AGI - L'Iran è alle prese con una crisi idrica senza precedenti: decenni di cattiva gestione delle risorse da parte della Repubblica islamica, l'eccessivo sviluppo urbano e la costruzione esagerata di dighe, sono stati esacerbati dai cambiamenti climatici, contribuendo alla grave crisi che il Paese sta affrontando nel suo quinto anno consecutivo di siccità.
La carenza simultanea di acqua e di elettricità sta avendo un impatto significativo sulla vita quotidiana degli iraniani e sull'economia: sta paralizzando le attività commerciali, innescando licenziamenti di massa e spingendo le famiglie a ricorrere a misure disperate per soddisfare i bisogni primari, come procacciarsi acqua con taniche e secchi.
Impatti su vita quotidiana ed economia
La doppia crisi si è aggravata dall'inizio di luglio, quando interruzioni quotidiane di corrente e di fornitura idrica sono diventate la norma a Teheran e in altre grandi città.
"Se non prendiamo decisioni urgenti oggi, in futuro ci troveremo ad affrontare una situazione irrisolvibile", ha dichiarato a fine luglio il presidente Masoud Pezeshkian durante una riunione del gabinetto.
Rischi per la capitale
La scarsità di acqua non è una novità in un Paese arido come l'Iran. La notizia è che questa volta l'emergenza è arrivata a toccare la capitale, ha spiegato Kaveh Madani, direttore dell'Istituto universitario delle Nazioni Unite per l'acqua, l'ambiente e la salute.
Il direttore della società di gestione degli acquedotti e delle fognature, Mohsen Ardakani, ha avvertito che il momento in cui i bacini idrici della capitale si prosciugheranno, il cosiddetto "giorno zero", si sta rapidamente avvicinando e ha esortato la popolazione di Teheran, che conta oltre 10 milioni di persone, a ridurre i consumi di almeno il 20% per scongiurare la crisi.
Cause strutturali e climatiche
Le radici della crisi risiedono in un mix di fattori. Le attività umane, tra cui l'eccessivo pompaggio delle falde acquifere, pratiche agricole inefficienti e l'uso incontrollato dell'acqua nelle città, hanno spinto il Paese verso quella che gli esperti definiscono una vera e propria "bancarotta idrica".
Il tutto è aggravato dal cambiamento climatico: quest'anno, secondo l'agenzia di stampa semi-ufficiale iraniana Mehr, l'Iran ha registrato una diminuzione delle precipitazioni di oltre il 40% rispetto alla media sul lungo periodo e la Compagnia idrica regionale di Teheran afferma che le dighe che riforniscono la capitale sono al 21% circa della loro capacità.
Il Paese, inoltre, si trova perennemente in una situazione di caldo record con alcune zone che a luglio hanno registrato temperature superiori ai 50°C.
Risposte delle autorità
In risposta alla crisi, le autorità hanno ridotto di quasi la metà la pressione dell'acqua nella capitale, colpendo circa l'80% delle famiglie, ha riferito il governatore della provincia di Teheran, Mohammad Sadegh Motamedian. Per chi vive ai piani alti, questo può significare avere i rubinetti completamente a secco.
L'acqua viene consegnata alla capitale tramite autobotti e i residenti che se lo possono permettere si stanno affrettando a installare cisterne di stoccaggio, ha spiegato Madani. "Non abbiamo mai avuto una situazione del genere, è una novità per Teheran".
Una crisi politica e sistemica
Gli esperti ci tengono a sottolineare che la crisi in corso non è di natura ambientale o tecnica, ma politica e sistemica. Per risolverla, servirebbe una radicale riforma dell'economia, che preveda la fine dell'agricoltura ad alto consumo idrico – oggi responsabile di circa il 90% dei consumi a livello nazionale – e punti sui servizi e sull'industria con un consumo idrico inferiore.
Questo tipo di riforma, però, si prevede dolorosa e costosa, sia economicamente che politicamente, e altamente improbabile con l'attuale governo e date le sanzioni imposte all'Iran, ha ammesso Madani.