Il concerto dei Red Hot Chili Peppers: una festa con vecchi amici

di Ugo Barbàra
 foto: Ugo Barbara/Agi -  Red Hot Chili Peppers
Andare a un concerto dei Red Hot Chili Peppers è come ritrovarsi a far baldoria a una festa di vecchi amici. Si è tutti un po' invecchiati, ma tutto sommato meglio di altri. E soprattutto si è retto alla pressione, alla routine, al disagio: quegli stessi mali che hanno schiacciato altri che credevamo più forti, più inossidabili, più resistenti. Altri come Chris Cornell e Chester Bennington.
 foto: Ugo Barbara/Agi -  Red Hot Chili Peppers

  • Can't stop
  • Dani California
  • The Zephyr Song
  • Dark Necessities
  • The Adventures of Rain Dance Maggie
  • Right on Time
  • Go Robot
  • Californication
  • Aeroplane
  • The Getaway
  • Sir Psycho Sexy
  • Higher Ground
  • Under the Bridge
  • By the Way
  • Goodbye Angels
  • Give it Away

La festa - perché questo è soprattutto - va avanti per poco più di un'ora e mezzo. Cento minuti che scorrono veloci, come impetuosi sono i ritmi di Anthony Kiedis e compagni, che pensano più a divertirsi e a divertire che a fare i virtuosi. Così le 'stecche' della voce di Anthony si stemperano nelle acrobazie di Flea sulle corde del basso o nelle schitarrate dell'ultimo arrivato nella band, quel Josh Klinghoffer cui è toccato da ormai una decina d'anni il difficile e ingrato compito di sostituire John Frusciante.
 foto: Ugo Barbara/Agi -  Red Hot Chili Peppers
Il pubblico che riempie l'ippodromo salta e balla e canta con i RHCP che non danno e non si danno un attimo di requie, mentre alle loro spalle schermi circolari amplificano le immagini delle loro danze forsennate sul palcoscenico, le dita di Flea 'slappano' in maniera magistrale e inimitabile e volano le note di classici come 'Californication', 'Aeroplane', 'Higher Ground' e 'Under the bridge'.
foto: Ugo Barbara/Agi -  Red Hot Chili Peppers
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