Pechino, 11 nov. - Secondo l'Autorità Generale Egiziana per gli Investimenti (GAFI) circa 950 società cinesi si sono stabilite nelle 'Zone Libere' egiziane (create sulla falsariga delle Zone Economiche Speciali cinesi), attratte dal vincente e competitivo mix costituito da forza lavoro a basso costo, incentivi agli investimenti e libere esportazioni. Di queste società, 526 operano nel settore secondario, 306 nell'industria dei servizi, 31 nell'agricoltura e 8 nel ramo turistico, per un totale di investimenti pari a circa 300 milioni di dollari. Il Gruppo Tessile Nile, situato nella 'Zona Libera' di Port Said, all'entrata settentrionale del Canale di Suez, occupa 600 lavoratori (80% egiziani, 20% cinesi), esporta principalmente negli USA e rappresenta uno tra i tanti casi di successo. Il direttore amministrativo Mohamed Abdel Samie racconta compiaciuto che "le 'Zone Libere' egiziane permettono di esportare in tutto il mondo" e Mansur al-Said – manager della società – puntualizza che i salari egiziani oscillano tra i 130 e 150 dollari , e sono quindi capaci di competere con quelli dei lavoratori cinesi "garantendo agli investitori stranieri una localizzazione ideale per le loro industrie". La politica degli investimenti cinesi in Africa è stata costantemente promossa a partire dal 2000, anno in cui si svolse il primo Forum sulla Cooperazione tra la Cina e l'Africa (FOCAC). Da allora, il flusso di denaro cinese ha inondato come un fiume in piena le aride terre africane: se nel 2003 gli IDE cinesi in Africa erano pari a 491 milioni di dollari, nel 2008 raggiungevano i 7.8 miliardi. Parallelamente il volume degli scambi tra i due paesi aumentava di dieci volte e raggiungeva la quota record di 106,8 miliardi di dollari nel 2008. Il quarto forum FOCAC – apertosi a Sharm el-Sheikh la scorsa domenica alla presenza del Primo Ministro Wen Jiabao – non ha smentito le aspettative: Pechino ha promesso 10 miliardi di prestiti 'low-cost' all'Africa nei prossimi tre anni. Cina e Africa continuano il loro valzer.