Roma, 19 ott.-La Cina torna a minacciare il settore agroalimentare italiano. Lunedì ad Agri in provincia di Salerno sono stati sequestrati più di 4.500 quintali di doppio concentrato di pomodoro, pari a quasi 1 milione di barattoli da 150 grammi ciascuno, per un valore complessivo di circa 400mila euro, tutti rigorosamente "confezionati con etichette attestanti indebitamente l'origine italiana del prodotto". Particolare non trascurabile, ha reso noto il Nucleo antifrodi del Comando carabinieri politiche agricole e alimentari, il contenuto dei barattoli era stato ottenuto dalla lavorazione di triplo concentrato di pomodoro proveniente dalla Repubblica popolare cinese e destinato al mercato estero". L'episodio è solo l'ultimo di una lunga serie di scandali sul falso Made in Italy ad opera dei cinesi e forse non farà più notizia, ma di certo riaccende l'allarme per produttori – e consumatori - italiani. Danni all'immagine del marchio, alla salute e all'economia perché, emerge nel rapporto sulle Agromafie presentate da Coldiretti/Eurispes al X Forum agroalimentare di Cernobbio, "circa un terzo della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati, per un valore di 51 miliardi di euro di fatturato, deriva da materie prime importate, trasformate e vendute con il marchio Made in Italy, in quanto la legislazione lo consente, nonostante in realtà esse possano provenire da qualsiasi punto del pianeta". Nelle etichette è obbligatorio dichiarare il luogo di confezionamento, ma non quello di origine. Un'omissione che costa caro all'Italia che vede 'spacciare' e vendere come Made in Italy prodotti che in realtà nel Belpaese sono stati solo inscatolati.
Solo quattro mesi fa un altro dossier di Coldiretti aveva calcolato che ogni giorno nei porti italiani vengono scaricati oltre mille fusti (da 200 Kg l'uno) di concentrato di pomodoro proveniente dalla Cina finisce sulle tavole mondiali come condimento tipico italiano. "Si tratta di un semilavorato che viene poi trattato ed esportato dagli industriali italiani" aveva spiegato ad AgiChina24 Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti. "Il quantitativo che sbarca nel nostro Paese dalla Cina corrisponde al 10% della produzione di pomodoro fresco destinato alla trasformazione realizzata in Italia". A mesi di distanza le stime si sono rivelate forse troppo ottimistiche: "Il quantitativo che sbarca in Italia dalla Cina dovrebbe superare a fine anno i 100 milioni di chili e corrisponde a quasi il 15 per cento della produzione di pomodoro fresco italiana destinato alla trasformazione realizzata in Italia" corregge Coldiretti.
E se appare chiaro che frenare il Dragone è quasi impossibile, Coldiretti torna ad insistere sulle etichettature, unico strumento in grado di assicurare la tutela e la salvaguardia del marchio, dell'economia italiana e dei cittadini. "Chiediamo alla Comunità europea una normativa che imponga ai produttori di indicare non solo il luogo di confezionamento ma anche quello di origine - aveva spiegato a giugno Bazzana -. Per ora, essendo l'indicazione obbligatoria solo per le passate di pomodoro, non si può parlare di truffa. Si tratta di semplice omissione, ma che rappresenta una frode commerciale per il consumatore". Una tale confusione non esiste però in Cina: "Quando esporta – spiega Silvia Pieraccini nel libro-inchiesta "L'assedio Cinese, il distretto senza regole degli abiti low cost di Prato" –la Cina non ha obblighi si salubrità perché l'Ue non glieli ha imposti. La rigidità cinese invece rispunta quando il Paese asiatico accoglie i prodotti (tessili nel caso dell'inchiesta della Pieraccini) provenienti dall'estero che vengono sottoposti a estenuanti controlli doganali, costituendo una barriera tariffaria".
Ma cosa è cambiato dallo scorso giugno quando è emersa la necessità dell'approvazione di una normativa sulle etichette? AgiChina lo ha chiesto di nuovo a Lorenzo Bazzana: "A livello europeo non è cambiato nulla - ha spiegato il responsabile di Coldiretti -, a livello nazionale il governo italiano ha in cantiere due provvedimenti sulle etichettature a tutela del Made in Italy: uno più generico sull'agroalimentare, in fase di approvazione dalle Camere e Senato e l'altro più specifico sul pomodoro di cui si sta discutendo. Il nostro Paese sta lanciando chiari segnali a Bruxelles soprattutto grazie alla presa di posizione del ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Giancarlo Galan" ha aggiunto Bazzana. E proprio Galan congratulandosi con il Nucleo antifrodi di Salerno ha dichiarato: "Quella dei controlli e' una sfida che non intendiamo perdere, e anzi continueremo a tenere alta l'attenzione, senza nessuno sconto per coloro che attentano alla trasparenza e alla legalità, uniche garanzie necessarie per la valorizzazione e la tutela della qualità dei prodotti Made in Italy".
"Il problema è che a Bruxelles non tutti sono d'accordo sulla questione delle etichettature – ha dichiarato Bazzana -. I Paesi del nord sono quelli più restii – per motivi politici, d'interesse - e vedono l'etichettatura come un ostacolo". E se da Bruxelles la decisione tarda ad arrivare, in Italia secondo Bazzana "bisogna incrementare con i controlli perché abbiamo visto che qualcosa che non va si trova sempre. Nel frattempo i produttori di pomodoro dovrebbero provvedere a creare una propria etichetta in cui sia chiara la provenienza del prodotto e il luogo di confezionamento, che dimostri quindi come l'intera filiera sia radicata sul territorio italiano al fine di garantire al consumatore la massima trasparenza. Questa 'precauzione' non basterà, ci sarà sempre qualcuno, come è successo per l'azienda coinvolta nello scandalo di Salerno, pronta a dichiarare il falso e a quel punto bisognerà intervenire con pesanti sanzioni".
di Sonia Montrella
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