di Giancarlo Calza
La mostra Capolavori dalla Città Proibita. Qianlong e la sua corte è la prima a essere realizzata in Italia su questo straordinario spazio urbanistico che è anche il più grande museo della Cina con i suoi oltre 720mila metri quadrati e le circa 9mila tra stanze e sale. L'idea è quella di leggere la Città Proibita e i suoi tesori facendo riferimento a uno dei più grandi imperatori della storia cinese e senz'altro il più grande della ultima dinastia, di origine mancese, dei Qing (1644-1911): Qianlong (1711-1799) che vi regnò dal 1736 al 1795, la abitò e di cui costruì o ricostruì la maggior parte. La rassegna è esposta al Museo del Corso di Roma fino al 30 marzo 2008 e sarà accompagnata da un ciclo di eventi, conferenze, tavole rotonde, concerti, cinema e rappresentazioni per ricreare, ma in modo attuale e per il nostro pubblico, l'animazione e la ricchezza degli eventi che animavano costantemente la più grande reggia della storia. Centoventi le opere, per un totale di oltre trecento pezzi, in alcuni casi in mostra per la prima volta in assoluto e nella quasi totalità per la prima volta nell'Europa continentale.
Qianlong fu un grandissimo sovrano alle cui capacità militari e amministrative – la Cina raggiunse con lui un'estensione neppur oggi eguagliata – si fondevano una grande passione per le arti e la letteratura, non solo nel senso dell'apprezzamento e del collezionismo, ma anche della pratica diretta di diverse di esse. Attraverso la sua figura e opera la mostra rievoca lo stile monumentale della Città Proibita esaltandone l'opulenza e la ricchezza. Come il catalogo che l'accompagna, edito dal Museo, essa è stata divisa in tre parti, rappresentative di aspetti caratterizzanti il regno di questo imperatore che si poneva di fronte alla sua corte e al mondo intero come sovrano universale e assoluto garante della virtù che lo rendeva degno depositario del Mandato del Cielo.
La prima parte è dedicata alla «Rappresentazione del potere» e le opere sono ospitate in sale a dominante color giallo imperiale. Come nessun altro sovrano della Cina egli promosse la glorificazione della propria figura come strumento sia di rafforzamento della dinastia tra il popolo cinese e gli altri sottomessi sia come dimostrazione della propria conformità sostanziale coi dettami del Mandato del Cielo. Ma faceva in modo che tale conformità fosse di sostanza e non comunicazione di operazioni di facciata. Dominano in questa parte sia i simboli del potere, primi fra tutti il trono e suoi accessori e l'armatura da cerimonia, sia le raffigurazioni pittoriche dell'imperatore nell'esercizio della funzione sovrana cioè di amministratore supremo dell'impero e nel suo esercizio per mantenersi, anche fisicamente, all'altezza del ruolo, come i suoi ritratti, equestre e in trono, lo straordinario dipinto delle Otto Bandiere schierate a battaglia, le scene di caccia e in gran parte dovuti all'arte di Giuseppe Castiglione (1688-1766), il pittore e gesuita milanese che rinnovò la pittura cinese di corte.
La seconda parte della mostra è invece dedicata agli aspetti della «Vita da imperatore» piuttosto che al profilo della quotidianità e le opere sono collocate in sale contraddistinte dal colore rosso. Tuttavia anche per essa valgono i criteri delle altre due e cioè che ogni aspetto dell'esistenza è da Qianlong usato come affinamento delle proprie qualità, da un lato, e per la loro esaltazione attraverso l'arte, dall'altro. All'interno di questo spazio si trovano alcuni dipinti di figure femminili della sua famiglia – che comprese, oltre all'imperatrice, quaranta consorti con sette figli e dieci figlie – e dell'imperatore stesso in scene familiari. Come garante della tradizione egli praticava pittura, calligrafia e musica e in questa sezione due installazioni che ricreano il suo studiolo il «Padiglione delle Tre Rarità» entro la sua residenza personale, la «Sala per la Coltivazione della Mente» e il tavolo con gli arredi per la celebrazione del suo ottantesimo compleanno. In questo settore di particolare interesse è la sala con gli orologi occidentali che il sovrano collezionò a migliaia: una sorta di esotismo alla rovescia.
L'ultima parte, «Religione e politica internazionale», è dedicata a un aspetto importantissimo del regno di Qianlong e cioè quello della pratica e della protezione delle diverse forme di religione presenti nel suo impero e le opere sono raggruppate in un ambiente azzurro. In modo particolare il sovrano tutelò il buddhismo lamaista, praticato dai tibetani e da parte dei mongoli ed egli è anche ritratto in forma divinizzata su dipinti tibetani. Ma Qianlong si faceva raffigurare anche come monaco daoista, un'importante forma di religione filosoficamente antagonista di quella confuciana a cui egli stesso come imperatore presiedeva. Proteggeva inoltre i missionari cattolici di cui lo interessavano le ricerche scientifiche, soprattutto astronomiche e, ovviamente, il realismo pittorico. Praticava regolarmente i culti dello sciamanesimo mancese e tutelava anche l'islam, fede di una sua consorte. Religioni e internazionalismo si fondevano così in una politica unificata per la grandezza dell'impero.
Il suo ecumenismo, la sua apertura culturale portarono alla formazione di una pittura in cui elementi di quella occidentale, come la prospettiva e il chiaroscuro, si fusero all'iconografia cinese e mancese a creare un nuovo stile pittorico, ricco, coloristico e innovativo. Esso era imperniato sulla visione di Qianlong e sull'arte del suo amatissimo pittore preferito Lang Shining, nome cinese del Castiglione appunto. Un artista che aveva servito alla corte anche del nonno e del padre di Qianlong e alla cui morte questi volle scriverne l'epitaffio tombale di proprio pugno. Nella mostra sono esposte diverse importanti opere dell'interessante figura di artista a cavallo tra Oriente e Occidente da noi finora forse un po' troppo trascurata.
18/11/2007