Investire sui Brics limitando i rischi

Il manuale per il risparmiatore. Consigli pratici
di lettura


Quali sono vantaggi e rischi degli investimenti in Etf legati agli emergenti?

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Investire sui Paesi emergenti tramite Etf consente di differenziare con poco sforzo i propri investimenti su un gran numero di titoli, di comparti economici e di mercati geografici. Si evita così di dover effettuare un accurato stock picking delle singole azioni e obbligazioni, risparmiando anche sulle commissioni di gestione. Come tutti gli strumenti che replicano passivamente un indice, anche gli Etf sono caratterizzati da costi relativamente bassi rispetto ai tradizionali fondi comuni di investimento a gestione attiva. Rispetto a questi ultimi, però, gli Etf risentono della mancanza di una gestione professionale degli investimenti: stando alle ultime rilevazioni degli analisti, gli Etf hanno sovraperformato i benchmark per quattro anni sugli ultimi dieci, contro un rapporto di otto a dieci messo a segno dai fondi a gestione attiva. I risparmiatori, insomma, devono decidere autonomamente quando entrare e uscire dai mercati e su quali Etf puntare. Per questa ragione, gli Etf legati ai Paesi emergenti sono consigliabili a investitori ben informati, che sappiano accollarsi in pieno i rischi economici e geopolitici che caratterizzano i mercati in via di sviluppo.



Su quali asset posso investire tramite Etf?

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Ci sono numerosi Etf che fanno riferimento ad altrettante tipologie di indici sottostanti. Alcuni investono nei titoli azionari delle società a maggiore capitalizzazione in Brasile, Russia, India, Cina e negli altri emergenti. Altri replicano passivamente i singoli indici delle Borse estere oppure operano una selezione tra le aziende dei diversi settori, come le infrastrutture. Altri ancora sono legati all'andamento di titoli obbligazionari pubblici o corporate. Ci sono poi Etf legati ad aziende quotate nei Paesi occidentali, ma che operano o che realizzano gran parte del fatturato proprio sugli emergenti. Quando si seleziona un Etf è importante analizzare la composizione dell'indice sottostante per individuare i potenziali fattori di rischio. E in ogni caso è bene conoscere il mercato sul quale si vuole andare a investire. Alcuni tra i fondi più scambiati sono legati all'Msci Emerging Markets Index, un indice che sintetizza l'andamento dei mercati di ben 21 Paesi. In questo paniere, però, Cina e Brasile pesano complessivamente per il 17%: bisogna quindi valutare prevalentemente le dinamiche in atto in questi due Paesi per poter ottenere una stima attendibile dell'andamento degli Etf legati all'indice.



Gli investimenti sono soggetti a rischio valuta?

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Sì: anche se l'Etf è acquistato in euro, l'indice sottostante può essere espresso in valute diverse. Nel caso degli Etf legati ai mercati emergenti, un deprezzamento della valuta locale può determinare una perdita di valore dell'investimento. Il cambio tra l'euro e il dollaro di Hong Kong, per esempio, si è dimostrato spesso variabile, il che ha determinato una volatilità degli Etf ancorati a indici cinesi.



Quali sono i fattori da monitorare per investire nei Paesi emergenti?

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Investire una parte dei risparmi in titoli dei Paesi emergenti può aiutare a diversificare il profilo di rischio del portafoglio rispetto alle più tradizionali azioni e obbligazioni. Le prospettive di crescita di molte economie possono determinare, nel medio o lungo periodo, rendimenti consistenti degli investimenti. Non bisogna però dimenticare che a guadagni elevati corrispondono sempre rischi alti. Le tendenze da tenere d'occhio, in generale, includono il tasso d'inflazione, che è spesso molto elevato e può spingere le Banche centrali dei diversi Paesi ad adottare politiche monetarie restrittive, innescando un progressivo rallentamento della crescita economica. Stessa attenzione va riservata alle dinamiche delle materie prime: l'andamento inflattivo dei costi di petrolio e altre commodities può favorire gli esportatori e danneggiare i grandi Paesi importatori. I consumi interni rappresentano un driver fondamentale di crescita in un momento in cui gli Stati occidentali non riescono più ad assorbire interamente le esportazioni dagli emergenti: la presenza di un mercato interno sano o in forte sviluppo può essere un indice di buone performance future. Infine, non bisogna sottovalutare l'instabilità politica nei singoli Stati o nelle aree geografiche di riferimento, che può determinare un crollo dell'attrattività dei mercati.



Quali sono le possibili strategie d'investimento?

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Prima di tutto, bisogna ricordare che una corretta allocazione del portafoglio dipende dagli obiettivi del singolo risparmiatore e dal suo profilo di rischio. Solo chi ha un'ottima conoscenza dei Paesi e degli scenari economici locali e internazionali dovrebbe selezionare in prima persona titoli e strategie di investimento. Per tutti gli altri, può essere più saggio affidarsi a fondi di investimento guidati da gestori professionisti, che hanno il preciso obiettivo di ottenere rendimenti elevati nelle fasi di crescita delle economie locali, e di contenere le perdite nei momenti recessivi. In questo caso, però, bisogna essere pronti a sobbarcarsi commissioni elevate che possono erodere i margini di rendimento. Si può anche entrare sui mercati attraverso strategie alternative non troppo complesse: per esempio, distribuendo l'investimento nel tempo tramite piani di accumulo a rate, così da diversificare il timing d'ingresso ed evitare scelte azzardate dettate dall'emotività. Oppure puntando su fondi obbligazionari legati all'inflazione che, nei Paesi emergenti, si accompagna spesso alla crescita economica a tassi elevati.



Quanta parte del portafoglio conviene investire in titoli degli emergenti?

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Il peso degli emergenti in portafoglio non dovrebbe superare il 10% per profili di rischio medio o il 20% per investitori più aggressivi. Queste stesse quote, però, vanno suddivise tra più mercati, emittenti e asset class, in modo da ridurre il più possibile il rischio.

09/01/2012
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