Roma - "La pericolosa minaccia di Daesh (Isis, ndr) ha avuto origine in Iraq ed e' in questo Paese che bisogna concentrare gli sforzi per estinguerla, nonostante la pur innegabile rilevanza di altri teatri strategici, come quello siriano e libico". L'ambasciatore Marco Carnelos ha una lunga esperienza diplomatica, soprattutto per quanto riguarda i dossier del Medio Oriente e del terrorismo internazionale. Dal 2015 e' a capo della rappresentanza diplomatica italiana a Baghdad, dunque tra i protagonisti del grande impegno che il nostro Paese sta mettendo in campo in Iraq per combattere i miliziani del sedicente 'califfato'. Un impegno che si inquadra nell'ambito di "un rapporto bilaterale di importanza strategica, sia sotto il profilo politico che commerciale", senza contare il ruolo che Baghdad gioca "nel quadro della crisi dei profughi che mette a dura prova l'Europa". L'AGI lo ha intervistato per parlare della sfida al terrorismo e delle prospettive del rapporto tra Roma e Baghdad.
Il ministro Paolo Gentiloni ha più volte sottolineato il grande impegno dell'Italia in Iraq nell'ambito della battaglia contro Isis e il Presidente Usa, Barack Obama, ha lodato il contributo determinate e di coordinamento del nostro Paese nell'ambito della missione multilaterale di addestramento delle forze locali. E' possibile trarre un bilancio di questo impegno e, soprattutto, quale ruolo l'Italia intende ritagliarsi in Iraq nell'ambito della sfida al terrorismo?
Il bilancio che si può trarre in questo momento è estremamente positivo. Il nostro ruolo non e’ da valutare solo in termini di contributo militare, per quanto anche in tale ambito la nostra partecipazione alla Coalizione anti Da’esh sia tra i primi per qualita’ e numeri, destinati presto a qualificarci come il secondo attore dopo gli Stati Uniti. Si tratta soprattutto di un impegno in settori esclusivi nei quali le nostre Forze Armate vantano una indiscussa esperienza e capacita’: mi riferisco per esempio all’addestramento delle forze di polizia irachene, grazie alla grande professionalità espressa dall'Arma dei Carabinieri che ha ricevuto le lodi del Presidente Obama e del Premier iracheno Abadi, durante la sua recente visita a Roma in febbraio. A seguito della liberazione di Ramadi, lo scorso dicembre, i primi polizotti iracheni addestrati dal personale dell'Arma hanno fatto ingresso in città, rilevando le operazioni di pattugliamento dalle Forze armate irachene che potranno quindi essere impiegate altrove nel liberare nuove aree dal controllo di Da’esh. I risultati qualitativi e strategici dell'addestramento sono risultati evidenti sia sul piano della stabilizzazione delle aree liberate, sia su quello delle operazioni militari contro Da'esh, in quanto hanno consentito ai militari di proseguire più speditamente con la loro tabella di marcia in altre zone controllate da Da'esh.
La battaglia contro Da’esh e l’estremismo religioso si combatte su piu’ fronti, anche culturali e sociali, e su ognuno l’Italia è in prima linea con un contributo diversificato e articolato che le nostre migliori risorse, tutte insieme - dalle ONG alle Facoltà di Archeologia delle nostre Università, alle imprese - portano avanti con l'instancabile coordinamento del Governo italiano. E l'aspetto della cooperazione in materia di sicurezza non può assolutamente prescindere, nel nostro modello, da quello legato alla cooperazione culturale. Le partnership tra Università italiane e Musei iracheni, le collaborazioni professionali - ed i rapporti umani - che si sviluppano presso i siti delle missioni archeologiche italiane in Iraq, sono l'espressione della più importante e risolutiva arma strategica in nostro possesso contro la narrativa barbara ed iconoclasta di Da’esh, e segnano l'esempio della migliore risposta alla sfida del terrorismo.
L’Italia e’ poi tra i primi contributori al Fondo Immediato di Stabilizzazione (FFIS) di UNDP per gli interventi di resilienza e ricostruzione nelle aree recentemente liberate da Da’esh, uno strumento critico per garantire il rapido rientro degli sfollati alle proprie case e il reintegro dei servizi essenziali e delle economie locali.
L'Isis ha cominciato a perdere terreno in Iraq e a dicembre le forze armate sono riuscite a riconquistare Ramadi, una delle roccaforti dei miliziani di Abu Bakr al-Baghdadi. E' un segnale che sta cambiando il livello di conflitto nel Paese? Ritiene possibile - come annunciato dal premier Haider al-Abadi - che il 2016 sia l'anno della vittoria finale contro Daesh in Iraq?
Alla fine del 2015, Da’esh aveva in effetti perduto il 40% del territorio che occupava in Iraq, ciò che ha segnato una positiva inversione di tendenza sul piano militare, aprendo in prospettiva alla prossima battaglia per la riconquista di Mosul, la seconda città irachena che il Governo federale ha dichiarato di poter liberare entro la fine del 2016. Ci sono ragionevoli probabilità che questa scadenza possa essere rispettata.
