Roma - Il Palazzo o i 'palazzi'? Spiazzati dall'onda populista, indifesi di fronte a un nuovo assolutismo, chiunque tenga al rispetto delle regole, e anche del rito delle consultazioni, ha trovato nei giorni scorsi nel Quirinale un edificio sobrio, rassicurante, solido. Quasi un baluardo, incarnato nello sguardo e nell'andamento lento ma deciso di chi lo abita, Sergio Mattarella. Anche i piu' 'populisti' tra i suoi inquilini, come Sandro Pertini e Francesco Cossiga, pur non vivendo in quelle stanze ne difendevano lo status di santuario della politica.
La crisi di governo italiana, in fin dei conti, ci ha restituito il "Palazzo". "Solo ciò che avviene 'dentro il Palazzo' - scriveva Pier Paolo Pasolini nel 1975 - pare degno di attenzione e di interesse: tutto il resto è minutaglia, brulichio, informità, seconda qualità". Lo scrittore 'corsaro' aveva ben presente la differenza tra "dentro" e "fuori" dal Palazzo e la prospettiva che altri 'palazzi' possano sorgere quando il "Palazzo" si chiude a riccio: palazzi, oppure case private, regge, ville, hotel superlussuosi a cinque stelle.
Come la Trump Tower, che fa da contraltare al Quirinale, in cui Mattarella vive in un appartamento di circa 100 metri quadrati, arredato con mobili del Settecento. Il resto della giornata il presidente italiano lo trascorre in quello che lui stesso ha definito "un Palazzo vivo e vitale per la nostra democrazia".
Prima della Trump Tower, dove Donald Trump mette a punto la macchina di governo americana per i prossimi quattro anni, c'era la villa di Arcore, in cui Silvio Berlusconi, che lì andò a vivere a metà degli anni Settanta, ha comandato in Italia per circa un ventennio. E prima, molto, prima, qualche secolo prima, c'era stata la residenza di Versailles, a rappresentare da un lato il potere allergico alle regole, al palazzi istituzionali, interprete di se stesso e del mondo a misura di se stesso; dall'altro, quel "bosco sacro" di Arida (Ariccia, nella zona dei Castelli Romani), in cui l'antropologo scozzese James Frazer, aprendo la raccolta i miti e leggende "Il Ramo d'oro", colloca una "truce figura" che "spada sguainata nella mano destra, si guardava intorno sospettosa, come temendo che un nemico l'aggredisse da un momento all'altro". "Quella figura - prosegue Frazer - era un sacerdote, e un omicida; destinato a cadere, prima o poi, sotto i colpi del nemico da cui si guardava e che gli sarebbe succeduto nell'autorità sacerdotale". Versailles, appunto, è forse, la prima versione reale del 'bosco sacro' che uomini come Luigi XIV, Donald Trump, Silvio Berlusconi, l'ayatollah Khomeini e l'ex presidente dell'Uruguay Pepe Mujica (sulla sponda sinistra del rifiuto della globalizzazione), hanno scelto o si sono fatti costruire per diffondere idee, consolidare il clan, propugnare un'immagine di se stessi nel mondo esterno, che in alcun modo potrebbe essere imprigionata in quella del "Palazzo" pasoliniano. Dunque, addio ai passi felpati nei lunghi corridoi istituzionali e via libera al potere che gioca e flirta con l'antipolitica, pronta a ucciderlo e a sostituirlo con altri sacerdoti: nel 'bosco sacro' vagano la canottiera (di Umberto Bossi) e la bandana (del Cavaliere), l'intesa tra il pollice alzato di Trump e il sorriso sguaiato di Nigel Farage in un ascensore dorato, lo sguardo severo di Khomeini, e la cagnetta di Mujica.
