E' record per le banche cinesi: gli istituti di credito di Pechino nel gennaio scorso hanno erogato prestiti per 1.62 trilioni di yuan (circa 184 miliardi di euro), più del doppio (il 104% in più) rispetto al gennaio del 2008. Sembra una Cina completamente diversa da quella di solo un anno fa, quando il governo imponeva forti restrizioni al credito per lottare contro l'inflazione: adesso l'imperativo è fronteggiare la crisi globale anche attraverso l'aumento della liquidità in circolazione; una misura fortemente sostenuta dalle alte sfere del Partito Comunista Cinese. I clienti che in questi giorni si recano nelle banche anche solo per un prelievo si vedono spesso consegnare biglietti letteralmente nuovi di zecca segno che, come molte delle più importanti economie del pianeta, anche la Cina sta stampando sempre più banconote. Ma mentre molte industrie affrontano la sovrapproduzione e il calo della domanda dall'estero (le esportazioni in gennaio sono scese del 17.5%), diversi osservatori mettono in guardia contro una smodata estensione del credito: gli analisti Morgan Stanley, ad esempio, ritengono che il trend non sia sostenibile lungo tutto l'arco del 2009. "Attribuiamo la maggior parte di questa espansione dei prestiti alla domanda di capitale circolante, che l'anno scorso veniva repressa dalle politiche restrittive del governo", si legge in un comunicato della banca d'affari. Qualcun altro si interroga sui reali criteri di valutazione che hanno acceso una simile espansione del credito: nell'erogare un prestito le banche cinesi sono ancora guidate dal profitto o rispondono solamente alle direttive politiche? Il vicepresidente di Bank of China Zhu Min ha assicurato che i non performing loans (i prestiti non performanti) non aumenteranno sensibilmente, ma non paiono in molti a sentirsi rassicurati dalle sue parole. "La priorità del momento è mettere in circolo quanto più denaro possibile –sembra il messaggio del Partito-, a tutto il resto penseremo dopo".