Tra i diversi progetti che vedono grandi imprese italiane impegnate sul campo in Iraq, vi è la riparazione della diga di Mosul, infrastruttura strategica e la cui riparazione e’ stata affidata al gruppo Trevi, peraltro unico partecipante all'appalto. Il governo italiano ha fatto sapere che un contingente di circa 450 militari verrà inviato sul posto per garantire la sicurezza dei lavori. Come mai il contratto e’ stato definito con un considerevole ritardo rispetto alla vittoria della gara d’appalto? Vi sono state obiezioni sul suo progetto tecnico.? E' possibile che motivi esterni - di carattere politico o organizzativo - stiano rallentando il procedimento? Potrebbero esserci frizioni col governo di Baghdad per la presenza militare italiana nella zona 'calda' di Mosul?
Non vi è alcuna frizione con il Governo iracheno su questo punto ma soltanto una fattiva collaborazione nell’avviare i lavori urgenti di manutenzione della diga mossi dal comune interesse di evitare una possibile catastrofe. La gara d’appalto per i lavori è stata già assegnata alla ditta Trevi, il contratto è stato firmato il 2 marzo scorso e il dispiegamento del personale tecnico per i lavori e’ attualmente in corso. Si tratta di un intervento critico e complesso che richiedera’ un forte impegno da parte di Trevi e dell’Italia nei prossimi mesi, con la piena collaborazione delle Autorita’ irachene.
A che punto sono i rapporti tra Italia e Iraq, sia sul piano politico che commerciale? Sono previste visite bilaterali o particolari iniziative nei prossimi mesi? Quali sono i settori in cui la cooperazione allo sviluppo può lavorare al meglio?
Il rapporto bilaterale tra I due paesi è di importanza strategica, sia sotto il profilo politico che commerciale. A livello politico, l'Italia per l'Iraq è uno dei principali partner della Coalizione internazionale anti Da'esh. Anche l'Iraq riveste per l'Italia un ruolo strategico, e vorrei sottolineare che la pericolosa minaccia di Da'esh ha avuto origine in Iraq ed è in questo paese che bisogna concentrare gli sforzi per estinguerla, nonostante la pur innegabile rilevanza di altri teatri strategici, come quello siriano e libico. L'Iraq conta anche nel quadro della crisi dei profughi che mette a dura prova l'Europa: oggi oltre 3.3 milioni di sfollati iracheni vivono in condizioni altamente precarie nel loro paese; se queste persone non potranno tornare alle loro case, nelle regioni liberate da Da'esh ma non completamente stabilizzate e perciò non immuni da un eventuale ritorno dei terroristi , potrebbero trasformarsi in rifugiati che prenderanno la via dell'Europa alla ricerca di una vita migliore.
E’ in quest'ottica che il ruolo della nostra cooperazione allo sviluppo è fondamentale. Durante il periodo 2014/2015 la Cooperazione italiana ha allocato risorse in favore dell’Iraq per un ammontare di oltre 17 milioni di Euro. Di questi, circa 11 milioni sono già stati trasferiti e vengono attualmente spesi per programmi in collaborazione con diverse categorie di partner: Autorità e Ministeri iracheni; Agenzie ONU; ONG italiane. Queste ultime stanno lavorando, in coordinamento con l'Ambasciata, nei settori della riconciliazione comunitaria, dell'istruzione per i giovani sfollati iracheni e i rifugiati siriani in Iraq e della sanità.
Anche a livello commerciale l'Italia ha una relazione strategica con l'Iraq, anzitutto per l'importanza del paese nell'ambito dei nostri approvvigionamenti petroliferi. Il volume dell'interscambio nel 2015 si è attestato attorno ai 4 miliardi di euro, e l'Italia è uno dei principali partner economici del paese, da cui importa principalmente macchinari di vario tipo. La crisi finanziaria che sta interessando tutti i Paesi produttori di petrolio e’ naturalmente una sfida da considerare, che il Governo di Baghdad sta cercando di affrontare con l’aiuto della Comunita’ Internazionale. L’Italia e’ tra i Paesi impegnati, anche in sede G7, per l’individuazione di soluzioni efficaci.
Il Primo Ministro iracheno Abadi è stato a Roma qualche settimana fa, negli ultimi 18 mesi l’Iraq è stato visitato dal Presidente del Consiglio Renzi, dal Ministro degli Esteri Gentiloni e dal Ministro della Difesa Pinotti. Altre visite sono previste in futuro.
Lo scorso 4 aprile, alla presenza del Sottosegretario agli Esteri Vicenzo Amendola, si è svolta a Baghdad l’inaugurazione di un centro comune italo–iracheno per l ‘archeologia e i rapporti culturali, che sarà gestito dal Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino (CRAST), dopo che il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale ha negli anni scorsi finanziato completamente la riabilitazione dell’edificio che ospiterà il centro. Si tratterà di una vera e propria casa della cultura, che ospiterà archeologi provenienti da vari Atenei italiani nei loro viaggi a Baghdad, funzionari ed esperti, e sarà inoltre la sede di corsi di formazione per personale iracheno del settore archeologico e di iniziative culturali tese a preservare lo straordinario patrimonio culturale ed archeologico dell’Iraq, Paese che, non va dimenticato, è la culla della civiltà umana. (AGI)