Roma, 17 giu.- La Cina assiste preoccupata alla fuga dei suoi cervelli. Secondo quanto riportato dalla televisione cinese CCTV, il numero dei ragazzi che preferiscono le università straniere a quelle cinesi è in costante aumento. Nel 2008, 1,4 milioni di studenti sono partiti per andare a studiare all'estero e di questi solo 380mila hanno fatto ritorno in Cina dopo la laurea. "È una grande perdita per il Paese" commenta la TV, secondo la quale il governo avrebbe investito molto nella formazione base dei piccoli talenti, ma poco in quella universitaria. Tradizionalmente la decisione di studiare all'estero ha sempre rappresentato una scelta forzata per gli studenti che avevano fallito i test di ammissione all'università del Paese, ma adesso offrire ai propri figli una formazione di stampo internazionale sta diventando per molti genitori una priorità. L'inversione di marcia sembrerebbe riflettere il cambiamento in atto nella società cinese, una società che non sembra pronta ad offrire ai propri giovani la giusta formazione e che di conseguenza non appare abbastanza appetibile agli occhi degli occidentali. Le pratiche per l'iscrizione ai college statunitensi, canadesi, francesi, inglesi o australiani iniziano sin dai primi anni delle scuole superiori e molto spesso, al momento della richiesta, vengono accolte "da un caldo benvenuto e da condizioni vantaggiose, che rendono la scelta ancora più semplice". Diverso è invece il caso degli istituti cinesi di formazione superiore che "in un'ipotetica sfida internazionale, arrancano dietro i più prestigiosi college". Il giudizio negativo non risparmia nemmeno Qinghua e Beida, le università della capitale, tra gli atenei più importanti del Paese, che secondo una rivista scientifica statunitense "non offrono un terreno fertile per i candidati al PhD". Il motivo principale sarebbe dovuto alle politiche di promozione adottate dai college cinesi, mirate più a un aumento degli iscritti e dei profitti che a un innalzamento della qualità, con il risultato che "i curricula sono datati e il personale accademico negligente". A infangare ulteriormente l'immagine delle università cinesi si aggiungono inoltre gli episodi di corruzione venuti alla luce un mese fa: un fenomeno che si è esteso a macchia d'olio coinvolgendo tutte le ramificazioni dell'apparato burocratico, dalla falsificazione delle prove di ammissione agli appalti illegali di infrastrutture scolastiche, alla compravendita di diplomi, fino a toccare il fondo con i reati di plagio di cui sono stati protagonisti ricercatori e professori che per le proprie pubblicazioni hanno 'preso spunto' da lavori già redatti da altri. In un Paese come la Cina in cui all'educazione del proprio figlio (spesso unico) viene attribuita la massima importanza, e in cui la scelta della scuola viene ponderata in modo accurato sin dalle elementari, appare "comprensibile che i genitori, potendo, preferiscono 'spedire' all'estero i propri figli" sostiene ancora la CCTV, che invita le autorità accademiche a mettere un freno all'espansione su scala e a concentrarsi sulla qualità degli insegnamenti, rendendo i programmi più appetibili a livello internazionale, anche attraverso accordi di collaborazione con le università straniere più competitive.
© Riproduzione riservata