(AGI) - Roma, 3 apr. - Sette intensi anni, la stagione piu'faticosa ed esaltante di una carriera politica iniziataimmediatamente dopo la Guerra e segnata da una serie di svoltespesso inaspettate. Giorgio Napolitano chiude a partire dal 18aprile un mandato presidenziale che lo ha visto primo exesponente del Pci salire al Colle. La sua e' un'elezione chenon ha luogo, al contrario di quanto avvenuto per il suopredecessore Carlo Azeglio Ciampi, a larghissima maggioranza edal primo scrutinio.
Napolitano invece viene scelto amaggioranza semplice, con una parte politica come ilcentrodestra che non e' d'accordo. Alla fine i voti per luisono 543. Commenta Berlusconi, con parole dal suono moltomoderno: "Ora registriamo solo questo, questa finta maggioranzacon 24 mila voti in piu' ha occupato in un mese il governo, laCamera, il Senato e la presidenza della Repubblica".
Lacircostanza sembra imporre al nuovo inquilino del Quirinale unagrande delicatezza nel volersi mostrare come non di parte inogni momento del suo mandato. Del resto, la prima parte del suo settennato coincide conl'effimero successo del centrosinistra alle elezioni del 2006.Napolitano, che nel passato e' stato presidente della Camera,Ministro degli interni e parlamentare europeo, cerca findall'inizio di garantire solidita' al quadro politico eistituzionale. Uno dei suoi mantra e' la stabilita',soprattutto nei riguardi degli impegni nazionali versol'Europa.
Un'Europa che chiede, impone, un rigore assoluto dibilancio. Quando Romano Prodi lascia Palazzo Chigi - e' il 2008 - aNapolitano sfugge una frase, prontamente ripresa dal Corrieredella Sera: "E' una crisi di sistema". In pochi ne capisconoappieno il significato: e' come se il Presidente certifichi cheil modello politico su cui si e' basata la Seconda Repubblicasia alla fase terminale. Quasi contemporaneamente l'Europa chevuole dall'Italia il rigore dei bilanci viene investita dallacrisi.
In Italia vince Silvio Berlusconi, con il quale ilrapporto e' spesso dialettico, ai limiti dello scontro. E' unlungo periodo in cui Napolitano non compare direttamente nellagestione del la politica, anche se segue con preoccupazione laserie di rivelazioni sulla vita privata del premier. Contemporaneamente si fa esecutore - come da Costituzione -della politica estera italiana con decine di viaggi all'estero,ed intanto prepara il terreno in Italia a quello che forse e'il momento clou della sua presidenza: le celebrazioni per i 150anni dell'Unita' d'Italia.
L'anniversario cade nel 2011, di marzo. Napolitano segue lapreparazione dell'evento passo passo, agendo di conserva conGiuliano Amato, che del comitato promotore dei festeggiamentie' presidente. Le celebrazioni durano un anno, e sono unsuccesso. Quando Napolitano segue il Festival di Sanremo e vedeRoberto Benigni entusiasmare 25 milioni di persone spiegando ilsignificato dell'Inno di Mameli, chiede e ottiene che quellavera e propria lezione di senso civico venga riprodotta inmigliaia di dvd da consegnare alle scuole. E' il momentodell'apoteosi, per Napolitano. Gli indici di gradimento gliattribuiscono percentuali da capogiro, e lui viene percepitocome il vero punto di riferimento della vita nazionale.
Delresto si va appannando, contemporaneamente, la stella diBerlusconi: troppi eccessi nella vita privata, un crescenteisolamento in Europa, una serie di manovre economiche peruscire dalla crisi che non riescono a sortire i risultatisperati. Il centrodestra, poi, entra in una profonda crisipolitica: Gianfranco Fini, il presidente della Camera, esce (oviene fatto uscire) dalla coalizione di cui e' stato tra ifondatori. Berlusconi, che nel frattempo ha perso anche l'Udcdi Pier Ferdinando Casini, appare quasi isolato.
Nel novembre del 2010 l'esecutivo e' a un passo dallacaduta, ma un voto di sfiducia rimandato di un mese permetteal premier di superare l'ostacolo e restare a Palazzo Chigi. Inmolti da sinistra criticano il Colle, dal quale era statochiesto di occuparsi prima della legge di bilancio - volta arassicurare l'Europa - che non della fiducia al governo. Un anno dopo, comunque, e' sempre Napolitano che riceve ledimissioni del leader del Pdl.
Nel novembre del 2011 sichiedono a gran voce le elezioni anticipate, soprattutto daparte della sinistra. Napolitano affida invece a Mario Montil'incarico di formare un governo tecnico. Una formula, quelladel "governo del presidente" non certo nuova alla politicaitaliana. Pero' mai come negli ultimi un presidente si fagarante dei singoli provvedimenti dell'esecutivo. Se il governoMonti e' retto da una strana maggioranza di separati in casache va dal Pdl a Pd, e' Napolitano in persona che sprona,esorta e pungola le forze politiche non sempre entusiaste divotare riforme, come quella Fornero, imposte a colpi difiducia.
Quando finalmente si va alle urne, Napolitano vive ladelusione di un Monti che, contrariamente alle promesse,partecipa alla competizione con una sua lista personale. AMonti, alla fine, va male, ma soprattutto il Parlamento emergedalla consultazione spezzato in tre tronconi. Pd e Pdl, con ilterzo pilastro della politica che non e' il movimentocentrista: a Roma sbarcano gli uomini di Beppe Grillo.