Il viaggio nei dati dell’Annuario dello spettacolo 2017 della SIAE prosegue. Dopo cinema e il settore del ballo e dei concerti, ora è il turno di teatro e mostre. Nel 2017 gli italiani si sono dimostrati ancor più appassionati alle mostre, con aumenti consistenti sia per biglietti staccati, spesa al botteghino e numero di eventi proposti.
Meno bene il teatro, anche se non in crisi nera come abbiamo visto per il cinema. Anzi: lirica e balletto si dimostrano ancora settori vivaci dell’industria culturale italiana, mentre la prosa dimostra ancora di tenere. Insieme, mostre e attività teatrale hanno generato nell’anno passato un volume d’affari per oltre 1 milione di euro, simile a quello di “ballo e concertini”.
Il 2017 del teatro italiano
Il teatro di prosa rappresenta quasi la metà (49,37%) di tutte le 135 mila rappresentazioni andate in scena nei dodici mesi. È una delle grandi tradizioni del nostro paese, anche se a giudicare dagli spettacoli che si affacciano nella classifica dei dieci più visti a tenere banco sono i comici che provengono dalla televisione o dal cinema come Panariello, Pieraccioni, Salemme, Giacobazzi, Brignano e Pintus.
Accanto a questi, due musical che da tempo girano per la Penisola (Notre Dame De Paris e Grease) e lo spettacolo di Massimo Ranieri a metà tra recital musicale e teatro. Sono numeri che si sono raccolti in tournée, sommando quindi gli spettatori di tutte le date e non possono essere quindi confrontati con i singoli concerti della musica leggere che, in una location come lo Stadio Meazza, radunano in una sola serata oltre 59 mila spettatori.
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In generale, però il settore ha registrato un leggera flessione nel numero complessivo degli spettatori, -1,70%, arrivando a quota 22,5 milioni totali. A questo dato corrisponde anche un generale calo degli indicatori economici: -3,87% di spesa al botteghino e -6,75% nel volume d’affari. Ma non è così per tutte le tipologie di spettacolo. La lirica e il balletto hanno fatto registrare un sensibile incremento dei biglietti e degli abbonamenti staccati, la prosa è in sostanziale pareggio con il 2016, mentre sono precipitati rivista e commedia musicale e circo.
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Se l’andamento degli ingressi ha sostanzialmente seguito quello dell’offerta, non è stato necessariamente così per l’andamento dei principali indicatori economici. Accanto al crollo del teatro di rivista musicale e del circo, tipi di spettacolo che sono diventati meno frequenti, come i burattini e le marionette, hanno registrato un aumento della spesa al botteghino e del volume d’affari. Su questo indicatore, in particolare, va comunque ricordato che nell’indicatore “volume d’affari”, SIAE tiene in considerazione anche i contributi pubblici che vengono indirizzati verso alcune di queste attività.
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Il teatro d’opera, che ha dimostrato di essere uno dei settori in maggiore salute, vede i propri maggiori successi in termini di pubblico legati alle rappresentazioni in teatri all’aperto di grande dimensione, come l’Arena di Verona e le Terme di Caracalla a Roma. Anche in questo caso, il numero di ingressi tiene conto delle repliche. A riuscire a competere con questi grandi eventi all’aperto sono solo due allestimenti di due dei principali teatri lirici italiani: La Fenice di Venezia con La Traviata e La Scala di Milano con La Bohème.
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Non c’è forse da stupirsi che tra gli autori più rappresentati ci sia Giuseppe Verdi, uno degli autori più amati, che in questa top 10 è il compositore di quattro opere su sette: Nabucco, Traviata, Aida e Rigoletto. Una sola è di un autore francese, l’amatissima Carmen di Georges Bizet. Due le opere di Giacomo Puccini nella classifica (Madama Butterfly e Tosca), ma i dati del 2018, 150° anniversario dalla nascita, potrebbe dare forma a una classifica completamente diversa.
Mostre e fiere
Il settore. che nel gergo del rapporto mette insieme le vere e proprie con le fiere, è uno di quelli con i numeri più impressionanti di tutta la rilevazione. Sono aumentati sia il numero di eventi proposti rispetto al 2016 (+8,18%), sia il numero di biglietti venduti (+6,59%). Numeri che si confermano anche sul fronte economico, con un aumento del 13,40% sulla spesa per i biglietti e del 4,73% per il volume d’affari.
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Mettere insieme due tipologie di eventi così diverse, significa mescolare eventi che hanno due intenti completamenti diversi: la cultura, in tutte le sue sfaccettature, con il business delle esposizioni fieristiche. Il che significa che a fronte di 4 mila 410 eventi fieristici, il volume d’affari generato è di 432 milioni: quasi tre volte tanto rispetto alle mostre.
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Ma sono proprio le mostre a mostrare gli incrementi maggiori e a guidare verso l’alto le variazioni aggregate. Le fiere sono rimaste in numero sostanzialmente identico (-0,02%), mentre le mostre sono aumentate dell’8,18%, con una crescita del 19,5% in termini di ingressi, a fronte di un calo del -6,81% delle fiere. Numeri che si riflettono anche sulla spesa al botteghino (+25,52% per le mostre, -4,52% per le fiere) e sul volume d’affari (+20,09% per le mostre, +0,4% per le fiere).
La geografia delle fiere
A trascinare il settore dal punto di vista economico, come scritto, sono soprattutto le fiere, che hanno però bisogno di strutture fisse di grandi dimensioni per poter essere allestite. Questo elemento è determinante nella distribuzione geografica del volume d’affari tra le diverse aree dell’Italia. Il Nord-ovest, che comprende la Lombardia e - soprattutto - Milano, vale il 45% degli affari nazionali. In generale, il Nord (Nord-ovest e Nord-est) contano per l’83%, lasciando un misero 17% da suddividersi per Centro, Sud e Isole.
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Non solo. Se guardiamo alle tre regioni che generano più affari, la Lombardia genera il 41% del volume d’affari nazionale. Seguono il Veneto (19%), dove ricordiamo il grande salone di Vinitaly a Verona, e l’Emilia-Romagna, con le grandi fiere che si svolgono a Bologna (come il SAIE e il CERSAIE). Ancora una volta, un segnale della differenza tra il Nord del paese più industrializzato e un sud che pecca di infrastrutture.
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