Pechino, 18 feb. – A Washington tutto è pronto per il colloquio che fa infuriare la Cina: il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama incontrerà il Dalai Lama, il leader spirituale tibetano che Pechino accusa da sempre di nutrire mire separatiste. Nelle scorse settimane la Cina aveva chiesto a più riprese di annullare l'incontro: "Esortiamo gli Stati Uniti a comprendere il carattere molto sensibile della questione tibetana, e rispettare scrupolosamente il loro impegno sull'appartenenza del Tibet alla Cina e la loro opposizione all'indipendenza tibetana" aveva dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri Ma Zhaouxu. "Un incontro di questo genere danneggerebbe seriamente la base politica delle relazioni tra Cina e Stati Uniti, - aveva dichiarato Zhu Weiqun, viceministro dell'organo del Partito Comunista Cinese preposto alle relazioni con le minoranze etniche - se il leader statunitense sceglie di incontrare il Dalai Lama, questo gesto danneggerebbe la fiducia e la cooperazione tra i nostri due paesi, e come potrà tutto questo essere di aiuto all'America nel superare la crisi economica in corso?". A gettare benzina sul fuoco ci avevano poi pensato i media di stato come il China Daily, attraverso le parole del columnist Huang Xiangyang: "La politica americana di sostegno pubblico al Dalai Lama deriva direttamente dalla mentalità della Guerra Fredda, che per Washington coincide con l'utilizzo di ogni mezzo per contenere quelle che ritiene minacce in arrivo dalla Cina comunista. Ma i tempi sono cambiati, e questi politici di Washington gonfi d'ideologia che continuano in questo stanco rituale di incontri col Dalai Lama per sbandierare quelli che loro chiamano'principi democratici basilari' non hanno capito che il terreno gli è ormai sfuggito da sotto i piedi. Come presidente della sola superpotenza esistente sul pianeta, Obama è libero di incontrare chi vuole nel suo paese; ma non ammanti questa farsa di alti propositi morali: noi la chiamiamo, semplicemente, l'audacia della vergogna". Da quando il Dalai Lama andò in esilio a Dharamsala, in India, nel 1959 in seguito alla rivolta tibetana, Pechino non ha mai cessato di dipingerlo come "un lupo nelle vesti di un monaco" che cova il disegno di un "Grande Tibet" staccato dalla Cina; la causa tibetana, d'altra parte, gode di grande popolarità in tutto il mondo, e il Dalai Lama ha più volte sostenuto di voler negoziare solo una forma di "maggiore autonomia". Il leader tibetano, comunque, verrà ricevuto nella Sala delle Mappe e non nella Sala Ovale come prevede l'etichetta della Casa Bianca per i capi di Stato stranieri e l'incontro, cui seguirà un colloquio col Segretario di Stato Hillary Clinton, sarà chiuso alla stampa. Al momento la Cina è impegnata nelle festività per il Capodanno Cinese, che normalmente paralizzano il paese per più di una settimana, ma è facile immaginare che le reazioni non si faranno attendere: l'incontro, peraltro, avviene in un periodo segnato da continue tensioni tra il Dragone e l'Aquila statunitense. Nelle scorse settimane, Cina e Stati Uniti si erano confrontati su diverse questioni, dall'apprezzamento dello yuan alle ritorsioni commerciali praticate sulle reciproche esportazioni, dal caso Google alla vendita di armi americane all'isola di Taiwan, che Pechino considera parte integrante del proprio territorio. Un confronto duro, che comunque ha lasciato intravedere qualche segno di schiarita, come l'apertura del porto di Hong Kong alla visita di alcune navi militari statunitensi, prevista da tempo. La risposta di Pechino all'incontro di oggi andrà al di là del solito forte biasimo, che sembra ormai quasi un gioco delle parti nelle relazioni internazionali cinesi?