AGI - La Procura della Repubblica di Milano ha chiesto l'amministrazione giudiziaria per la casa di alta moda Loro Piana, attualmente presieduta dal figlio del magnate francese Bernard Arnault, Antoine. Il brand di lusso sarebbe stato "incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito del ciclo produttivo" della merce destinata al mercato, "non avendo verificato le condizioni di lavoro delle persone impiegate ne' le effettive capacità tecniche delle aziende appaltatrici" "tanto da agevolare colposamente" condotte ascrivibili al reato di caporalato.
In partioclare, sono stati arrestati 2 cittadini cinesi titolari di aziende inserite nella catena di sfruttamento, 7 lavoratori non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio italiano, 2 titolari di un'azienda sub-affidataria, composta da cittadini italiani, per gravi violazioni della normativa in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro nero. Loro Piana avrebbe affidato loro la realizzazione di capi molto costosi, tra cui giacche in cashmere.
Le indagini sono scaturite da una denuncia per lesioni e sfruttamento da parte di un cittadino cinese che, nel maggio scorso, ha riferito, tra l'altro, di vivere, dal 2015, in un dormitorio vicino alla fabbrica - una condizione che riguarda anche altri lavoratori e di non ricevere lo stipendio dal 2024. Sono state comminate anche sanzioni per oltre 181mila euro e sanzioni amministrative pari a oltre 59mila euro.
Non sfruttamento diretto ma un meccanismo di sfruttamento "colposamente alimentato" da Loro Piana. E' quanto viene imputato dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano nell'indagine che riguarda il brand vercellese del lusso. Una condotta "agevolatoria", che appare "connessa in modo strutturale ed endemico all'organizzazione della produzione da parte della società Loro Piana", nonche' "funzionale a realizzare una massimizzazione dei profitti", e che "si presenta come stabile e perdurante nel tempo". Secondo i giudici, Loro Piana non ha controllato la catena produttiva ma ciò non significa che "abbia la piena consapevolezza delle condizioni in cui versavano i lavoratori presso gli opifici cinesi"; ciononostante "la società per colpa non ha messo a punto una struttura organizzativa adeguata".
I dem: "Presenteremo interrrogazione"
"Quanto emerge dall'indagine del Tribunale di Milano desta inquietudine", ha commentato la deputata dem e responsabile Lavoro del Pd, Maria Cecilia Guerra, e il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto. "L'azienda Loro Piana era capofila di una catena di appalti ed esternalizzazioni, in cui comparivano imprese che non producono ma distribuiscono le commesse ad altri, con il risultato finale di comprimere i diritti dei lavoratori, pagarli quattro soldi, aggirare regole di sicurezza. L'enormità dello sfruttamento appare dal dato di prezzo: una giacca di lusso pagata 86 euro a chi la produceva davvero e commercializzata al consumatore finale a un prezzo compreso fra i 1000 e i 3000 euro. Presenteremo una interrogazione: occorre interrompere la spirale della precarietà, del sottosalario e dei subappalti che stanno impoverendo il lavoro portandolo a livelli di sfruttamento senza precedenti".
"Quando si parla di sfruttamento del lavoro, non si può più pensare solo ai campi o ai cantieri. L'inchiesta della Procura di Milano rompe un tabù e accende i riflettori su un settore insospettabile: l'Alta moda, il celebrato Made in Italy", scrive su Facebook Sandro Ruotolo, della segreteria del Partito Democratico. "Dietro le giacche firmate Loro Piana, vendute negli store tra i 1.000 e i 3.000 euro, si nasconde una catena produttiva opaca, dove il lavoro vale appena cento euro a capo e viene svolto in condizioni che il Tribunale definisce degradanti e pericolose. L'azienda, controllata dal colosso francese Lvmh della famiglia Arnault, affida parte della produzione a ditte italiane che, a loro volta, subappaltano a laboratori con manodopera cinese, attivi sette giorni su sette, anche nei festivi, senza dispositivi di sicurezza, senza contratti regolari, spesso con società 'di fatto inesistenti'. E' dunque una questione etica, sociale, politica. Serve un impegno concreto nella lotta all'evasione fiscale, controlli più rigorosi e tempestivi sui luoghi di lavoro, una filiera trasparente che non si regga sullo sfruttamento. Perche' anche l'eccellenza ha il suo lato oscuro. E non possiamo più ignorarlo".