Il Prototipo: Versailles, la fedeltà dovuta al re
Per costruire l'assolutismo Luigi XIV aveva necessità di spezzare il legame tra popolo e i nobili, che nelle loro terre si comportavano da sovrani: la fedeltà era dovuta al re, e solo al re. "Luigi XIV - spiega Luca Sandoni, storico alla Normale di Pisa, su Oilproject.org - amplificò enormemente il potere attrattivo della corte. Essa doveva diventare il simbolo dello splendore e della potenza della monarchia: la soluzione migliore, dunque, era identificarla con un luogo fisico in grado di darle visibilità e ulteriore prestigio. Per allontanarla dalle insidie di Parigi, Luigi XIV decise di costruire una reggia enorme e sontuosissima in un terreno paludoso ad alcune decine di chilometri dalla capitale, dove il padre aveva fatto costruire un casino di caccia: Versailles. Dal 1664 iniziò una colossale impresa di costruzione che avrebbe prodotto la reggia più sfarzosa d'Europa. Imprigionata nella "gabbia dorata" di Versailles, l'aristocrazia fu così costretta a risiedere lontano dalle proprie terre, allentando i rapporti con le popolazioni locali e lasciando campo libero all'azione degli intendenti, mentre le spese sempre più elevate che essa doveva sostenere per tenersi al passo con la moda cortigiana - carrozze, abiti, cavalli, giochi d'azzardo - finirono per fiaccarne la ricchezza e il potere e la spinsero spesso a indebitarsi con lo stesso sovrano".
Il sovrano di Arcore
"Il popolo italiano può già ammirarlo come sovrano assoluto, re d' Italia, monarca onnipotente, benevolo e spesso informale, circondato dalla sua famiglia, su sfondi lacustri o marittimi, in cui campeggiano ville regali, sentieri romantici, piante, arbusti e cactus così selezionati da fare invidia all' ecologismo nobiliare del principe Carlo"; così Edmondo Berselli descriveva nel 2008 in un articolo su 'Repubblica' Silvio Berlusconi e un assolutismo al quale, però, mancava "il diritto alla fronda". La villa di Arcore è erede di Versailles, ma nella versione del Cavaliere l'assolutismo deve manifestarsi ovunque: "...Il re è ubiquo, può apparire a sorpresa in ogni luogo, ma la famiglia si sposta come nelle transumanze delle corti, fra guardie del corpo e piloti", spiegava in modo folgorante l'intellettuale modenese scomparso nel 2010. Arcore, Villa Certosa, Palazzo Grazioli: quest'ultima fu la residenza romana, un affitto mensile di circa 40.000 euro, giocata tra l'anarchia e la mondanità (il cane Dudu', le Olgettine, l'amico Vladimir Putin e il 'lettone'), scenario del piano dei tentativi di conquista, riconquista e gestione del potere. Berselli chiosava: "Un prodigio si è compiuto: onorate sua altezza reale la sua famiglia, i suoi eredi. Una pagina dopo l' altra, onorate, o italiani, il nuovissimo potere sovrano".
La Trump Tower: Arcore del nuovo millennio
Donald Trump ha spesso affermato di voler trascorrere molto tempo del suo mandato nel grattacielo di vetro e acciaio al 721 della Fifth Avenue a Manhattan, angolo con la 56ma Street, 202 metri e 58 piani fatti costruire tra il 1979 e il 1983, gioiello del suo impero immobiliare e simbolo di un nuovo assolutismo fatto di lusso, vip, e ascensori che viaggiano fino all'attico tutto oro e marmi dove il sovrano riceve, con la moglie Melania, concede udienze, boccia, promuove e "licenzia", come in "The apprentice", il talent show di cui Trump è produttore e interprete. "You are fired!", sentenzia il magnate negli episodi, e tutto lascia pensare che l'andamento del suo mandato avrà questa impronta, tra un andirivieni di un ascensore della corte e i tentativi di blitz di chi indica la sua vittoria come una truffa e manifesta sotto la reggia (come accadde ad Arcore nel 2011 un attimo prima della caduta di Berlusconi.
