«Nel 2004 quando abbiamo aperto il centro di ricerca ad Anyou si impiegavano tre ore di treno per arrivarci da Shanghai. Adesso meno di un'ora», racconta il ceo di Yamamay e Carpisa, Gianluigi Cimmino. Sono passati sei anni e la velocità per coprire la via che da Anyou porta a Shanghai è triplicata. Casi della Cina, per ora forse possibili solo in questo paese che ama correre e oltre alla velocità dei treni moltiplica anche il numero di miliardari e le potenzialità del mercato del lusso. Negli ultimi 8 anni sono cresciuti a un ritmo di 80 new entry al giorno, secondo Bank of America Merrill Lynch. Ieri al Milano Fashion global summit a Shanghai il governatore della Lombardia Roberto Formigoni ha osservato che «la Cina si sta candidando a diventare un grande consumatore e la moda è un territorio ancora tutto da esplorare. Vendere la moda vuol dire vendere personalità, stile, carattere, desideri». Una valutazione che si ritrova nelle riflessioni dei grandi del lusso da Versace a Della Valle, dai fratelli Rossetti a Armani, passando per Loro Piana e Brioni, tutti alle prese con la conquista di un mercato dove non vogliono fare passi falsi, anche se, come dice Della Valle, «credo che sia difficile per i cinesi cambiare idea sul fatto che comprare italiano sia la cosa migliore». I numeri dicono che i clienti cinesi del lusso si stanno moltiplicando a un ritmo lontano dall'Europa. Per questo «la Cina non è affatto una minaccia», spiega Donatella Versace, semmai è qui che bisogna venire a conquistare quote di mercato perché «la moda è una cosa nuova e sta generando grande entusiasmo». Ma anche molti falsi, «ancora un grande problema – commenta Santo Versace – che riguarda chi compra i prodotti contraffatti che favoriscono il lavoro nero e lo sfruttamento dei bambini, creando un danno enorme ai grandi marchi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
30/10/2010
Condividi