(AGI) - Palermo, 23 giu. - Cosa nostra si era riorganizzata aPalermo con la nascita di una nuova famiglia mafiosa, quella diPallavicino-Zen, nel quadro di un generale riassetto di verticedei mandamenti di San Lorenzo-Tommaso Natale e di Resuttana, lestoriche centrali del potere dei boss. E' lo scenario cheemerge dall'indagine culminata con 95 arresti nell'operazionechiamata "Apocalisse" da carabinieri, polizia di Stato eGuardia di finanza che hanno eseguito i provvedimentirestrittivi emessi dalla Dda, assieme al sequestro di seisocieta' e due ditte individuali del valore di diversi milionidi euro. Figura chiave, quella di Girolamo Biondino, fratellodell'autista di Toto' Riina, Salvatore. Scarcerato nello scorsoaprile dopo aver scontato due anni, Girolamo Biondino avevaassunto il compito di riorganizzare il mandamento di SanLorenzo-Tommaso Natale alla cui guida si era insediato dopol'arresto del boss Giulio Caporrimo.
Molto cauto, il nuovocapomafia evitava l'uso del telefono cellulare e limitava almassimo quello della sua abitazione per i contatti con gliaffiliati. Per partecipare agli incontri aveva adottato unsistema particolare: senza alcun apparente preavviso, venivaprelevato, mai nello stesso luogo ed in genere mentre camminavaa piedi per le vie del suo quartiere, da soggetti diversi. Nella sua opera di riorganizzazione, sostengono gliinquirenti, Biondino aveva dato impulso alla formazione dellanuova famiglia di Pallavicino-Zen, guidata dal boss SandroDiele, e aveva nominato non solo i reggenti delle altrefamiglie che fanno parte del mandamento ma anche i responsabilidi alcuni quartieri che per la loro dimensione sono statidotati di una specifica autonomia gestionale. Girolamo Biondino temeva di essere arrestato dopo ilpentimento di sua nuora, Giovanna Micol Richichi, moglie di suofiglio Giuseppe, detenuto al 41 bis. Per questo aveva adottatouna serie di misure, e tra queste aveva predisposto anche lasua successione.
Vi aveva designato suo cugino, FrancescoD'Alessandro, che era reggente della famiglia di San Lorenzo,ma che ne era stato allontanato proprio per il suo ruolo di"principe ereditario" destinato a prendere in mano le sorti delmandamento nel caso Girolamo Biondino finisse in carcere. L'indagine non si e' avvalsa di collaboratori di giustizia,ma e' stata condotta soprattutto con intercettazioni. Da questee' emerso che l'omicidio di Joe Petrosino, tenente dellapolizia di New York ucciso dalla mafia a Palermo il 12 marzodel 1909, oltre un secolo dopo resta un vanto per il pronipotedel killer. L'uomo, Domenico Palazzotto, 29 anni, tra gliarrestati, conferma che a sparare fu il suo prozio, PaoloPalazzotto, all'epoca arrestato e processato, ma assolto perinsufficienza di prove. Il suo discendente asserisce che fu luia sparare contro l'investigatore italoamericano in piazzaMarina a Palermo e specifica che l'ordine venne dall'alloracapo di Cosa nostra, Vito Cascio Ferro. Secondo gli inquirenti,Domenico Palazzotto aveva da poco assunto il ruolo di reggentedella cosca dell'Arenella, predendo il posto del cuginoGregorio Palazzotto, arrestato il 21 giugno del 2009 dopo ladenuncia del titolare di un cantiere nautico al quale era statochiesto il 'pizzo'. Nel suo profilo Facebook, GregorioPalazzotto aveva scritto una frase contro i pentiti: "Non fannopaura le manette, ma chi per aprirle si mette a cantare". (AGI)