La Trump Tower, viaggio nello specchio del reame di Donald
L'assolutismo di Khomeini: Qom invece che Teheran
Il re Sole esprimeva un potere terreno, solo un riflesso dell'onnipotenza divina. In Oriente, la spinta populista traccia il solco per l'assolutismo religioso, che ha i suoi 'palazzi'. E' l'Iran degli ayatollah, che spazzarono via anche chi, come il partito comunista, aveva contribuito alla Rivoluzione. Sconfitta e buttata giù la monarchia degli Scià di Persia, rappresentata da Mohammad Reza Pahlavi, nel 1979 la Guida Suprema, Ruhollah Khomeini, sceglie di abitare a Qom, città santa, 150 km da Teheran, e da lì dirigere la Rivoluzione islamica. "Nella stanzaccia, assiso con le gambe incrociate sul tappetino bianco e blu, immobile come una statua e coperto da una tunica di lana marrone, stava il padrone dell'Iran, il gran condottiero dell'Islam: Sua Eccellenza Santissima e Reverendissima Ruhollah Khomeini", scrive Oriana Fallaci, che dopo averlo intervistato racconta l'incontro io 26 settembre di quell'anno sul Corriere della Sera. E' lì, a Qom, che alla giornalista Khomeini mostra il futuro della Persia: "...l'Islam significa tutto, anche ciò che nel suo mondo viene chiamato libertà e democrazia. Sì, l'Islam contiene tutto, l'Islam ingloba tutto, l'Islam è tutto". E ancora: "Se vogliamo l'Islam, che bisogno c'è di aggiungere che vogliamo la democrazia? Sarebbe come dire che vogliamo l'Islam e che bisogna credere in Dio. Poi questa democrazia a lei tanto cara e secondo lei tanto preziosa non ha un significato preciso. La democrazia di Aristotele è una cosa, quella dei sovietici è un'altra, quella dei capitalisti un'altra ancora". A Qom (dove sorge il santuario di Fatime, sorella dell'Emam Reza, ottavo imam sciita duodecimano), però, prendeva forma anche la più seria opposizione al regime. Nella città santa sarebbe andato a vivere fino alla propria morte, avvenuta nel 2009, anche Hossein Ali Montazeri, maestro di Khomeini ma poi suo avversario, l'unico in grado di delegittimarlo agli occhi del popolo: "Un sistema politico -scriveva l'ayatollah Montazeri - fondato sulla forza, l'oppressione, le uccisioni, gli arresti e la tortura medievale e stalinista, la censura dei giornali e le detenzioni finalizzate a ottenere confessioni non è legittimo e va condannato".
"El Pepe", e la casa anti-palazzo
"Vivo come vive la maggioranza dei miei concittadini, e non come la minoranza. Questa non è una monarchia, ma una democrazia", affermava Pepe Mujica, presidente dell'Uruguay, fino alla fine del mandato, scaduto nel marzo del 2015. "El Pepe" ha sempre vissuto, anche da capo dello Stato, in periferia, ai margini di Montevideo, e nel corso della presidenza la sua casa è diventata la più famosa del paese latinoamericano e simbolo, suo malgrado, della medesima spinta populista che ha spinto Trump verso la Casa Bianca. Sorvegliata da due agenti, nel cortile dell'abitazione modestissima dell'ex militante dei Tupamaros tre trattori, due vecchie Volkswagen, e la cagnetta Manuela animano il paesaggio. Oggi "El Pepe", 81 anni, gira il mondo con la stessa semplicità e lo stesso messaggio 'francescano', sinceramente pauperista, del quale pero' si è impadronito proprio chi, invece, vuole che i poveri restino poveri: il sovrano, il Re Sole.
Per approfondire
www.edmondoberselli.net: La Repubblica - La famiglia reale del sovrano di Arcore
Il Corriere della Sera: L'urlo di Khomeini, "l'Islam è tutto, la democrazia no"
Oilproject - Luigi XiV e l'assolutismo francese
@fabiogreco