Punti esclamativi, frasi brevi e parole tutte in maiuscolo: lo stile di Donald Trump su Twitter è chiaramente riconoscibile. E piace a molti, a giudicare dal numero di follower del presidente americano. Come ha sottolineato con orgoglio lui stesso durante una recente intervista al Financial Times, superano i 100 milioni. "Senza i tweet, non sarei qui...ho oltre 100 milioni di follower tra Facebook, Twitter e Instagram. Oltre 100 milioni, non ho certo bisogno di fake news", ha affermato soddisfatto.
E se questo stile è piaciuto tanto durante la campagna elettorale, perché cambiarlo una volta arrivati alla Casa Bianca?
Tra i suoi tratti distintivi, alcune parole ricorrenti come 'sad', 'sick', 'enjoy', 'great job', insieme a 'fake news', 'MAGA' (lo slogan della sua campagna, 'Make America Great Again').
Unica modifica, dopo il 20 gennaio, è stata nel numero di punti esclamativi alla fine di una frase: dal record di 15 si è passati a uno o due, massimo tre. Più presidenziale.
Ad analizzare il linguaggio e lo stile di Trump su Twitter è stato il Washington Post, mettendolo anche a confronto con quello del suo predecessore, Barack Obama. La prima differenza che salta all'occhio è quantitativa: nel periodo tra il 20 gennaio e il 31 marzo, @realDonaldTrump ha twittato 357 volte (circa il 60% concluso con un punto esclamativo) mentre @BarackObama nello stesso periodo ne aveva prodotti solo un decimo, 37, con punti esclamativi solo nel 22% dei casi.
Ma i tweet differiscono anche per il tono usato: se tra quelli di Obama spiccano le congratulazioni e gli inviti all'impegno rivolti alla società civile, quelli di Trump si contraddistinguono per lamentele, insulti e minacce.
Non mancano esortazioni e promesse rivolte al "popolo", fonte del potere presidenziale e suo principale referente fin dal discorso di insediamento.