AGI - La sostanza trovata all'interno di una giara di rame, risalente a un santuario greco di 2.500 anni fa, è in realtà miele antico. A questa conclusione giunge uno studio, pubblicato sul Journal of the American Chemical Society, condotto dagli scienziati dell'Università di Oxford. Il team, guidato da Luciana da Costa Carvalho e James McCullagh, ha analizzato i campioni del residuo attraverso moderne tecniche analitiche.
La riscoperta a Paestum
Nel 1954, un gruppo di archeologi scoprì una sostanza appiccicosa in una giara di rame in un antico santuario greco, risalente al 520 a.C., a Paestum, a pochi chilometri da Pompei. Inizialmente, gli scienziati pensarono si trattasse di miele, originariamente offerto sotto forma di favi, ma le analisi non rintracciarono composti riconducibili al dolcificante. Per questo motivo, le ipotesi più accreditate associarono la sostanza a un grasso animale o vegetale contaminato da polline e parti di insetti.
Il ruolo del miele nel mondo antico
Il miele, spiegano gli esperti, era una sostanza importante nel mondo antico, a volte lasciato nei santuari come offerta agli dei o sepolto insieme ai defunti. Nell'ambito dell'indagine, i ricercatori hanno utilizzato tecniche scientifiche innovative per esaminare nuovamente il composto e determinarne la composizione molecolare.
Analisi e risultati
I risultati hanno rilevato un'impronta chimica quasi identica a quella della cera d'api e del miele moderni, con un livello di acidità più elevato, coerente con i cambiamenti avvenuti dopo una conservazione a lungo termine. In particolare, la composizione chimica del residuo era più complessa rispetto alla degradazione da calore, il che suggerisce la presenza di miele o altre sostanze. Nel punto a contatto con il rame della giara, sono stati rilevati zuccheri. Allo stesso tempo, gli scienziati hanno riconosciuto le proteine della pappa reale.
Conclusioni dello studio
Nel complesso, i risultati suggeriscono che la misteriosa sostanza rappresenti del miele antico. "I residui di sostanze passate - conclude Costa Carvalho - non sono solo tracce di ciò che le persone mangiavano o offrivano agli dei: possono essere complessi ecosistemi chimici. Studiandoli, è possibile scoprire quali e come le sostanze siano cambiate nel tempo, il che potrebbe aprire la strada a futuri studi sull'attività microbica antica e le sue possibili applicazioni".