Pechino, 21 dic.- Un caso più unico che raro: secondo quanto riferisce l'Associated Press, le autorità politiche cinesi hanno deciso di soddisfare alcune delle richieste degli abitanti del villaggio di Wukan, nella provincia del Guangdong, che protestano da due settimane contro un massiccio esproprio dei terreni sui quali vivono e lavorano.
"Siamo cautamente ottimisti" ha detto ad AP Yang Semao, uno dei leader della protesta: il vicesegretario del Partito Comunista del Guangdong Zhu Mingguo ha promesso che quattro manifestanti arrestati dalla polizia saranno rilasciati nei prossimi giorni, e che il governo locale riacquisterà 27 ettari della terra confiscata per renderla agli abitanti di Wukan.
"Ci sono altri terreni espropriati dei quali non si è discusso - ha dichiarato ancora Yang - ma credo che il governo centrale stia dando grande importanza a questo incidente e che non tollererà l'irresponsabilità dei funzionari locali".
La "rivolta di Wukan" si chiude allora con un'inedita vittoria dei cittadini? Ancora troppo presto per affermarlo con sicurezza, ma di sicuro la storia di questo villaggio di 20mila abitanti –soprattutto pescatori- è diversa da tante altre vicende simili, che in Cina si sono quasi sempre concluse grazie al pugno di ferro delle forze dell'ordine. Quello di Wukan era iniziato come l'ennesimo caso di speculazione edilizia: nel sistema cinese la terra è di proprietà dello Stato, che può disporne come meglio ritiene, e i terreni su cui gli abitanti del villaggio vivono e lavorano erano stati confiscati e destinati a progetti di sviluppo immobiliare. Si tratta di operazioni nelle quali i funzionari locali, in combutta con i costruttori, ottengono immensi guadagni a spese della popolazione.
Dopo mesi di agitazione, nelle ultime due settimane la situazione stava precipitando: gli abitanti di Wukan erano riusciti a cacciare dal villaggio polizia e funzionari locali, ma le forze dell'ordine si erano ripresentate in massa assediando il centro abitato e arrestando alcuni dei leader della protesta. Uno di loro, Xue Jinbo, è morto durante gli arresti – si sospetta per le percosse dei poliziotti - e la sua scomparsa aveva ulteriormente infiammato lo scontro.
All'inizio della settimana gli abitanti di Wukan avevano lanciato un ultimatum, annunciando che mercoledì avrebbero marciato in massa fino agli uffici del governo locale nella città di Lufeng se le loro richieste non fossero state accolte.
Proprio quando la tensione stava per raggiungere il culmine, –con la polizia che aveva bloccato i camion che rifornivano il villaggio di generi alimentari- i funzionari del governo provinciale hanno accettato di incontrare i leader delle proteste, e hanno promesso loro ampie concessioni. L'approccio morbido scelto dai funzionari locali è quasi inedito, ma nelle stesse ore, a circa 150 chilometri di distanza da Wukan, la polizia militare e le altre forze dell'ordine hanno circondato la cittadina di Haimen, dove gli abitanti sono scesi in piazza per protestare contro l'apertura di una grande centrale a carbone che sta causando un enorme incremento di tumori e malattie respiratorie.
Ad Haimen, la "Wujing"- la polizia militare - ha impiegato lacrimogeni e cariche per disperdere le proteste e voci non confermate parlano di un morto e un centinaio di feriti negli scontri. Wukan è a solo un'ora e mezza di guida, ma sembra lontanissima.
di Antonio Talia
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