Blanco, Mobrici, Dente e tutte le altre nuove uscite. Le nostre recensioni

Gabriele Fazio

VillaBanks – “Una vita”: “Una vita” è uno di quei brani che sembrano inutilmente leggeri e invece se ci stai attento hanno le potenzialità per dirti qualcosa. Per esempio che la vita, fino a prova contraria, appunto, è una, e andrebbe impegnata in qualche modo; amare una donna, si, certo, è nobile, oppure “prendersi tutto”, parecchio ambizioso ma in fondo, perché no? VillaBanks propone tante soluzioni in questo senso, tutte valide, tutte estremamente confortanti. MamboLosco – “Pochi pochi”: Solito lavoro raffinato e azzeccato di Nardi e Finesse in fase di produzione, solito body building concettuale per MamboLosco, che non riesce a fare a meno di guardarsi allo specchio mostrando i muscoli; che ha, nessuno glieli toglie, in questo pezzo per esempio è esemplare l’utilizzo della fonetica delle parole. Ma dirsi da solo allo specchio quanto si è fighi è una delle cose meno da fighi che possa esistere; e questo è un fatto. Dicono che la trap è così, con quella rassegnazione che richiama quasi l’inevitabilità delle umane cose; ma non è affatto così, sia in Italia che all’estero ci sono artisti che stanno facendo lavori egregi con il linguaggio musicale della trap, che è molto interessante. Se poi però quando esci intingi il piede sempre nella stessa pozzanghera allora vuol dire che in qualche modo ti piace; e se piace a te…ma non per questo noi siamo costretti a chiamare una pozzanghera mare, perché una pozzanghera del mare non ha nulla. Alessandro Fiori – “Trasloco”/ “Passeggiata”: Altra classe, altro spessore, quelli come Alessandro Fiori giocano un campionato a parte. Tira fuori due nuovi brani, “Trasloco” e “Passeggiata”, e con questi praticamente ti rapisce dal tuo tempo, te ne serve un altro in cui le canzoni hanno un significato, hanno tempo di respirare e di arrivarci. Ecco, le canzoni di Fiori respirano, hanno la consistenza del grano tra le dita, l’odore di una casa al mare, il sapore di una libertà che scorrazza a piacimento su un foglio scarabocchiandolo. La poesia, quando è poesia, e quando ti sfiora con una canzone. Fasma – “F.B.F.M.”: Un pezzo ingoiato dallo stesso vuoto che crea. Alle volte capita che si ascoltano brani che arrivano all’orecchio come un agglomerato di musica e parole, come fossero una canzone vera, e poi ti accorgi che dietro non c’è niente. Il testo di questa “F.B.F.M.” è talmente elementare da meritare una nota sul diario da far firmare ai genitori. N.A.I.P. feat. Galea – “Dovrei dire la mia”: N.A.I.P. ti mette sempre all’angolo, i suoi brani ti piacciono ma non sai se ti piacciono perché lui ti è molto simpatico e ti piace l’idea che i suoi brani ti piacciano, oppure perché sei caduto in un divertente tranello. Questo ritmo andante e scoordinato, questo loop di parole cariche di carattere, che potrebbero dire tutto ma anche niente e ti viene anche il dubbio che in fondo una canzone è anche qualcosa che ascolti e al quale in fondo sei tu fondamentalmente a dare un significato intimo, personale. Ma poi, ti chiedi, tutte queste domande hanno veramente un senso? Probabilmente no. Allora facciamo che abbiamo ascoltato questa “Dovrei dire la mia” e ci è assai piaciuta, che siamo lieti di constatare che N.A.I.P. abbia smussato gli angoli della sua musica flirtando con il pop e che il pezzo ci fa salire la voglia di ascoltare altri pezzi di N.A.I.P.. Si, così dovrebbe andare.

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