AGI - In questo momento di profonda crisi del sistema multilaterale, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) – agenzia specializzata delle Nazioni Unite creata per promuovere la pace e la comprensione tra le nazioni e il rispetto universale della giustizia, dello stato di diritto e dei diritti umani – è chiamata a ridefinire il suo ruolo globale: non più semplicemente un'agenzia tecnica, ma un riferimento per l'etica e il dialogo tra le culture in un mondo frammentato. È in questo contesto che si colloca la candidatura alla guida di Firmin Édouard Matoko, figura emblematica dell'organizzazione.
In un'intervista con Agenzia Nova, ha delineato le sue priorità in vista delle elezioni dell'UNESCO, previste per il mese prossimo. Lo fa sostenendo un approccio pragmatico e strategico: "Non faccio promesse elettorali. So cosa si può e cosa non si può fare. La situazione è complessa: il ritiro degli Stati Uniti ha portato a un deficit di bilancio significativo. Questa è una realtà che deve essere affrontata con chiarezza e competenza", afferma Matoko, ex Vicedirettore Generale del Dipartimento Africa e Relazioni Esterne dell'organizzazione fino al 2023, e attualmente Consigliere Speciale per l'Africa. La sfida, spiega Matoko, è duplice: da un lato, sono necessarie capacità diplomatiche per gestire le tensioni globali; dall'altro, è necessario rafforzare l'efficacia dell'organizzazione. "L'UNESCO non è un'agenzia politica, ma tecnica. Ciò richiede una leadership capace di interpretare le crisi internazionali e di impegnarsi in un dialogo continuo con gli Stati membri e la comunità intellettuale, sia a livello regionale che globale", ha sottolineato. Una priorità sarà evitare duplicazioni di progetti: "Dobbiamo incoraggiare le piattaforme multisettoriali e rafforzare il coordinamento. Spesso lavoriamo in parallelo, senza sinergie. Non possiamo più permetterci questi sprechi", ha affermato. Tra le iniziative di maggior successo, il candidato congolese, che conosce bene l'Italia avendo studiato all'Università La Sapienza e all'Istituto Cesare Alfieri di Firenze, ha citato il suo lavoro in Africa: "Grazie a consultazioni regionali regolari, siamo riusciti a sviluppare strategie congiunte sul campo. L'accordo di cooperazione con l'Unione Africana è un esempio concreto: insieme sviluppiamo politiche comuni in materia di istruzione, cultura, storia e, di recente, scienza e tecnologia. Questo modello, tuttavia, manca in altre regioni del mondo, come l'America Latina o l'Asia. Con il Mercosur e l'ASEAN, ad esempio, la collaborazione è ancora troppo debole. Le strutture politiche spesso ostacolano lo sviluppo di strategie regionali".
Per affrontare queste sfide, Matoko propone di rafforzare i consigli regionali e subregionali, adattando i modelli africani alle diverse realtà: "Non esiste una formula unica, ma è necessario un approccio flessibile che rispetti le specificità culturali e geopolitiche". Se eletto alla carica di Direttore Generale, Matoko promette di dedicare particolare attenzione alla cooperazione con l'Italia e al Piano Mattei, in cui è impegnato personalmente da oltre due anni. L'Italia è da sempre tra i Paesi con la più lunga tradizione di collaborazione con l'UNESCO, in particolare nei settori del patrimonio culturale, dell'istruzione e della scienza. Il Piano Mattei rappresenta un'evoluzione significativa: non si tratta più di assistenza tecnica, ma di un partenariato tra pari. "Insieme all'Istituto Treccani e ad altre istituzioni, stiamo promuovendo programmi a sostegno del patrimonio culturale africano, valorizzando le competenze locali e la presenza vitale delle nuove generazioni di africani e della diaspora. Ma il Piano Mattei", spiega Matoko, "può andare oltre". L'esperto congolese auspica di "integrarlo nell'UNESCO in modo più strutturato, in particolare nei suoi programmi culturali e scientifici. Il Forum Mondiale delle Culture (Mondiacult, in programma dal 29 settembre al 1° ottobre) di Barcellona sarà un'occasione importante per presentarlo a tutti i Paesi. È un esempio concreto di diplomazia culturale attiva, che pone la cooperazione e lo scambio al centro delle sue preoccupazioni", ha concluso.