guardare i social degli ultimi cinque anni: è una cosa totalmente improponibile, è fantascienza”, afferma, sottolineando come un simile approccio rischierebbe di mettere in discussione molte produzioni di successo. “Allora non dovrebbero esserci ‘Il capo dei capi’ o tante altre fiction. È sempre lì: si cerca una motivazione per deresponsabilizzarsi dal problema del disagio giovanile, che parte dalla scuola, non certo da Gomorra o da Mare Fuori, che parlano di educazione”.