Alleggeriti, ma non nel personale, tiene a sottolineare Moschillo: «Negli stabilimenti produttivi della nostra azienda, la Falber, non abbiamo avuto una singola ora di cassa integrazione e anche nei momenti più difficili non abbiamo ridotto l'occupazione, anzi. Il made in Italy è la forza del marchio John Richmond e della moda italiana in generale. Il rischio che dobbiamo scongiurare però è che gli anelli più deboli della catena, le aziende medie e piccole, a volte veri e propri laboratori artigianali, e tutte le imprese che non hanno un loro marchio, pian piano spariscano. Chi ha le dimensione giuste e i brand più affermati deve fare di tutto perché l'intera filiera del tessile-abbigliamento sopravviva. Ma anche le istituzioni devono fare la loro parte e il ruolo più delicato, in questa fase, spetta alle banche». A Moschillo piace definirsi un «uomo del fare». Non gli è mai interessato schierarsi politicamente e ha se mpre cercato il confronto con le autorità di turno. In Emilia-Romagna, a Milano, dove John Richmond sfila sia con la donna sia con l'uomo, e a R oma.
«Al Governo non mi stancherò mai di chiedere una vera riforma fiscale, che le aziende aspettano da troppo tempo. E una semplificazione burocratica e legislativa: siamo tenuti a una tale quantità di adempimenti che l'errore, senza alcun dolo, è sempre in agguato. E quando la Guardia di finanza entra in un'azienda, pur con le migliori intenzioni di salvaguardia della legalità, può fare danni enormi, paralizzando di fatto l'operatività». Ma il tema che forse sta più a cuore a Moschillo, che alla mera diplomazia preferisce da sempre il confronto, anche aspro, a patto che sia costruttivo, è la situazione di Milano. E qui l'imprenditore parla anche come vicepresidente vicario della Camera della moda: «Con il sindaco uscente, Letizia Moratti, avevamo avviato una proficua collaborazione che spero continuerà con il suo successore, Giuliano Pisapia. Con la Lombardia c'è già un progetto di finanziamento dell'incubatore per giovani stilisti, un'iniziativa importante, perché la moda italiana avrà un futuro se preserviamo la filiera produttiva e allo stesso tempo se costruiamo vivai per i talenti emergenti. Però c'è una cosa che mi ha davvero stupito della lunga campagna elettorale milanese: né il sindaco uscente né Pisapia, nei rispettivi programmi, hanno parlato della moda. Assurdo, se pensiamo che a questo settore è riconducibile un quinto del Pil della città e che Milano è la capitale mondiale del prêt-à-porter. Ma resto ottimista: come Camera della moda siamo pronti a ogni tipo di alleanza e collaborazione con il Comune, credo si vedrà già in occasione delle prossime sfilate uomo, in programma dal 18 al 21 giugno». Per concludere, Moschillo si rimette il cappello di imprenditore e anticipa una novità per John Richmond, il lancio della seconda fragranza da donna, dopo il grande successo della prima. «Continueremo poi a investire sugli altri marchi, Husky, Haute, Menudier. Perché dietro di me c'è una grande squadra, a cui cerco di trasmettere passione ed entusiamo. Dobbiamo lavorare tutti insieme, divertendoci, come fosse un gioco. Serissimo, però».
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08/06/2011
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