O ltre 400 chilometri, quattro regioni, ponti e città da attraversare, gole, dighe, confluenze, archeologia, natura e tanta storia. Ecco le premesse di un viaggio fatto in bici nel 2019 e ripetuto nel 2022, da cui scaturiscono i due volumi del libro 'Radici d'acqua' di Aurelio Sabatino (AE edizioni).
Il risultato non è una guida turistica, ma un racconto che assume tanti stili e soprattutto è liquido come il protagonista principale: il Tevere. Così nella corrente il fiume trascina e trasporta ricordi, miti e storie di popolazioni antiche e moderne.
Il rapporto tra uomo e fiume
Radice di un territorio vasto nel tempo i nomi sono mutati come la gente che ha nutrito. La tecnologia ha trasformato il rapporto tra il fiume e gli umani che hanno cercato di dominarne l'impeto e catturarne l'energia. Gli esiti, non sempre felici, di questo rapporto hanno prodotto inquinamento, sfruttamento e soprattutto dimenticanza. Abbandonato ai margini, oggi il fiume reclama il suo posto, il trono che gli spetta.
Il libro si divide in due volumi. La prima parte racconta il viaggio tra la sorgente e le porte di Roma; il secondo volume l'attraversamento della città eterna da Settebagni ad Ostia, la foce. L'opera non è una guida in senso stretto: è letteratura di viaggio con inserti saggistici di carattere storico, mitologico, scientifico, antropologico, filosofico e spirituale.
L'ultimo tratto verso il mare
Sull'ultimo tratto del Tevere Sabatino scrive: "Il ponte della Scafa, che collega Isola Sacra a Ostia, è l'ultimo ponte di Roma. Fu realizzato nel 1950. Un tempo, su questo tratto del fiume un'imbarcazione bassa detta 'scafa' traghettava le persone da una riva all'altra, agganciata a un cavo teso tra le due sponde. Il termine 'scafato', che in romanesco indica uno furbo, 'navigato', viene proprio dal latino 'scapha', la piccola barca che per metafora si riferiva a un baccello".
Sempre meno scafati nella società odierna, e sempre più vigliacchi, come Pasolini aveva previsto. "Se 'foce' deriva da 'fauci' - prosegue Sabatino - ovvero la cavità orale e quindi 'apertura', la terra apre la bocca ad inghiottire l'acqua. Ostia, la ninfa, la bocca, la foce, la porta, risale ad Anco Marzio. Dalle sue saline, attraverso la via Ostiense, il sale giungeva a Roma".
Storia e trasformazione di Ostia
Il tessuto urbano della città antica è visibile nell'area archeologica. Sulla città pontificava Vulcano, ancor prima della presa romana del litorale. È tra l'Urbe, la foce e la spiaggia che la nuova città è stata programmata ad inizio Novecento col nome di Ostia Nuova, ed edificata durante il ventennio fascista col nome di Ostia a Mare, infine Lido di Roma. Oggi è semplicemente Ostia Lido.
La bonifica, guidata sul finire dell'Ottocento dall'ingegnere livornese Paolo Orlando, e realizzata da braccianti ravennati, ha lasciato il posto alla frenesia edilizia progettata da architetti che qui si sono sbizzarriti in stili diversi: dal classico al barocchetto, fino al neomedievale e al razionalismo. Il lungomare oggi mostra la ferrovia, l'idroscalo dove fu ucciso Pasolini e un reticolo di affari miseri.
La foce e il Purgatorio dantesco
L'ultimo tratto del fiume, fra monnezza e chi ci pesca, pare condanna senza possibilità di redenzione. Il disfacimento porta via gli ultimi relitti, ogni scarto, sfalda le parole. Qui, 'dove l'acqua di Tevero s'insala', Dante poneva la spiaggia su cui l'angelo nocchiero adunava tutte le anime destinate non alla dannazione dell'Inferno, ma alla rigenerazione del Purgatorio. La grande acqua accoglie la piccola, abbraccia quel fiume che ha attraversato tanta vita.