di Valentino Blasone*
Shanghai, 27 feb. - Era il luglio del 1949, quando nella città di Ruian nella provincia dello Zhejiang, fu disegnata per la prima volta da Zeng Liangsong la bandiera rossa con le cinque stelle che, durante il primo Plenum del Partito Comunista nel settembre dello stesso anno, venne scelta come bandiera nazionale. La stella più grande simboleggia la guida e la leadership del Partito Comunista, mentre le altre quattro più piccole rappresentano le altre colonne della società civile, ovvero la classe operaia, i contadini, la piccola borghesia e capitalisti simpatizzanti del partito. Come è noto, fu lo stesso Mao Zedong il primo Ottobre del 1949 ad innalzare per la prima volta la nuova bandiera cinese sulla piazza Tiananmen.
Lo scorso dicembre, il Bloomberg New Energy Finance ha pubblicato il report sul "Global Trends in Renewable Energy Investment 2011", facendo riferimento all'anno fiscale 2010. In questa classifica, la Cina ha assunto la prima posizione, superando ogni altri paese, con un investimento totale pari a $49.8 midiardi di dollari. Gli Usa sono scesi al secondo posto mentre la Germania, prima fra le nazioni europee, si è posizionata al terzo.
È questo un altro paradosso dello sviluppo economico cinese, dove infatti la Cina è allo stesso tempo il maggior paese inquinante al mondo ed il più grande investitore nel settore delle energie rinnovabili. La Cina è quindi come un yin-yang brand per la costruzione di un mondo più "green" e sostenibile, dove la protezione dell'ambiente diventa sempre più accessibile ed economicamente conveniente, nonché lungimirante. Tutto il Far East è "la frontiera" di questo progresso, muovendosi di buona lena verso un futuro più pulito e sostenibile; infatti, considerando l'Asia come un unico aggregato, l'ammontare degli investimenti "green" in quest'aria geografica sono superiori a quelli effettuati in Europa ed America, mentre la Cina conquista la posizione dominante nella produzione dei pannelli solari.
Alcuni potrebbero ritenere essere tutto questo la solita propaganda del Partito Comunista, indiscussa guida dell'intera Cina. Prima però di trarre affrettate conclusioni, è utile ricordare un altro caso ai più sconosciuto. Nella provincia settentrionale dello Shandong vi è una citta di circa 3 milioni di abitanti (come dire, una nostra Milano o Roma, per dimensione) dal nome altisonante di Rizhao. Rizhao infatti significa la "città del sole splendente" un titolo appropriato per una città dove il 99% di tutti gli edifici sono dotati di pannelli fotovoltaici per il riscaldamento. Ancora, l'illuminazione delle strade così come il funzionamento dei semafori è alimentato con energia solare ed in circa 6 mila case ci sono sistemi di cucine ad energia prodotta da pannelli solari, infine oltre 60 mile fattorie situate nel circondario della città producono i loro beni agricoli solo con utilizzo di energia proveniente dal sole. Il tutto può sembrare essere una città del futuro, ma per gli abitanti di Rizhao, l'energia pulita è un presente molto concreto. Rizhao è quindi la città cinese "green", la parte positiva, lo "yang" paradossalmente così vicina a Beijing, la capitale, tra le città più inquinanti ed inquinate del paese, il negativo yin per l'appunto, l'uno indissolubilmente legato all'altro.
Si può quindi ritenere che il piano che vedeva la Cina impegnarsi nel suo sviluppo economico con l'unico intento della crescita economica, si stia evolvendo verso un modello piuttosto incentrato sul progressivo miglioramento del benessere. La crescita economica diventa quindi solo un parametro all'interno di un sistema integrato di indicatori, fra i quali di certo primeggia, nei fatti e non solo nella propaganda ufficiale, quello della protezione dell'ambiente. Forse una sesta stella "green" da aggiungere alle altre cinque nello sfondo rosso della bandiera nazionale. Un futuro che diventa, alla velocità di cui la Cina tante volte ha mostrato di essere capace, l'attualità del presente.
La versione cinese di questo articolo è apparso sul blog di Alberto Forchielli ospitato da Caixin
* Comitato scientifico di Osservatorio Asia
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